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Artefici – L’Ipocrisia Del Babbano

Sul finire del 2009 la nascita ufficiale del progetto, poi la pubblicazione dell'ottimo Ep d'esordio autoprodotto intitolato Periferico, quindi lo stop forzato di un anno tra il 2012 e il 2013 seguito da una ripartenza importante, contraddistinta da una lunga fase di scrittura culminata con l'ingresso in studio per l'i

Sul finire del 2009 la nascita ufficiale del progetto, poi la pubblicazione dell’ottimo Ep d’esordio autoprodotto intitolato Periferico, quindi lo stop forzato di un anno tra il 2012 e il 2013 seguito da una ripartenza importante, contraddistinta da una lunga fase di scrittura culminata con l’ingresso in studio per l’incisione del primo album d’inediti: i primi sei anni di vita dei romani Artefici sono stati senza ombra di dubbio intensi, se vogliamo difficili, ma grazie ad un grande affiatamento di fondo questa giovane e interessante rock band ha sempre tenuto duro, cercando di andare avanti e di non perdere di vista l’obiettivo onesto e sincero di fare musica e di scrivere nuove canzoni.Dopo tanti mesi di lavoro e sacrifici, il quartetto in questione è riuscito ad archiviare la gestazione di un album piuttosto ambizioso intitolato L’Ipocrisia Del Babbano, un disco che il cantante Alessio Facco e il resto della banda desideravano fortemente realizzare. Si tratta di un concept che in quanto ad idee e argomenti si ispira molto ad un evergreen della letteratura mondiale come “1984” di George Orwell (lampanti i richiami nella canzone “Link”), ma che al suo interno palesa diversi e imprevedibili collegamenti con altri grandi testi letterari.Chi è il “babbano”? Gli appassionati di fantasy lo sapranno sicuramente: in “Harry Potter” i maghi definiscono “babbani” gli uomini comuni, quelli senza poteri speciali. Siamo noi dunque i babbani. Ed è la nostra ipocrisia che gli Arfefici vogliono isolare, evidenziare, raccontare ed analizzare. Poi chiaramente nel disco vengono trattati numerosi temi: si parla ad esempio di amore (“Iride“), di morte (“Mercurio Cromo“), di droghe (“Fuori Dal Mio Territorio“) e di personaggi deliranti che conservano personalità multiple (“Sepoltura“).È chiaro che la carne al fuoco sia parecchia: agli Artefici va riconosciuto il coraggio di aver tentato di mettere in piedi un lavoro forse troppo pieno di tematiche, ma quanto meno sviluppate con maturità. Magari non con genialità, ma di certo con umiltà. Ne L’Ipocrisia Del Babbano c’è dunque una grande attenzione ai testi, ma non bisogna tuttavia sottovalutare la discreta qualità delle musiche create dalla band.E c’è infatti da contemplare un modo davvero interessante di sviluppare il rock da parte degli Artefici. Ci sono quindi episodi intriganti soprattutto a livello chitarristico, basti pensare alle già citate “Fuori Dal Mio Territorio“, “Mercurio Cromo“, “Link” e “Sepoltura“, ma anche alla title-track e all’intensissima “Obe: Il Mio Corpo Che Dorme“, il cui sound ruvido e accattivante fa molto anni Novanta.Sicuramente un disco abbastanza appagante nel complesso. Non immediato, ma anzi difficile da assimilare se non si ha un minimo di passione per il prog, l’alternative italiano e, più in generale, per i concept album. Tuttavia di spunti buoni ce ne sono diversi. Non con voti altissimi, ma comunque promossi gli Artefici da Roma.Alessandro BasileGenere: Alternative RockLine-up:
Alessio Facco – voce
Davide Palmeri – chitarre elettriche
Pierpaolo Pettrone – basso
Luca Calabrò – batteriaProgetti simili consigliati: Heisenberg, Kaleidoscopic, Moostroo, Le StradeTracklist:
1. Mainstream / Lo-Fi
2. Mercurio Cromo
3. Iride
4. L’Era Degli Ologrammi
5. L’Ipocrisia Del Babbano
6. Fuori Dal Mio Territorio
7. Obe: Il Mio Corpo Che Dorme
8. Obe: Ossido (Parte 2)
9. Link
10. Sepoltura