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Una vita da backliner – Pt.5

Si chiude con questo quinto articolo il primo, interessante ed istruttivo viaggio che abbiamo affrontato con Carlo Barbero a proposito del lavoro e della vita "on the road" del backliner.  Ringraziamo di cuore Carlo per il tempo che ci ha concesso e per aver messo a disposizione dei musicoffili il racconto delle s

Si chiude con questo quinto articolo il primo, interessante ed istruttivo viaggio che abbiamo affrontato con Carlo Barbero a proposito del lavoro e della vita “on the road” del backliner. 
Ringraziamo di cuore Carlo per il tempo che ci ha concesso e per aver messo a disposizione dei musicoffili il racconto delle sue esperienze, i tanti anedotti e le “dritte” di sicuro valore su come “portare a casa la serata” quando si lavora sui palchi, piccoli o grandi che siano.
Fare un bilancio finale è impossibile, perché naturalmente non si esaurisce tutto qui, sarebbe impensabile condensatore in così poche righe tanti anni di esperienza, ma di sicuro una lezione l’abbiamo ben imparata: è tutto importante quando si parla di live setup, ma se non si è pronti ad ogni evenienza, anche il miglior suono del mondo può diventare “muto” in un secondo. Questo quinto episodio ce lo farà capire ancora meglio, lasciamo quindi la parola a Carlo. Come ti organizzi per preparare al meglio un tour, sia dal tuo punto di vista che da quello dell’artista che seguirai? Se ho la fortuna di essere già in buona confidenza con l’artista con cui ho l’occasione di lavorare le cose sono naturalmente più semplici, ho già in mente quali sono più o meno le sue (e le mie) esigenze e ho maggiore possibilità di “dire la mia” nell’organizzazione generale. 
Non di rado comunque capitano casi per cui devo rimboccarmi le maniche e ripartire da zero con i cablaggi, è stato ad esempio così con Simone Bertolotti, tastierista nel tour di Elisa, che aveva originariamente un sistema molto complesso, a mio modo di vedere non proprio cablato a regola d’arte. L’altra faccia della medaglia dei progetti “custom made” è proprio questa, se non vengono realizzati da persone competenti non tanto in elettronica, quanto in materia di massima versatilità sui grandi palchi e comodità di assetto nei continui spostamenti di una tournée, possono rivelarsi un’arma a doppio taglio. 
Buona regola sarebbe, infatti, essere in contatto con il proprio backliner ben prima del tour per pianificare tutto il necessario, cosa che ad esempio mi è spesso capitata lavorando con Massimo Varini. Ho sempre fatto con lui svariati sondaggi su cosa portare sul palco, su eventuali bauli di trasporto da dover modificare e, in definitiva, su tutto ciò che rende più veloce, facile ed al riparo da eventuali pericoli il cablaggio ed il monitoring dell’attrezzatura sul palco durante le performances. Avrai quindi, immagino, delle particolari scelte sulle attrezzature, che ben conosci e consigli. CarloBarberoOvviamente, ad esempio ho almeno un paio di marche di cavi che amo usare quando possibile per affidabilità e qualità. Chiaramente non tutto è sempre disponibile dall’oggi al domani, ma siccome ho imparato bene a conoscere le emergenze di questo mestiere, ho il mio personale elenco di fornitori di fiducia cui posso rivolgermi anche all’ultimo momento. Solo così, ad esempio, posso avere più o meno “al volo” cavi Klotz o Van Damme, ci sono determinati strumenti che naturalmente non si possono trovare in un qualsiasi negozio di elettronica cittadino, in special modo quando sei in zone italiane o estere che non conosci per niente.
Per carità, da qui all’esoterismo su cavi e connettori il passo è breve e mi guardo bene dal farlo; per quanto sia vero che il suono può essere più brillante, più scuro o altro, sopra un certo target qualitativo si tratta di sfumature che sono secondarie nel mio lavoro, nel quale prima di tutto bado alla solidità e alla durata di materiali che dovranno essere “strapazzati” anche per un anno intero.
Last but not least lo spazio e l’ingombro: meno è meglio! Qualcosa che proprio non riesci a digerire? Innanzitutto il già citato troppo ingombro o disordine dei cablaggi.
Poi dico sicuramente le (purtroppo) classiche ciabatte di corrente poste direttamente sulle pedaliere, terrificanti. Per portare la corrente alle pedalboards uso sempre cavi che mi permettono, nel caso di malfunzionamento di un alimentatore, di agire direttamente dalla mia postazione backstage per la sostituzione del componente.
Altro discorso infinito che potrei fare è proprio quello sugli alimentatori, sulla solidità, qualità e sicurezza degli stessi. Sicuramente è un bene avere alimentatori custom stabilizzati, con uscite isolate e tutte le migliori features possibili. Ciò non toglie che questo non dà al mio lavoro sicurezza al 100%, perché se si rompe quello son dolori! Anche avendo un sostitutivo (e ovviamente c’è sempre) il problema diventa comunque fastidioso e di non immediata risoluzione durante uno spettacolo in cui non sarebbe affatto “carino” veder entrare sul palco un tecnico munito di alimentatore, cavi e cacciaviti…
Quindi, come ho già detto intanto è sempre meglio gestire tutta la corrente da un unico punto, postazione dove io preferisco poi “standardizzare” al massimo, paradossalmente anche con singoli alimentatori molto comuni facilmente sostituibili al volo in caso di guasto. La parte più complicata del mio lavoro non è certo avere oggetti di grande qualità, bensì capire quali strumenti facilitano il lavoro stesso e sono facilmente e velocemente rimpiazzabili durante lo show e questo non necessariamente esclude componenti più standard e di livello più comune (tenuti chiaramente d’occhio, non devono certamente creare a loro volta altri tipi di problemi). Qualche aneddoto ce lo regali anche stavolta Carlo? Guarda, ero con la tounée mondiale di Laura Pausini e durante una data in Messico l’attrezzatura di Gabriele Fersini non voleva saperne di funzionare, il finale di amplificazione si accendeva e spegneva senza apparente motivo. Tutto il montaggio era stato ultimato alle 07.00 di mattina e non aveva dato alcun problema, poi nel pomeriggio durante il check si è scatenato l’inferno, con tanto di fiammate e fusibili buttati via uno dopo l’altro. Il Pod era già pronto per la sostituzione, il tempo di un ultimo controllo aprendo l’ampli e ci siamo accorti che, a causa probabilmente del gran caldo, si era staccato il toroide e quindi le valvole stesse, una volta in temperatura, mandavano il circuito in protezione. Che dire, è la legge di Murphy sempre in agguato, qualcosa può sempre succedere, anche se fino a 5 minuti prima tutto funziona perfettamente! Grazie mille Carlo, a nome di tutta la community. Grazie a voi e un saluto di cuore a tutti i musicoffili, buona musica a tutti! 
Carlo Barbero lavora ed è contattabile presso LiveWorks 

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