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John Lee Hooker: un bourbon, una chitarra, un blues

Nel lontano 1917, nella cotton-belt a sud degli Stati Uniti, una famiglia afroamericana piena zeppa di musicisti, gli Hooker, festeggiava la nascita dell'undicesimo figlio, John Lee. Probabilmente non immaginavano che quel neonato sarebbe diventato uno dei pilastri assoluti del blues.

Come premesso, il piccolo John Lee cresce con la musica nelle vene, soprattutto grazie agli Spirituals, canti religiosi che ascoltava nelle chiese.
La madre aveva intanto preso in seconde nozze William Moore, un cantante blues, dalla cui casa transitavano musicisti del calibro di Blind Lemon JeffersonCharley Patton e Blind Blake.

Fu così che il giovane sviluppò la sua passione per il blues e iniziò a praticarlo, passando prima per il Gospel e poi per vari raduni blues di Detroit.

John Lee Hooker: un bourbon, una chitarra, un blues

Una caratteristica di John Lee Hooker, cresciuto analfabeta e istintivo, era l’improvvisazione. Quando parliamo di questa, però, non ci riferiamo all’improvvisazione strumentale funambolica cui siamo abituati oggi. 
I primi periodi di carriera di Hooker furono contraddistinti dal girare molti studi per pochi soldi e, sotto vari pseudononimi, proporre sempre brani nuovi o rivisitazioni strutturate al momento.
Questo “al momento” diventò una sua caratteristica distintiva nell’interpretare i brani, infatti è difficile identificare una struttura precisa delle canzoni durante le sue performance.
Non a caso, tutti i musicisti che hanno suonato con lui hanno sempre detto che l’unico modo per sapere quando Hooker avrebbe cambiato accordo era guardarlo fisso e cercare di intuire la sua prossima mossa.

Quando nel 1979 John Landis iniziò le riprese del suo famoso Blues Brothers con la coppia Belushi/Aykroyd, certo John Lee Hooker non poteva mancare, omaggiato con una lunga sequenza in cui esegue la sua celebre “Boom Boom”.
Un grande omaggio a uno dei padri del blues che oggi vi riproponiamo nel giorno del suo compleanno (ci ha lasciati nel 2001).