Proporrò esecuzioni di vari strumenti (pianoforte, sassofono, tromba, chitarra ecc.) riadattandoli al basso elettrico, analizzando i passaggi salienti in modo da poterli decifrare, assimilare e immagazzinare nel nostro repertorio.
Nel tentativo di aiutarvi con la diteggiatura troverete un video nel quale eseguo il solo in questione.
Prendete spunto dalle mie scelte ma cercate di trovare anche altre soluzioni più idonee alla vostra tecnica. Vi aiuterà a memorizzare e riutilizzare le frasi più importanti.
Per inaugurare questa rubrica ho deciso di proporre un famosissimo blues di Sonny Rollins.
“Tenor Madness” non è solo il nome dell’album inciso nel 1956 da Sonny Rollins nel prestigioso Van Gelder Studio, ma anche il titolo della prima traccia caratterizzata dalla presenza di un altro tenorista d’eccezione: John Coltrane.
La composizione si presenta come un blues in Sib, in cui il tema viene eseguito all’unisono dai due sassofonisti (accompagnati da una ritmica di prim’ordine come Philly Joe Jones, Paul Chambers e Red Garland), dopo il quale Coltrane esegue il primo solo, ben distinguibile per suono e linguaggio da quello successivo del leader.
Da notare come i due grandi artisti riescano ad imporre il proprio stile seppur con lo stesso strumento, conferendo vivacità e originalità a tutto il brano. Prima del tema finale assistiamo anche ad un interessante duetto in cui si alternano e dialogano con grande eleganza.
Nonostante il solo di Coltrane spicchi per tecnicismo, originalità e scelte ritmiche tipiche del suo linguaggio, la liricità e il gusto melodico espressi da Rollins sembrano avere una marcia in più in questo brano, ed è per questo motivo che ho deciso di trascrivere il suo solo e analizzarlo.
Lo stile adottato da Rollins in questo solo è morbido e rilassato, estremamente musicale e geniale nel collegare pattern della tradizione a invenzioni melodiche sorprendenti. Solo nell’ultimo chorus troviamo un raddoppio nervoso ed energico, che esula completamente dal resto del solo.
Il primo chorus è caratterizzato da un’imitazione del tema seguito da una frase di 4 misure sul tipico II – V – I composta perlopiù da arpeggi di Bbmaj7, Eb7 e D-7 (batt. 8-11).
Inizia il terzo chorus con un pattern che sembra esplicitare un Csus seguito da un frammento di superlocria di Bb7 che risolve sul Sol, 3a di Eb7 (batt. 25-29).
È plausibile ipotizzare una sostituzione di accordi partendo dal IV° Eb7 con un Eb-6 (anche se suona il Re naturale), D-7, Db°7 (anche se suona un Do naturale), per cadere sul II° C-7. Segue una frase tipica del repertorio bop per chiudere la cadenza alla fine del chorus (batt. 41-47).
Notiamo come Rollins si prenda la libertà di spostare sulla struttura frasi che legano non solo più accordi, ma anche due chorus. Qui ad esempio inizia la frase con un arpeggio di Bb7 appoggiandosi sulla 7a minore anche se in realtà è ancora sulla cadenza del chorus precedente. Continua la frase con note di approccio risolvendo sempre sulle note di Bb7 per poi legare anche il Eb7 (batt 59-63).
Qui abbiamo forse la cadenza più interessante di tutto il brano, per semplicità ed efficacia. Suona un arpeggio di Bbmaj7 appoggiandosi alla 6a maggiore, poi sembra replicare l’ultimo intervallo di 2a maggiore (La e Sol) un semitono sotto (Lab e Solb) che però diventa parte del frammento di superlocria di Do insieme a Reb e Re# (scritto come Mib per comodità di lettura), che culmina in Fa, al quale allaccia un altro frammento a cavallo con il chorus seguente (batt. 83-87).
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