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Widowspeak – Almanac

A circa due anni di distanza dall’eponimo album d’esordio, l’affascinante progetto di Molly Hamilton e Robert Earl Thomas denominato Widowspeak si ripresenta con una nuova produzione in studio. Almanac, questo il titolo del disco, esce per la Captured Tracks, ottima etichetta americana che negli ultimi tempi si s

A circa due anni di distanza dall’eponimo album d’esordio, l’affascinante progetto di Molly Hamilton e Robert Earl Thomas denominato Widowspeak si ripresenta con una nuova produzione in studio. Almanac, questo il titolo del disco, esce per la Captured Tracks, ottima etichetta americana che negli ultimi tempi si sta confermando, almeno in patria, come una delle più valide, fertili, propositive e stimolanti dal punto di vista della qualità delle sue proposte.

Non a caso può già vantare un roster di tutto rispetto, ricco di grandissime realtà facenti parte da ormai diversi anni della sempre più attraente scena indie targata USA. Anticipato dal primo, delizioso, singolo Ballad Of The Golden Hour…, Almanac è obiettivamente un gioiellino. Inutile girarci intorno: si tratta di un Lp astuto e ben scritto, in grado di prendere quota grazie a suoni – ma anche arrangiamenti – favolosi e a strutture musicali convincenti perché mai troppo ripetitive e consuete. Importante, senza ombra di dubbio, il preziosissimo apporto in fase d’incisione di Kevin McMahon (in passato già al lavoro con Swans e non solo), qui davvero lungimirante nel riuscire a far tirare fuori dal duo statunitense tutto il meglio possibile. Cosa vale la pena sottolineare di Almanac?

Sicuramente il cantato travolgente, sensuale, etereo, seducente e a tratti sospeso della bravissima Hamilton, puntuale e calzante in fatto di interpretazione e di intensità; così come le liriche, frutto di una poetica semplicemente pregevole. E poi, altro aspetto da lodare, le sonorità suadenti e spaziali, impregnate di quello shoegaze che, seppur molto anni Novanta e non più così avanguardistico, ha sempre un qualcosa di intrigante, irresistibile. Aspettatevi quindi tante chitarre elettriche, non eccessivamente esplosive ma calibrate, poco invadenti, destinate cioè a creare deliziosi tappeti sonori su cui va a poggiarsi pian piano tutto il resto, a partire proprio dalla caldissima voce della Hamilton, il cui timbro ha davvero una marcia in più. C’è quindi una marcata impronta elettrica in questo cd, anche se raramente ci si imbatte in episodi concitati. I brani si susseguono e si compensano con estrema naturalezza e trasparenza. Magari non ci saranno grandi sussulti, questo è chiaro e plausibile: non capita infatti di individuare canzoni che, in modo del tutto inaspettato, finiscono per sovrastare altre con esagerazione. Tuttavia in Almanac non vi sono soltanto le suggestive cavalcate sognanti tra Jesus & Mary Chain ed Howling Bells, ma anche elementi di mai inopportuno folk rock dalle reminiscenze alquanto bucoliche e boschive.

La già citata Ballad Of The Golden Hour… è, in tal senso, assolutamente emblematica. Non da meno, sotto questo aspetto, la tenerissima Minnewaska e la conclusiva Storm King. Del resto il disco riesce in più di un’occasione a suggerire quelle atmosfere incontaminate e cristalline già ampiamente evocate dalla suggestiva copertina. Quindi, da tale punto di vista, la coerenza c’è e come. Questo dimostra benissimo come il duo americano avesse già bene in mente, durante la fase di scrittura dell’album, quale dovesse essere poi il taglio stilistico finale delle singole tracce. Almanac è in effetti un disco pensato, ponderato a fondo, orchestrato e progettato con accortezza dalle persone che ci hanno lavorato dietro, desiderose, se non altro, di non perdere d’occhio una certa omogeneità (da non confondere con ridondanza e somiglianza): un conto è infatti scrivere canzoni somiglianti tra loro, un conto è comporre pezzi contraddistinti da un legame ben preciso.

Per questa seconda tendenza ci vuole estrema abilità, caratteristica che di certo non manca ai Widowspeak, band senz’altro molto affezionata all’idea, al concetto di album, e per nulla intenzionata a far confluire in una sua produzione un semplice e superficiale collage di componimenti. E Almanac in questo senso parla chiaro. Provate ad ascoltarlo con attenzione, possibilmente in solitaria, sul vostro divano di casa piuttosto che in cuffia o in un qualche ritorno notturno a bordo della vostra auto: noterete per forza di cose la magia che lo pervade. Una volta entrati nell’universo sonoro dei Widowspeak faticherete non poco a distaccarvene e a concentrarvi su altro. Siete avvisati.

Alessandro Basile
Genere: Indie/Shoegaze/Folk Rock

Line-up:
Molly Hamilton (voce, chitarre)
Robert Eartl Thomas (batteria, cori)

Progetti simili consigliati: The Dandy Warhols, The Brian Jonestown Massacre, The Jesus & Mary Chain, Howling Bells

Tracklist:
1. Perennials
2. Dyed In The Wool
3. The Dark Age
4. Thick As Thieves
5. Almanac
6. Ballad Of The Golden Hour…
7. Devil Knows
8. Sore Eyes
9. Locusts
10. Minnewaska
11. Spirit Is Willing
12. Storm King

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