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L’anima partenopea in un album per pianoforte a quattro mani

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Far incontrare la napoletanità più verace e l'interpretazione swing sui tasti bianchi e neri di un pianoforte non è impresa facile, ma c'è chi ci è riuscito.

Le quattro mani del titolo sono quelle, abilissime, di due artisti del pianoforte, vale a dire Elisabetta Serio e Lorenzo Hengeller: sono loro gli artefici di questa inusuale e sensibile commistione di intenti musicali, realizzata nel disco Piano Napoli con l’importante supporto di musicisti il cui nome è ben noto anche molto al di là dell’area partenopea.

Mi piace iniziare a parlarne utilizzando le parole che la stessa Elisabetta ha impiegato per presentarlo a noi: “una vera sfida che si tira appresso l’ira dei puri, tranne i puri di cuore che comprendono che l’essere umano non andrebbe definito nè per genere, nè per ideologia“.
Ira dei puri, o per voler ancor di più precisare, di quei puristi che potrebbero storcere il naso di fronte a un esperimento di questo genere; ma, raccogliendo il suggerimento dell’artista, non è davvero il caso di generalizzare, perchè il mondo è pieno di efficacissime rappresentazioni dell’incontro tra percorsi che si incrociano di rado, ma nonostante ciò funzionando ed emozionando, come nel caso di questo album.


Forse il pianoforte è lo strumento più adatto a fornire una rappresentazione completa della caratteristica umana e creativa di una città come Napoli: uno strumento in cui i tre aspetti fondamentali della musica (intesi in ritmo, melodia e armonia) si incontrano come in nessun altro, in un range espressivo talmente elevato per frequenze e dinamiche potenziali tale da poter descrivere letteralmente ogni sfumatura.
Ed è dunque il piano a farla da padrone attraverso la differente esperienza di Hengeller e Serio, uniti dalla medesima, elegante padronanza dello strumento ma ciascuno portatore di un ingrediente personale che contribuisce alla varietà di sentimenti racchiusi in Piano Napoli.

L’obiettivo iniziale era già quello di andare oltre un semplice tributo dei classici napoletani, posizionandosi su produzioni d’autore contemporanee da interpretare in una chiave jazzistica rigorosamente a base di pianoforte.
Decisivo è stato l’incontro con Gigi D’Alessio, artista in prima linea nella moderna rappresentanza musicale della Città del Sole: contattato per partecipare alla versione del suo brano “Chiove“, D’Alessio è andato ben oltre nel suo sostegno al progetto, offrendo per la realizzazione il suo studio personale, due pianoforti Steinway Gran Coda e il suo fonico Roberto Rosu.

Sotto una produzione così ambiziosa si sono ritrovati altri artisti di fama e merito che vanno al di là dei confini locali e che delineano un panorama il più vasto possibile dell’attualità musicale napoletana attraverso interpretazioni di brani editi: da Peppe Servillo a Raiz, da Fabio Concato nell’emozionante “Canzone di Laura” (scritta dal compianto Pino Daniele) a Stefano Bollani, passando per Luchè, Pietra Montecorvino, Franco Ricciardi ed Enzo Gragnaniello.

È una vera alchimia di elementi quella che si è realizzata in Piano Napoli, una magia nella quale profondità umana e senso dello humor passeggiano a braccetto come nel più brillante immaginario del carattere locale, dipingendo un acquerello dei colori più intensi con la genuina semplicità di due pianoforti che accompagnano una voce.

Il disco si realizza quindi nei suoi intenti più essenziali, forte della competenza e della padronanza dei due interpreti pianistici e del fondamentale contributo degli artisti coinvolti nel progetto, in un omaggio alla città “qui e ora” e a un modo di essere che non ha tempo nè confini, e che proprio per questo va apprezzato senza pregiudizi nè tentennamenti.

Foto di copertina su gentile concessione dai profili Facebook di Elisabetta Serio e Lorenzo Hengeller