Per prima cosa c’è da dire che il suono della cassa è molto dipendente dal genere musicale e quindi è difficile dare delle indicazioni che valgano per ogni occasione.
Tuttavia ci sono dei principi di base che, una volta compresi, saranno una guida infallibile.
Step 1 – Analisi dello strumento
Per cominciare analizziamo lo strumento nella sua parte “fisica”.
La cassa della batteria è un tamburo, quindi ha un fusto di varie dimensioni sia per profondità che per diametro. Su questo fusto vengono tese due membrane.
La prima, detta “battente” è quella posizionata verso il batterista e percossa con il pedale. La seconda pelle, la “risonante”, ha la funzione di chiudere il fusto. Entrambe le “pelli” necessitano di una accordatura per ottenere il suono desiderato.
Però negli anni ’70 del secolo scorso, negli studi di registrazione, si cominciò a registrare senza la membrana anteriore, così da avere il microfono più vicino al battente e di conseguenza un suono più asciutto e netto.
Il batterista contemporaneo usa una pelle risonante con un foro di circa 12 centimetri praticato su un lato, così da offrire la possibilità di introdurre all’interno il microfono pur conservando una certa “compressione” dell’aria nel fusto con la conseguente reattività della pelle battente che così restituisce un poco di elasticità migliorando il ritorno del pedale. Questo vale per il Pop, il Rock e il Rhythm and Blues.
Per il Jazz si tende a preferire una pelle non forata poiché la cassa è usata in modo melodico, per sottolineare i fraseggi, e non partecipa al “groove”. Ha quindi un suono lungo e con una nota definita, più simile ad un timpano.
Nei generi più “groovy”, invece, il suono che cerchiamo è un giusto compromesso tra “punch” e basse. Così si tende ad accordare le pelli molto in basso, praticamente al minimo della tensione, utilizzando vari sistemi per attutire la risonanza, come cuscini, gommapiuma o altro.
Poiché la massa del legno di costruzione è parte integrante del sistema sonoro, ho scoperto che introducendo nel fusto un peso variabile tra i 3 e i 5 chili, un sacchetto di sabbia, oppure una “mazzola” senza il manico (la mia preferita) si ottiene un notevole abbassamento della fondamentale e una ripulitura delle armoniche medio-basse già acusticamente.
Step 2 – La scelta dei microfoni
Veniamo ora ai microfoni consigliati: il mio preferito è l’AKG D12, un vecchio microfono dinamico, il primo cardioide a capsula larga dinamica, con una notevole sospensione che sembra fatta apposta per evitare rumori molesti quando la enorme pressione acustica sollecita il microfono. All’interno del fusto si raggiungono infatti anche 160 dB SPL!
Io lo posiziono appena dentro la cassa (con il foro) puntato verso il timpano per minimizzare il rientro del rullante.
Volendo usare due microfoni ne metterei uno a condensatore, a capsula larga all’esterno, a circa 30 cm, un AKG c414 oppure un Neumann u87 (con il pad inserito, attenzione a non danneggiarlo).
All’interno un dinamico come il Sennheiser md421, come da tradizione “Motown”. Sperimentate, troverete le vostre preferenze. Ho sentito che qualcuno usa un PZM appoggiato sul cuscino all’interno della cassa, ma a me questa soluzione non convince.
Step 3 – Equalizzazione
Veniamo alla equalizzazione, finalmente. Da tutto quello che abbiamo detto si deduce che la cassa ha due componenti sonore utili:
- la nota fondamentale, bassa, tra 50 e 80 Hz
- una componente “punchy” dovuta all’impatto del pedale, che si colloca nella zona tra i 1500 e i 2500 Hz
Una componente spesso da attenuare è invece nella zona 300-400 Hz, quel tremendo suono “cartonato” che spesso non lascia spazio agli altri strumenti.
Se ne deduce quindi che abbiamo bisogno di un equalizzatore ad almeno 3 bande parametriche, a “campana”: la prima per controllare la “fondamentale”, la seconda per gestire i medi “cartonati” attenuandoli, e la terza per bilanciare il “punch” rispetto alla fondamentale.
A seguire può essere utile posizionare un compressore di dinamica così da controllare ed uniformare i colpi. Anche un noise-gate, regolato per aprirsi solo con i colpi di cassa, può aiutare.
Dulcis in fundo, poiché abbiamo imparato ad apprezzare quello che il nastro magnetico faceva al suono della cassa, possiamo provare una delle tante simulazioni di tape-recorder disponibili oggi. Non è importante marca e modello del plug-in, ma vi mostrerò quelli che utilizzo io generalmente.
Per equalizzazione e compressione mi piace usare una delle tante simulazioni della SSL4000, come quella in foto della Waves, che include anche il noise-gate.
Per saturare il suono, a parte l’eventuale simulazione presente nel plug-in “channel-strip” come quelli mostrati, spesso uso un plug-in incluso in ProTools e che vi ho spesso invitato a provare, il LO-FI, che ha sia una distorsione che aggiunge armoniche schiarendo il suono ma anche una saturazione che invece tende a scurire il suono, in modo simile al nastro magnetico.
Ecco fatto! È “tutto qui”. Provate e fatemi sapere se vi è stato utile. Alla prossima!
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