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Teoria musicale nell’antica Grecia, dai Nomoi alle Armonie

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Secondo episodio di Storia della Musica dedicato alle mirabolanti vicende musicali dell’Antica Grecia. Parliamo un po’ di teoria musicale.

Un celebre Dialogo attribuito a Plutarco comincia con un sapiente padrone di casa dal nome di Onesicrate. Tale personaggio annuncia: “Amici, una ricerca sull’origine e l’essenza della voce umana non è argomento da trattare a tavola, perché richiede una condizione di sobrietà. Tuttavia, dal momento che i migliori grammatici definiscono il suono una vibrazione dell’aria percepibile attraverso l’udito e ieri abbiamo trattato della Grammatica come dell’arte atta a riprodurre i suoni vocali con le lettere e a conservarli con la memoria, consideriamo quale scienza pertinente al suono venga dopo questa, al secondo posto. Io credo che dopo la Grammatica venga la Musica”.

L’incipit è tratto dal De Musica di Pseudo-Plutarcopseudo poiché di dubbia attribuzione – e risale all’incirca al II sec. d.C. Non so se ci avete fatto caso, ma a me sinceramente fa strano sentir parlare di “suoni”, divibrazione dell’aria” senza pensare in primis alla Musica. Evidentemente non era così all’epoca, visto che la Grammatica era posta al primo posto nel pantheon sonoro di questi signori.
Ok, sveliamo un arcano.

Plutarco - La Musica

Per gli antichi Greci il concetto di Musica è molto ampio. Lo stesso termine deriva dal greco Mousiké. Tale vocabolo non indica solamente l’insieme dei suoni, ma si riferisce anche alla danza, alla poesia, alla metrica. Questo sposalizio tra diverse forme d’arte lo si spiega con la funzione stessa della musica. Ogni canto era subordinato alla poesia e alla sua scansione metrica, che non è altro che il ritmo, se preferite. Insomma, la melodia strumentale coincideva con quella vocale ed entrambe si basavano sugli accenti ritmici del metro.

Mi rendo conto che pensare una cosa del genere, con tale rigidità, per un’intera popolazione, possa essere fuorviante. Eppure così i teorici greci e latini hanno tramandato il sapere musicale antico.
Benissimo, allora aggiungiamo un pezzetto. Stiamo parlando indicativamente del VII secolo a.C.

Nelle varie Poleis greche si eseguono delle brevi linee melodiche chiamate nómoi (nomos al singolare). Ricordate poco fa? Abbiamo notato una certa rigidità dei Greci nel concepire la Musica. Ecco, “nomoi” in greco significa “leggi”. Questo ci testimonia un passato musicale notevolmente rigoroso ed inflessibile. Gli stessi Platone ed Aristotele, vissuti qualche secolo dopo, hanno osservato tale periodo musicale come una forma austera e poco corrotta.

Molto bene, torniamo al nostro Plutarco, o chi per lui. Il suo dialogo intitolato De Musica lo scrive a quasi mille anni di distanza da questi fantomatici eventi e racconta in breve le principali tappe dei più importanti musici/poeti dell’Antica Grecia.

Capiamoci, è una testimonianza preziosa perché ci fornisce un compendio straordinario non solo su autori specifici, ma anche su pratiche e strumenti. La distanza temporale tra l’autore e i fatti tuttavia è particolarmente vistosa, quindi le informazioni possono aver ricevuto ritocchi, manomissioni, giudizi a posteriori. Ricordiamolo: Plutarco, o chi per lui, scrive nel II secolo, durante l’apogeo dell’Impero Romano.
Ciò nonostante è un perfetto punto di partenza per affrontare questo cammino così tortuoso.

Il video che vi presento ha l’arduo compito di raccontare il percorso che ha portato i nomoi a formalizzarsi nelle armonie (harmonìai, ἁρμονίαι). Attenzione, anche il termine “armonia” per i Greci ha un significato più complesso; non si riferisce al moderno concetto tonale di cui siamo imbevuti da qualche secolo. Ricordo che parliamo principalmente di musica monodica, senza un accompagnamento accordale.

Platone - La Repubblica

Ecco, su questo punto, e concludo, la musica greca si fonda sul Tetracordo, inteso come un gruppo melodico di quatto note. Generalmente viene inteso come discendente. Come vedremo specialmente col prossimo episodio, le piccole differenze di intervallo nei vari tetracordi determinano nomi differenti. L’unione di due tetracordi va a formare esattamente una scala di otto note. I nomi molti di voi li conoscono già: Dorico, Frigio, Lidio… Tuttavia i nomi che utilizziamo oggi appartengono alla tradizione ecclesiastica del Medievo. Tradizione che rielabora gli antichi saperi greci, modificando i nomi.

Se pensate che ciò sia complesso non vi ho detto che esistevano tre generi differenti per formare i tetracordi: ovvero quello diatonico, cromatico ed enarmonico.
Ma a questo punto penso sia preferibile vedere il video.

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