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Eventide Blackhole, uno sguardo più approfondito

Il nuovo pedale di Eventide promette di essere un biglietto di ingresso per il suono che ha contraddistinto il marchio nel mondo dei riverberi.

In direzione uguale e contraria, Eventide ha lanciato sul mercato un nuovo tipo di pedale che pesca dalla tradizione di progettazione e timbrica che hanno sempre contraddistinto il brand americano, ma che viene proposto in un formato e con una user experience decisamente diversa.

Dopo l’uscita del Rose, che rappresenta l’unione del sound analogico con il controllo digitale, Eventide ha riproposto un nuovo tipo di prodotto che ricorda i suoi suoni più iconici, ma che possono essere portati ovunque in una pedaliera anche molto ristretta.

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Stesso cuore, nuova carrozzeria

Andiamo subito al dunque, il Blackhole a livello di algoritmi e resa in termini di timbrica è la derivazione diretta di ciò che abbiamo visto nello Space e nell’H9.
Quello che cambia è tutto il resto: in uno chassis di metallo spazzolato con grafica impressa con cottura a caldo, abbiamo un design fortemente rimpicciolito, ma con una serie di piccole variazioni più o meno importanti:

  • Tutti i tasti (anche i led) hanno funzioni dedicate
  • Non ha il MIDI classico, bensì attraverso porta mini USB o la porta Exp
  • Entrata mono (ma settabile in stereo) e uscita Stereo con canali Left e Right
  • Controlli mappabili
  • Funzionalità di freezing del riverbero
  • Salvataggio e richiamo di 5 preset 

A livello dimensionale, siamo su dimensioni minori dell’H9, ma ovviamente in versione mono-algoritmica e senza un supporto MIDI standard e con la possibilità di poter salvare e richiamare dei preset on board.

Ci sarebbe da discutere sul tipo di convertitore utilizzato, dalle prove avvenute non si evincono particolari differenze rispetto al suono che si può ottenere con l’H9, quindi non è troppo folle ipotizzare che sia stato utilizzato lo stesso (o un molto simile) convertitore AD/DA per la gestione del segnale in entrata e in uscita.

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Controlli degni dello Space

Nonostante le dimensioni contenute, la furbizia progettuale di questo pedale è stata senza alcun dubbio quella di suddividere i controlli con una doppia modalità e di rendere ogni singolo elemento cliccabile.

Escluso il controllo di Mix (che controlla la diretta), i cinque potenziometri principali vengono gestiti attraverso un mini tasto che permette di accedere a una seconda modalità,. Così possiamo elencare in totale:

  • Gravity (Delay) – Controllo di decay (positivo o negativo) / Controllo di delay per le code fino a 2 secondi (2000 millisecondi)
  • Feedback (Q) – Quantità di ripetizioni delle code del riverbero (da zero a infinito) / Controllo della campana di equalizzazione del delay integrato nel riverbero
  • Size (Depth) – Lunghezza del riverbero / Controllo della profondità della modulazione integrata
  • Low (Rate) – Controllo di equalizzazione per le basse frequenze / Controllo delle suddivisioni della modulazione integrata
  • High (Out Level) – Controllo di equalizzazione per le alte frequenze / Controllo di volume finale del riverbero

Oltre questi controlli, va aggiunta anche la possibilità di ottenere un controllo di tipo momentary, ovvero che attiva momentaneamente il DSP del pedale, mantenendo però il roundtrip del segnale attraverso il buffer.

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Esistono però altre possibilità di controllo attraverso il pedale di espressione, che ci permette di poter agire sui valori del nostro riverbero, questo è possibile attraverso qualunque tipo di pedale di questa tipologia, attraverso gli opportuni adattatori che vengono venduti separatamente o possono essere costruiti ad hoc.

In ultima istanza, è possibile regolare l’ingresso e possiamo scegliere tra:

  • Relay
  • Buffer
  • FX+DSP

A ciò va aggiunto se tenere attivo o meno il Kill Dry, in caso avessimo un loop effetti che fosse parallelo invece che seriale e si utilizzasse un mixer di linea per la gestione del segnale effettato e non.

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Una quantità enorme di controlli, in puro stile Eventide, che viene racchiusa in uno stompbox così piccolo è sicuramente una cosa di estrema rilevanza, per una serie di motivi:

  • Unisce il form factor dell’ H9 alle possibilità di un pedale della serie Factor
  • I vari valori possono essere configurati in maniera più semplice
  • Non viene compromesso controllo o espandibilità

Molto più semplice con il software

Il Blackhole è collegabile attraverso il software dedicato, che come sull’H9 permette di poter accedere a tutte le opzioni possibili del pedale, permettendo un lavoro di setting molto più agevolato e molto più agile che effettuare tutto manualmente.
Il design del software riesce a essere minimale quanto basta da non risultare scarno ma capace di restituire una user experience tale da far risparmiare tempo e senza creare “muri” di qualche tipo durante un qualsivoglia workflow di creazione di suoni.

Una volta scaricato il software, va collegato attraverso il cavetto (non in dotazione) in formato mini usb. Nota a personale parere di chi scrive, definibile come “dolente” soprattutto in un epoca dove l’ USB-C sta per diventare il nuovo formato standard di collegamento tramite device: non comprendo la scelta di utilizzare una porta di questo tipo, che mi risulta difficile da gestire perchè non è facile nemmeno riutilizzare qualche cavo che si ha in casa (le schede audio usano protocolli micro usb o usb C se non addirittura i tipi A), molti dei device elettronici di consumo usano il micro USB o l’USB-C, quindi per poter usare il software bisogna comprare un cavo “a parte”.
Il costo della cosa è estremamente risibile, non parliamo di chissà cosa, però non dispiacerebbe trovare nei prossimi pedali una connessione adatta ai tempi che corrono (o il cavetto in dotazione, NdR).

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Che suoni possono essere raggiunti?

Se ci si aspetta un riverbero dai suoni “classici”, abbiamo sbagliato alla grande, nonostante sia vagamente ottenibile qualche suono meno “ampio”: quello che contraddistingue il Blackhole è di essere un tipo di riverbero molto grande, che ricorda i suoni cathedral e, come dice il nome, qualsivoglia suono che non sia fattibile e riproducibile normalmente
Infatti, il nome non è scelto a caso, si parla di un riverbero che richiama suoni spaziali, che -citazione cinematografica – potremmo definire con il termine “from outer space”.

Il riverbero in sè funge anche da riverbero reverse, infatti in base alla rotazione del potenziometro è possibile ottenere un movimento diverso della “gravity” che gestisce il comportamento del riverbero.
Come detto in precedenza è un effetto estremamente ampio e profondo, il massimo della “normalità” è ottenibile tenendo bassissimi i livelli di Feedback e di Gravity per ottenere un qualcosa di vagamente simile a un plate reverb.

Menzione a parte va fatta sulla modulazione, che fa un lavoro estremamente egregio, rimanendo intelligibile e con un ventaglio sonoro che permette anche sperimentazioni sonore abbastanza spinte, ma non tende per esempio a diventare un Flanger, rientra nella modulazione classica come un Chorus.

Abbinando il tutto anche al delay interno, è possibile giocare con i tempi e scolpire ulteriormente il tono
La campana (il Q) che possiamo variare è abbastanza ampia, ma non tanto da stravolgere totalmente il sound generale del pedale, ottima per delle correzioni ma non permette di passare dal giorno alla notte, stesso discorso vale per i controlli di equalizzazione del riverbero, sono molto utili per pulire un suono troppo scuro o troppo metallico, ma sono nascono principalmente per far “sentire meglio” le nostre code in un mix di un brano che stiamo registrando o quando suoniamo in gruppo.

Il campo di utilizzo, così come lo stesso riverbero, è molto vasto, può essere utilizzato nel pop, nel rock, così come in tutte le derivazioni possibili, come il progressive, l’ambient, lo psychedelic e l’alternative, tutto sta anche alla necessità e alla fantasia dell’utilizzatore che cerca, appunto, un riverbero “diverso” dagli altri per situazioni live e/o studio in formato ridotto.

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Privo di difetti?

Nessun prodotto è mai letteralmente perfetto, qualche sbavatura può capitare, la prima che mi viene da segnalare è quella del cavo mini usb che risulta essere quasi anacronistico in questo 2020, ma come argomentato prima la spesa è risibile e più che un vero e proprio difetto potremmo definirlo come un fastidio, dato che a comprare un cavo mini usb ci si mettono esattamente cinque minuti online.

Un altro contro, ma che è figlio della nuova progettazione, è che questo pedale non è definibile come plug’n’play, ma questo è normale se un qualsiasi hardware comincia a mettere una serie di opzioni e funzionalità molto avanzate.

Il Blackhole per essere utilizzato anche solo alla metà delle sua piena operatività, necessiterà di tempo, non tantissimo, ma non è uno stompboxes dove togli dalla scatola, attacchi alla corrente e suoni, dovrete dargli quei 3-4 giorni in cui vi dedicate al pedale per capire come farlo funzionare secondo le vostre esigenze, come creare e settare i preset e eventualmente come mapparlo e configurarlo se lo usate in pedaliere con un looper switcher.

Nonostante il suo formato, e anche per il suo costo (relativamente al resto del catalogo Eventide) il Blackhole ha a tutti gli effetti l’impronta di una macchina professionale con tutti i pro di possibilità timbriche e di controllo, ma anche il contro di non essere una macchina estremamente semplice da utilizzare alla prima esperienza.

Ma quindi, per chi nasce questo pedale?

Abbiamo già parlato della strada che ha intenzione di prendere Eventide e che – almeno credo – tipo di prodotti potremmo aspettarci per il futuro, ma una domanda sorge obiettivamente spontanea, per quale tipo di fascia nasce questo pedale?

In medio stat virtus” è una frase che trova giustizia in questo contesto, perchè questo pedale si piazza all’esatta metà tra il “dilettante” e il “professionista”, in base al tipo di utilizzo che ne vogliamo fare.

Il prezzo di vendita – che rimane tra i più  bassi storicamente per acquistare un hardware Eventide – non lo rende appetibile per il dilettante che preferisce una cosa più semplice e soprattutto poco costosa, che faccia tutto “mediamente” bene  (citando i vari Hall of Fame, Holy Grail ecc.).
Il professionista che lavora in studio e che ha necessità di molti suoni sceglie una macchina come l’H9 o lo Space, che però hanno un costo intorno ai 500 euro, che non è proprio una soluzione da acquisto a cuor leggero, è un investimento e come tale va ammortizzato, non va visto come un “giocattolo molto costoso”.

Il Blackhole quindi si mette nella zona in cui un musicista suona spesso (suona avvilente dirlo in questo periodo storico) e che ha delle necessità più da live che da vero e proprio studio, e che quindi deve rimanere “stretto” in un’ottica di spazi e di ingombri molto ridotta, ma che però non può e non vuole rinunciare a una qualità sonora di un riverbero molto diverso da quello che può avere con il suo amplificatore e con una buona parte dei vari stompboxes.
Perchè ricordiamo che questo algoritmo non nasce per imitare qualcosa di già sentito (un plate, uno spring o una room) ma è un suono che veniva usato su macchina a rack come il DSP 4000 che non era molto agile da spostare, faceva parte di quei rack da studio leggendari ma costosi e pesanti.

Possiamo dire che il tentativo di Eventide di proporre un hardware che abbia un solo tipo di suono, ma ben strutturato, qualitativamente elevato, trasportabile e per certi sensi anche economico, è riuscito bene, e come avevamo ipotizzato in un articolo precedente questo potrebbe essere un apripista per una nuova politica di Eventide di portare i suoi suoni su più contesti e più fasce di utenza.

Eventide è un marchio distribuito in Italia da Mogar Music