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Paul McCartney, tra i Beatles e il basso

Quando si dice Paul McCartney, il primo pensiero va automaticamente ai Beatles e al ruolo di compositore: qui ci soffermiamo invece sul suo contributo al basso.

Già, Paul McCartney è anche un bassista

Si tende a mettere la cosa in secondo piano, ma d’altro canto come potrebbe essere diversamente? La carriera di Sir Paul McCartney sembrerebbe quella di un musicista totale che, quasi incidentalmente, si è ritrovato a suonare il basso in quella epocale (seppur di breve durata, ahinoi) esperienza artistica che corrisponde al nome Beatles.

Compositore, vocalist, chitarrista: e tuttavia, nell’immaginario collettivo poche altre istantanee di McCartney hanno la potenza evocativa di quelle in cui imbraccia il suo Höfner 500/1 Violin Bass.
Ma attenzione a non commettere l’errore di considerare poco rilevante il contributo portato al mondo del basso elettrico dall’ex Beatle: se l’incontro con le corde grosse può non essere stato una priorità, il risultato è comunque di grande spessore.

Le influenze di Paul McCartney al basso

Lo sviluppo di Paul McCartney come bassista avviene principalmente nella prima parte degli anni ’60, un periodo in cui il panorama di influenze non era ancora vasto come nei tempi moderni, ma che raccoglieva comunque alcuni spunti di un rilievo tale da indirizzare lo stile al basso di un artista così ricettivo.

Erano i tempi dell’esplosione della Motown, che da oltreoceano portò tra le tante cose anche un modo di concepire la sezione ritmica che avrebbe inevitabilmente influenzato anche i musicisti al di fuori dei generi musicali diffusi dall’etichetta; negli anni Sir Paul riceverà la sua buona dose di suggestioni dal grande James Jamerson, personaggio pressoché onnipresente quando si parla di ispirazione al basso.

Ma in quegli anni erano ancora fortissimi gli echi del boom Rock and Roll, le cui suggestioni avrebbero contribuito allo sviluppo di differenti (per genere e interpretazione) stili contemporanei, come quello di John Entwistle o di Brian Wilson (che pare sia citato tra le influenze dirette di McCartney come bassista).

Il basso nei Beatles, c’è da studiare

Prendiamo le suddette influenze, mescoliamole con la creatività di un bassista che è musicista a 360 gradi e il risultato è lo stile di Paul McCartney al basso.
In comune con i citati Jamerson e Wilson, pur con intenzioni più o meno differenziate, c’è il tratto di un forte orientamento melodico delle linee di basso nella musica dei Beatles: McCartney dimostra costantemente di non accontentarsi di relegare il basso al ruolo di mero collante ritmico/armonico ragionando per toniche (non dimentichiamo che la maggior parte del tempo era impegnato a cantare mentre suonava), ricercando invece in ogni occasione la soluzione più votata all’arricchimento della struttura.

Che questo avvenga seguendo un riff di chitarra (ma è nato prima l’uovo o prima la gallina?) oppure un’idea indipendente e complementare all’armonia, poco cambia: nelle canzoni dei Beatles il basso risulta spesso e volentieri decisamente cantabile.
Il tutto senza ridurre minimamente l’apporto ritmico dello strumento, rafforzato con sapienza dall’efficace utilizzo delle pause e che gode della peculiarità di un suono distintivo e apprezzabile.

Paul McCartney e il suono del basso

Già, il suono. Bassista da plettro (anche se non disdegna l’utilizzo delle dita), Paul McCartney viene riconosciuto anche per il suo timbro rotondo e definito: una buona parte del merito va all’utilizzo di corde flatwound, montate sia sugli Hofner utilizzati nei primi anni dei Beatles che sui Rickenbacker 4001 che hanno caratterizzato le produzioni più recenti dei Fab Four.

Negli anni da solista McCartney rivolgerà la sua attenzione verso altri bassi, in particolare i consistenti Wal, per fare comunque ritorno al Violin Bass che tanto lo aveva influenzato agli inizi della sua carriera musicale.
Per quanto riguarda l’amplificazione, nel periodo Beatles saranno Vox e successivamente Fender a distinguersi nel rig dell’artista, che nel tempo sperimenterà comunque parecchio con modelli più di nicchia come Pignose e Selmer, oltre ai più quotati Ashdown e Marshall, finendo più recentemente a dare preferenza ai sistemi Mesa Boogie.

Paul McCartney è un grande bassista?

La mia risposta non può che essere un sonoro . E non si tratta di una preferenza reverenziale dovuta allo spessore di Paul McCartney come musicista: al contrario, è anche l’aver dimostrato di sapersi spendere come bassista abile e creativo a rafforzare l’immenso valore generale dell’artista.

Credo che il motivo per cui il nome di Paul McCartney non risuoni forte come dovrebbe nel mondo del basso elettrico sia proprio la sua fama di musicista trasversale, che ai puristi potrebbe farlo apparire come “prestato al basso”.
A mio avviso, nulla di più sbagliato: nella produzione dei Beatles (senza contare quella da solista) c’è una grande quantità di materiale da studio per tutti coloro che si dedicano alle corde grosse; in questo articolo ho raccolto solo cinque esempi (in parte dettati anche da questioni di sentimento), ma l’invito è di approfondire ulteriormente perché gli spunti di crescita non mancano affatto.