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Kamasi Washington – The Epic

All'età di 13 anni, il piccolo Kamasi Washington sapeva già suonare la batteria, il piano e il clarinetto, ma una sera decise di mettere la ciliegina sulla torta infatuandosi del sassofono lasciato incustodito, sopra al pianoforte, dal padre; la leggenda narra che il ragazzino, pur non avendo mai toccato uno strument

All’età di 13 anni, il piccolo Kamasi Washington sapeva già suonare la batteria, il piano e il clarinetto, ma una sera decise di mettere la ciliegina sulla torta infatuandosi del sassofono lasciato incustodito, sopra al pianoforte, dal padre; la leggenda narra che il ragazzino, pur non avendo mai toccato uno strumento del genere prima di quella notte, cominciò immediatamente a suonare la canzone che aveva in testa in quel periodo, “Sleeping Dancer Sleep On” di Wayne Shorter. Nacque così una storia d’amore intensa, che finalmente, dopo ben 20 anni di gestazione, mette al mondo un maestoso primogenito battezzato, appropriatamente, The Epic. Nei due decenni che hanno separato quella fatidica sera dal debutto discografico, Kamasi ha costruito un curriculum imponente, che riassumiamo in una laurea in etnomusicologia conseguita all’UCLA e una lista infinita di collaborazioni in ambito jazz (McCoy Tyner, Freddie Hubbard, George Duke…), R&B (Raphael Saadiq, Chaka Khan…) e rap (tra le quali un tour con Snoop Dog e l’ottimo lavoro in uno dei dischi più acclamati dell’anno, To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar).Dopo questo glorioso cursus honorum, arrivato a 34 anni, Kamasi Washington decide di concedersi, dopo tante parti da cooprotagonista, le meritate luci della ribalta. In The Epic assistiamo all’apertura dell’enorme diga che conteneva l’immensità di cultura ed esperienze musicali accumulate dal sassofonista; si viene travolti dalla monumentalità dei 172 minuti di un concept album jazz, racchiuso in un triplo disco a cui hanno collaborato una sessantina di artisti, tra i The Next Step, la sua band di fiducia che vanta un’intelaiatura ritmica formata da due batteristi e due bassisti (compreso il fenomenale Stephen “Thundercat” Bruner), la cantante Patrice Quinn, 20 coristi e un’orchestra di 32 elementi. Nel sound del sassofonista losangelino ritroviamo il jazz di John Coltrane, Albert Ayler, McCoy Tyner e soprattutto Pharoah Sanders, oltre che l’immancabile influenza della più disparata black music (gospel, soul…). A ciò, aggiungiamo anche un pizzico di musica europea, a confermare la sua ampia e stratificata cultura, resa esplicita da una bella rilettura di Clair de lune di Claude Debussy. In una delle conferenze stampa di presentazione dell’album, Flying Lotus (che oltre ad aver pubblicato l’album per la sua etichetta, la Brainfeeder, ed essere una delle personalità più influenti della scena black americana, sarebbe anche il pronipote di John Coltrane) ha denunciato la staticità del jazz moderno (“I don’t want to hear “My Favorite Things” anymore…“) ed esaltato la capacità di unire “the past, present, the future nella musica di un Kamasi Washington che si sta imponendo come “a leader among artists“, un punto di riferimento. Ascoltando brani come “Change Of The Guard“, “Miss Understanding“, Re Run Home” o “The Magnificent Seven“, non si può che condividere il punto di vista di FlyLo. The Epic riesce a tenere fede al suo nome in ogni brano, rendendo il debutto di Kamasi Washington uno degli album Jazz più entusiasmanti e memorabili degli ultimi anni. Francesco CiceroGenere: jazz Tracklist: Volume 1: The Plan

  • “Change of the Guard”
  • “Askim”
  • “Isabelle”
  • “Final Thought”
  • “The Next Step”
  • “The Rhythm Changes”
  • Volume 2: The Glorious Tale

  • “Miss Understanding”
  • “Leroy and Lanisha”
  • “Re Run”
  • “Seven Prayers”
  • “Henrietta Our Hero”
  • “The Magnificent 7”
  • Volume 3: The Historic Repetition

  • “Re Run Home”
  • “Cherokee”
  • “Clair de Lune”
  • “Malcolm’s Theme”
  • “The Message”