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Borghese – L’educazione delle rockstar

È un disco decisamente orientato quello di Borghese e potrebbero essere troppi i punti d'analisi sbagliati, presi di petto su pregiudizi di prima lettura, infondati e poco considerevoli del lavoro in questione. "L'educazione delle rockstar" fa sicuramente destare il disinteresse di molti scettici e sospettosi con le s

È un disco decisamente orientato quello di Borghese e potrebbero essere troppi i punti d’analisi sbagliati, presi di petto su pregiudizi di prima lettura, infondati e poco considerevoli del lavoro in questione. “L’educazione delle rockstar” fa sicuramente destare il disinteresse di molti scettici e sospettosi con le sue tinte spesso ammiccanti e patinate, sostenute però da una base di solidi contenuti e tematiche d’attuale interesse comune. Non si può parlare di disco prettamente “rock”, allo stesso tempo non si può definire questo lavoro “semplicemente pop”, malgrado per alcune scelte sonore si avvicini molto più a quest’ultima tendenza piuttosto che alla prima. L’album è un raccoglitore di pensieri e racconti, un’immersione in una vita a metà tra il peso dell’ingiustizia di natura e la spensierata consapevolezza d’equilibrio generale che qualsiasi tipo d’oppressione mondana cela. Come si traduce tutto ciò in testi e musica? La parola che si sta cercando è “ironia”. Ironia pungente, sfacciata e ghignante. Ironia musicale, marcatamente spavalda nel combinare sonorità indie, pop, folk e rock con magistrale disinvoltura e decisa convinzione. Ironia di verbo, filo conduttore di ogni testo e forse anche verità prima dell’album, tutti e undici i brani ne sono imbevuti fino al midollo. L’ambiente musicale è spesso costellato d’ostentata indifferenza verso tematiche di rilievo e peso sociale condiviso, il tutto provocato da un diffuso atteggiamento di forzato interesse all’inutile particolare che starà sicuramente facendo rivoltare nella tomba Godard e Truffaut.
L’educazione delle rockstar” non ha la presunzione di disinteressarsi ma, anzi, vuole farsi ascoltare per comunicare e destare dal sonno. Comunica con il coinvolgimento e l’impegno Borghese, calcando decisa la mano su scelte artistico-musicali che possono anche o non piacere, ma sono comunque vie percorse in piena coscienza e senza doppia finalità. “L’educazione delle rockstar” non è assolutamente un disco modaiolo, in primis per quella sua tendenza a voler parlare di qualcosa che può disturbare il pensiero disinteressato, conseguentemente non è nemmeno un disco per grandi masse. Quello di Borghese è quindi un album per interessati, interessati all’ascolto, alla ricerca sotto la superficie e al permettere ad un disco d’intromettersi con buona dose d’idee senza restare un tappeto di mero sottofondo.
È inutile tentare di descrivere le tematiche di un album che va assorbito nel suo ascolto, ma  le parole del brano “Dio ha un profilo su Facebook” possono aiutare nel comprendere la stesura dell’intero lavoro: Voi giovani non avete palle oppure le avete in bocca, ma ho il sospetto che non basti. Voi giovani avete palle oppure le avete in bocca, ma sicuri che sian vostre?. Al buon contenuto del disco si sposano una produzione ed una performance indubbiamente degne di nota. Il disco è stato registrato e prodotto in maniera egregia presso i Touch Clay Studio da una nostra cara conoscenza, Giacomo Pasquali, responsabile anche delle tracce di chitarra. Le scelte sonore sono rotonde e avvolgenti, mai troppo ridondanti o troppo secche, in un giusto equilibrio tra un sound moderno con un occhio sempre teso al passato. Ogni elemento suona sempre al suo posto, senza disturbare gli intenti generali e senza sbilanciarsi mai troppo. Consigliato l’ascolto in cuffia.
Un disco dal sound convincente, prospettive e orizzonti ampi ed un contatto dis-umano tangibile. Una vera perla quindi? Sicuramente, con qualche piccola riserva e appunto. L’ironia su cui fonda il proprio spirito l’intero disco rappresenta una lama a doppio taglio molto affilata. Senza nulla togliere al contenuto ideologico condivisibile o meno, in alcuni spunti si rischia di sfociare dall’ironia nel “mero enigmismo”, privando di mordente e fondamento un messaggio o una provocazione che avrebbero potuto godere di maggior spinta. La re-interpretazione di “Bella ciao” è un esempio del pericolo corso, secondo chi scrive episodio più trascurabile del disco malgrado i grandissimi elogi raccolti dalla stampa di settore. Lungo le undici tracce non s’è mai raggiunto il punto di non ritorno ma indubbiamente ci sarà da prestare molta attenzione in occasioni discografiche future. Altro piccolo appunto chi scrive lo fa all’anonimato proposto da Borghese come contestazione alla società dell’immagine (cit. comunicato stampa ufficiale). Non me ne voglia Borghese, per cui nutro grande stima visto il lavoro in questione, ma proporre un messaggio e apporre il proprio nome in calce sarebbe forse suonato maggiormente come un atto di responsabilità verso i propri contenuti, atto che non avrebbe assolutamente intaccato lo spirito di contestazione del disco.

Non è cantautorato, guardiamocene bene dal definirlo tale, per la salvaguardia dell’artista in primis, Borghese è una vera sorpresa con dinamite allegata, grazie ad un album che suona davvero ispirato, feroce al punto giusto e più che convincente a livello sonoro.
Decisamente un ottimo esempio di realtà musicale italiana fuori dal canone comune. Verrebbe da dire “un disco da diffondere” ma non piacerebbe di certo al suo artefice. Quindi cercate di non ascoltarlo, rischiereste di pensare troppo. In bocca al lupo a Borghese, che la Bastiglia sia sempre un miraggio lontano.

Francesco Sicheri

Genere: Pop-Rock/Indie/Alternative

Lineup:
Borghese: voce, testi e musica.
Giacomo Pasquali: chitarre elettriche, acustiche e basso.
Angelo Violante: arrangiamenti, piano e synth.
Daniele “Verz” Domenicucci: batterie.