HomeStrumentiChitarra - Test & DemoBlack Kat TSC, hai mai voluto una channel strip a pedale?

Black Kat TSC, hai mai voluto una channel strip a pedale?

Un'idea originale per i musicisti che vogliono uscire dai soliti schemi.

Arriva un momento in cui un brand deve proporre un’idea fuori dagli schemi, per non saturare ulteriormente il mercato con prodotti che sembrano il “solito noto”.

È in questa direzione che Francesco Cremonese, aka Black Kat, ha sviluppato un nuovo pedale, nato per rispondere alle esigenze dei musicisti che si esibiscono in ogni tipo di contesto: dai palchi più organizzati alle situazioni più improvvisate.
L’idea è chiara: ottenere sempre un suono di qualità, indipendentemente dall’ambiente. Questa, dunque, è la sua soluzione.

Un’idea di base interessante

Il concetto alla base del pedale ruota attorno a tre funzioni principali: Saturazione, Compressione, Equalizzazione. In pratica, il dispositivo si comporta come una channel strip, ovvero un apparecchio tipicamente usato in studio (come il celebre SSL Alpha Channel).
Questo tipo di attrezzatura consente di trattare il segnale audio in ingresso in modo accurato e preciso, migliorandone la qualità e facilitandone l’uso in fase di mixaggio.

Tuttavia, a differenza delle channel strip tradizionali, il pedale di Black Kat è estremamente essenziale nei controlli. Dispone infatti di un solo potenziometro, il che potrebbe risultare poco intuitivo e user friendly. Non ci sono regolazioni dirette per il gain della saturazione, né per la ratio o la threshold del compressore, né controlli specifici per i filtri dell’equalizzatore.

Semplicità o limite?

Questo approccio minimalista è davvero un problema? Probabilmente no, dato che il pedale è pensato per essere semplice, compatto e in alcuni casi usato come always on: un dispositivo sempre attivo nella pedaliera.
Segue infatti la filosofia del KISS (non la band, ma il detto: Keep It Simple, Stupid), che spesso si rivela vincente.

Dal punto di vista tecnico, il segnale diretto viene messo in parallelo con quello processato dalla channel strip. Avanzando con il potenziometro, aumenta la percentuale di segnale trattato.
La saturazione cresce proporzionalmente al segnale inviato al circuito. Il compressore lavora secondo un principio ottico, con una soglia preimpostata per evitare eccessi di compressione.
L’equalizzatore, infine, serve a bilanciare il segnale, con un piccolo boost delle alte frequenze per compensare le perdite dovute alla compressione.

Costruzione ed estetica: solidità garantita

La struttura del pedale è robusta e resistente, capace di sopportare urti e cadute senza problemi.
Un aspetto forse discutibile è la mancanza di una label esplicativa sul potenziometro principale, che potrebbe rendere meno intuitivo il suo utilizzo.

Un punto a favore è la possibilità di personalizzare: la stampa 3D, infatti, consente di creare modelli unici e su misura, un vantaggio non da poco per chi cerca un’estetica in grado di distinguersi.

Resa sonora: un approccio graduale

Il pedale è plug & play, ma per apprezzarne appieno le potenzialità bisogna capire il funzionamento del sistema TSC, che opera in parallelo.
Ecco un esempio di test effettuato con la seguente configurazione:

  • Chitarra: Schecter Sunset Custom
  • Amp sim: IK Multimedia Tonex (profilo pulito della M Zero Overdrive)
  • Scheda audio: Arturia Audiofuse

Questo tipo di setup è per ricreare una delle casistiche più normali di oggi, ovvero un lettore di profili con un pedale nel front, cosa che può succedere in una situazione live di piccole/medie dimensioni o in home studio.

Vediamo che cosa succede in quattro “livelli” della messa in parallelo, andando sempre più in avanti fino al massimo del blend, ovvero facendo passare tutto il suono attraverso il TSC.

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Primo test – Calore e presenza

Il risultato che possiamo ottenere già portando il pedale a “3” è alquanto interessante, guadagnamo diversi decibel nello spettro che va dai 200 Hz fino a 5 kHz, questo grazie alla saturazione che riesce a essere abbastanza lineare, e cominciamo a percepire un inizio di compressione.

Secondo test – Soglia di clipping

Qui la saturazione fa arrivare senza troppi problemi il nostro “amplificatore” sul quel suono che ormai viene definito “breakup”; il maggiore volume che viene tirato fuori per via dell’aumento di segnale all’interno del circuito genera una maggiore saturazione, e si comincia a innescare il treble-booster per recuperare le alte frequenze perse durante la compressione.

Nessuno stravolgimento di sorta, in un modo o nell’altro il suono rimane distinguibile, possiamo definirlo “diversamente trasparente” poichè sta mantenendo intatto il carattere del profilo della Mzero, ma essenzialmente aggiunge piccoli tocchi da “studio” per avere un sound più “cooked”.

Terzo test – Quasi un overdrive

Qui la saturazione comincia a essere sempre più presente fino a sembrare quella di un “trasparent overdrive”; a livello di compressione non si notano particolari “squeeze” che possiamo reputare fastidiose.
Si inizia a notare come il pedale inizi a scolpire il suono in maniera decisamente meno soft, cosa del reso prevedibile essendo quasi a fine corsa, ma può essere utile nei casi in cui ricerca un sound molto più saturo, come a voler simulare l’uso di un banco “vecchio stile” con i preamplificatori messi a cannone.

Ultimo test – Saturazione estrema

Sinceramente trovo il fatto di usarlo al massimo più un’esagerazione che altro, viene tutto esasperato il maniera non dico inutilizzabile, ma non riesco a inquadrare un utilizzo utile se non una over-saturazione usabile in qualche genere di nicchia che molto probabilmente non ho tra le mie corde.

Il sound che ne viene fuori, è quello di un overdrive “medio” per quanto riguarda il gain, ma il treble booster rende il sound generale troppo tagliente, sicuramente arioso ma tendente alla… motosega, se capite cosa intendo, soprattutto con il pickup al ponte.

Per chi è pensato?

Il pedale di Black Kat può essere ideale per aggiungere calore analogico a sistemi digitali, ottenere un suono studio-oriented nel proprio home studio, migliorare la robustezza del segnale in contesti live, sia analogici che digitali.

Con un prezzo di circa 180 euro, rappresenta una soluzione di derivazione studio piuttosto unica nel panorama dei pedali. Tra i suoi concorrenti più diretti si può citare il JHS Colourbox v2, ma la specificità di questo pedale lo rende una scelta interessante per chi cerca una soluzione diversa e versatile.

Possiamo dire senza alcun tipo di remora che rientra in una scelta quasi “unica”, dato le pochissime presenze sul mercato di questo tipo di strumentazioni a pedale, da qui ovviamente la scelta sta all’ utente finale, ma direi che i casi di utilizzo messi in evidenza pocanzi siano abbastanza utili per dare un’idea su quali siani i vantaggi di questo tipo di pedale.

Per maggiori informazioni, visita il sito di Black Kat Devices.