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Alimentazione “Pedalini”

L'argomento è a nostro avviso interessante, poiché la conoscenza delle basi dell'elettronica è di grande aiuto in molte situazioni che si incontrano nella vita, non solo quando siamo alle prese coi pedalini.Purtroppo dare una spiegazione assieme esauriente e concisa è praticamente impossibile. Si può solo fornire

L’argomento è a nostro avviso interessante, poiché la conoscenza delle basi dell’elettronica è di grande aiuto in molte situazioni che si incontrano nella vita, non solo quando siamo alle prese coi pedalini.Purtroppo dare una spiegazione assieme esauriente e concisa è praticamente impossibile.
Si può solo fornire una serie di “dogmi” da seguire con religiosità, senza fornire alcuna giustificazione e senza la partecipazione attiva dell’interessato.
Ma l’esistenza stessa di queste FAQ è dovuta al mio tentativo di andare un passo oltre le stringate e sbrigative risposte dei newsgroup e di altri FAQ, nella speranza di trasmettere quelle quattro cognizioni che, a fatica, ho racimolato nel corso degli anni.
Prendiamo in mano la nostra batteria. Nei pedalini si usano quasi sempre quelle da 9 Volt (in seguito userò il simbolo V). Perché ho detto “batteria” anziché “pila”.
La pila è un “elemento” mentre una “batteria” è un insieme di pile.
Si possono mettere assieme più pile per ottenere più tensione o più corrente come vedremo in seguito.
Se aprissimo (non lo fate) una batteria da 9V troveremmo al suo interno sei pilette da 1,5 V. Questo valore ricorre molto spesso poiché è il voltaggio standard delle pile a zinco carbone. Oggi le pile vengono prodotte anche in altri modi (alcaline), ma si è rispettato il potenziale standard perché ormai gli apparati elettronici da alimentare si aspettano quella tensione. Gli accumulatori ricaricabili (nichel cadmio, nichel metal idrato, ioni di litio) hanno altre tensioni ma talvolta sono usabili al posto delle pile tradizionali. Gli accumulatori al piombo sono di uso assai raro in quanto pesanti.
9 V abbiamo detto, ma cosa significa?
Se tra due punti dello spazio si viene a formare un campo elettrico e questi punti sono a tensione diversa, si dice che tra essi c’è una differenza di potenziale.
Se colleghiamo un conduttore tra questi due punti ci sarà movimento di cariche tra i due “poli”, quindi passaggio di corrente elettrica.
Quanta corrente elettrica scorrerà? Dipende da tre fattori.

  • La tensione in gioco
  • La resistenza del conduttore
  • Il fattore “tempo”
  • Per il momento possiamo tralasciare il punto C se consideriamo quanto avviene in un intervallo di tempo breve dopo il collegamento dei poli.
    La corrente si può calcolare con facilità usando la legge di Ohm: V = R x I Dove V è la tensione [Volt, simbolo “V”], R è la resistenza [Ohm, simbolo “Omega”], I è la corrente [Ampere, simbolo “A”].
    Ad esempio collegando un “carico” di 100 Ohm alla nostra pila da 9 V scorreranno: I = V / R = 9 / 100 = 0,09 A = 90 milliAmpere (mA) Ok, ma il fattore tempo cosa c’entra? C’entra, c’entra (in elettronica tempo e temperatura centrano sempre…).
    Se lasciamo là il nostro circuito, prima o poi la pila si scaricherà e non circolerà più corrente.
    Se guardate un accumulatore (sulle pile in genere non lo scrivono), tipo la batteria della vostra auto, è riportato un valore in AmpereOra (Ah).
    L’Ah misura “energia” e non “corrente”. Una batteria d’auto da 50 Ah, può fornire, prima di scaricarsi, 50 A per un ora, oppure 25 A per due ore o, ancora, 100 A per mezz’ora.
    C’è un limite pratico alla corrente massima che si può ottenere da una batteria, oltre il quale questa risulta danneggiata per surriscaldamento, la cosiddetta “corrente di spunto o spicco”.
    Quando viene il tizio dell’Enel a leggervi i contatori, legge KiloWattOra (KWh) e non KiloWatt come comunemente sentite dire.
    Se attaccate un phon da 1000 W e vi asciugate i capelli quanta energia consumate?
    Dipende dal tempo. Dopo un’ora, avete indovinato, un KWh. (Se vi serve un’ora per asciugarvi i capelli è giunto il momento che ve li tagliate!)
    A questo punto posso già rispondere alla seconda delle due domande.
    No, non rovinate un apparato elettronico collegandolo a un alimentatore che può fornire più corrente di quanta ne sia necessaria.
    Perché abbiamo visto come la corrente che circolerà nel circuito dipende dalla tensione e dal carico. In altre parole, se la tensione è quella corretta, il nostro pedalino si prenderà la tensione che gli serve e niente di più.
    L’indicazione 10A che potremmo trovare sul nostro alimentatore si riferisce al massimo assorbimento in corrente che possiamo prelevare da esso senza che si danneggi.
    Se vogliamo proprio dirla tutta, solo le marche serie di alimentatori forniscono questo dato in tutta onestà.
    Se comprate alimentatori economici da 10 A e vi mettete a prelevare 10 A continui giorno e notte, credetemi, aspettatevi dei problemi…
    E’ meglio quindi essere generosi e, oltre a scegliere marche affermate, scegliere alimentatori di amperaggio eccedente il valore che abbiamo intenzione di utilizzare.
    Torniamo ora al nostro problema iniziale, batterie e pedalini.
    Può essere davvero scocciante ritrovarsi con le batterie scariche nel bel mezzo di un solo dal vivo. Prima di ogni concerto sarebbe bene usare batterie nuove e usare le vecchie solo in sala prove, ma la cosa può essere noiosa o dispendiosa.
    Inoltre nei pedalini hanno messo quella presa per l’alimentazione esterna. Ci sarà pure un motivo no?
    Perché i nostri pedalini siano accesi o funzionanti, la soluzione è semplice.
    Si leggono le specifiche di ciascun pedale, si sommano tutti i consumi e si collegano tutti a un alimentatore opportunamente dimensionato.
    Attenzione! Il voltaggio dei pedalini deve essere identico a quello dell’alimentatore, altrimenti li bruciate!
    Collegati come? In “parallelo”, cioè tutti i positivi dei pedali al positivo dell’alimentatore e tutti i negativi al negativo.
    Perché ho detto “accesi e funzionanti”? Perché la cosa non è sufficiente da sola a soddisfarci.
    Vediamo il perché.
    I pedalini per funzionare abbisognano di una tensione continua di tot V.
    Per esempio supponiamo che tutti in nostri pedali funzionino a 9 V.
    La tensione di 9 V fornita dalla batteria viene detta continua perché per un certo periodo piuttosto lungo (la durata utile della carica, vedete che il tempo torna sempre), la tensione è fissa a un valore stabile di 9 V.
    In realtà quando ci attaccate un carico la tensione si abbassa un po’ ma qui ci addentriamo in un campo rognoso ed è meglio sorvolare…
    La tensione di rete è invece alternata, con andamento sinusoidale e va da un valore massimo positivo a uno minimo negativo (uguale in valore assoluto).
    Il valore massimo non è di 220 V ma superiore. I 220 V sono il “valore efficace” ma, anche qui, la cosa vi basti.
    L’alimentatore invece preleva tensione alternata dalla rete, quindi 220V alternati e li trasforma in 9 V continui.
    Ma sono davvero continui?
    Per effettuare la trasformazione la tensione subisce quattro fasi principali: raddrizzatura, riduzione, stabilizzazione e filtratura.
    La raddrizzatura, realizzata in genere con 4 diodi, trasforma l’onda sinusoidale in un onda ancora variabile ma sempre positiva. Ci vorrebbe un disegno…
    La filtratura viene effettuata con grossi condensatori, che si caricano quando il picco di tensione è al massimo e, scaricandosi lentamente forniscono una tensione “circa costante”.
    La riduzione e la stabilizzazione avvengono in seguito ad opera di componenti elettronici, tipo un integrato 7809.
    Segue una seconda filtratura con condensatori.
    Ricapitolando:

  • Raddrizzatura -> tensione sempre positiva
  • Filtratura -> tensione a un valore “circa costante”
  • Riduzione -> porta la tensione a 9 V
  • Stabilizzazione -> fa in modo che la tensione si mantenga a 9 V indipendentemente dall’assorbimento di corrente (entro certi limiti)
  • Seconda filtratura -> riduce ulteriormente i disturbi
  • Se tutte la fasi sono state effettuate a regola d’arte possiamo stare tranquilli.
    In pratica si trovano in commercio molti alimentatori che non rispondono alle nostre esigenze.
    Sono mal filtrati e molti non sono neppure stabilizzati.
    Tutto questo si trasforma in rumore. Primo fra tutti quel fastidiosissimo ronzio a 50 Hz (frequenza di rete che, non ben filtrata arriva nel pedale e, dopo una lunghissima trafila, alle nostre orecchie).
    Secondo una mia teoria personale che espongo qui in anteprima mondiale il ronzio derivato dal “ripple” di alimentatori non ben filtrati è di 100 Hz.
    Aspetto conferme o smentite.
    Vale quindi la pena di aver speso tanti soldi in costosi humbucker e pickup “noiseless” per poi rovinare tutto con un “alimentatore universale” preso al supermercato?
    Concludendo, con le pile state tranquilli (credeteci o no, ci sono audiofili che alimentano i loro impianti hi-fi casalinghi con batterie di camion), oppure scegliete con attenzione il tipo di alimentatore pagando, se necessario, quel qualcosa in più.
    Esistono alimentatori stabilizzati a tensione variabile che potrete riutilizzare per altri scopi.