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Way back home, l’album d’esordio della Fabi’s Blues Band

La Fabi's Blues Band, dopo 4 mesi di intenso lavoro in studio di registrazione, ha finalmente pubblicato il suo primo album, intitolato Way Back Home. La band è nata nel 2014, come tante con lo scopo di proporre cover di grandi brani blues e rock/blues che hanno fatto la storia.Ma si sa, la scintilla creativa è sempr

La Fabi’s Blues Band, dopo 4 mesi di intenso lavoro in studio di registrazione, ha finalmente pubblicato il suo primo album, intitolato Way Back Home. La band è nata nel 2014, come tante con lo scopo di proporre cover di grandi brani blues e rock/blues che hanno fatto la storia.
Ma si sa, la scintilla creativa è sempre dietro l’angolo…

Un “ritorno a casa“, quindi, e per scoprire da dove e con quale bagaglio di esperienze ci rivolgiamo direttamente alla leader e chitarrista della band Fabiana Testa, che già conosciamo bene grazie alle sue belle rubriche didattiche proprio qui su MusicOff.

fabiana testa e la fabi's blues band

Fabiana Testa imbraccia la sua Schecter Custom Shop

Ciao Fabiana, finalmente eccoci qua a parlare del primo lavoro della Fabi’s Blues Band, lo attendevamo da tempo. Pubblicare un disco vuol dire in un certo senso “finalizzare” un’esperienza e aprire una nuova porta, in quanto segna comunque un confine da oltrepassare. Cosa hai raccolto dentro quest’album, cosa ti lascerai alle spalle e cosa ti porterai nel futuro?

La band ormai esiste da 3 anni e mezzo, abbiamo suonato moltissimo live e soprattutto ci sono stati cambi di formazione, siamo passati da quartetto a quintetto solo nell’ultimo anno e questo ha sicuramente accelerato un processo creativo che era già in atto. Quindi si può dire che in questo album c’è tutto quel percorso e richiama, a sua volta, il tema del viaggio.

Personalmente in questo disco ho messo tutta l’esperienza umana e di vita accumulate nell’ultimo decennio di attività professionale… e quando penso a questo mi viene sempre in mente il postulato di Lavoisier che può benissimo valere anche per la musica e non solo la fisica: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

Non so se mi lascio qualcosa alle spalle, non ci penso, ma certamente lo sguardo è rivolto a quello che di buono spero porti il disco e l’esperienza fatta sarà, come sempre, la compagna del prossimo viaggio personale, artistico o professionale (e le tre cose non le vedo mai separate).

Ovviamente non è solo un tuo disco, ma quello di una band, oramai affiatata. Cosa significa portare avanti un progetto originale per voi e state già pensando all’estero?

Portare avanti un progetto originale oggi è sinonimo di grande fatica. Noi siamo molto fortunati perchè possiamo, sia all’interno della band sia esternamente con i nostri collaboratori, avvalerci di persone seriamente proattive e soprattutto valide. Penso a tutte le persone che hanno lavorato con noi per questo disco, dal fonico al grafico: ognuno di loro è stato un valore aggiunto fondamentale per il progetto.
A tal proposito mi sento di menzionare Francesco Cardillo che ha co-prodotto il disco con noi ed è stato una guida insostituibile.

Molte band emergenti, soprattutto auto-prodotte com’è il nostro caso, non hanno la stessa fortuna. Per ora non stiamo pensando all’estero anche se ovviamente fa parte dei nostri obiettivi.

Way back home, l’album d’esordio della Fabi's Blues Band

Da sx: Sara Facciolo, Fabiana Testa, Damir Rapone, Daniele Raggi

Il lato “tecnico” è importante e da questo punto di vista abbiamo 2 domande, una sulla strumentazione che hai deciso di utilizzare, l’altra su chi ha curato la registrazione del disco stesso. Illuminaci sulle scelte!

Per quanto riguarda la strumentazione, io ho usato le mie due Schecter Custom Shop; il modello HSS per le ritmiche più aggressive ma anche, insospettabilmente, per la ritmica funky di Soul Jam. Mentre il modello SSS Masterworks è stato utilizzato quasi esclusivamente per tutte le mie parti soliste.

Daniele Raggi (seconda chitarra) ha usato una Fender Telecaster Custom Shop, una vecchia Strato Greco, una PRS McCarty e una Gibson ES335 Custom Shop.

Per le acustiche di Wheels io ho usato la mia Taylor 614e, mentre Daniele una mia vecchia Martin Custom.

Per gli ampli invece abbiamo utilizzato esclusivamente Mesa Boogie: una testatina Express 5:25 Plus su una 4×12 Mesa linkata ad un’altra 1×12 sempre Mesa, entrambi i cabinet opportunamente microfonati, a seconda delle esigenze sonore, con un Royer 121, un Neumann U87, un SM57 e un AKG414.
La Express è stata usata sia sui distorti che sui crunch, gli abbiamo affiancato un overdrive Bogner Wessex su alcuni lead. Mentre per i clean abbiamo avuto il piacere di usare un Lonestar Special, ampli davvero meraviglioso.

Per quanto riguarda l’effettistica, tolto l’od Bogner e su un paio di brani il Keeley Compressor, abbiamo utilizzato il Big Sky e il Timeline della Strymon. In poche parole abbiamo utilizzato una strumentazione decisamente poco vintage e non canonica per il genere, ma il risultato sono sicura vi piacerà.

A curare il tutto c’è stato il nostro ormai vecchio amico, nonchè assoluta certezza in regia, Marco Mastrobuono del Kick Recording Studio, che si trova a Marino, due passi da Roma.

Tutti sanno che da tempo collaboriamo insieme a livello didattico e questo ci fa davvero molto piacere. Ti abbiamo visto crescere musicalmente e professionalmente negli ultimi 2 anni, con davvero molti cambiamenti. Un musicista oggi deve sapersi approcciare a molte realtà, come hai vissuto le tue esperienze e che consigli puoi dare a chi avrà intenzione di emergere?

Il piacere è ovviamente ricambiato! Ridendo e scherzando ormai sono passati 4 anni dal mio primissimo contributo didattico su MusicOff e vado molto fiera del lavoro che abbiamo fatto insieme.

La domanda che mi fai è molto complessa… Di nuovo, penso di essere stata una persona fortunata a poter fare certe esperienze professionali in giovanissima età e a suonare su palchi davvero importanti. Ma ogni tanto mi guardo indietro e devo riconoscere che quella “fortuna” l’ho creata io mettendomi sempre in gioco e non avendo mai paura di suonare in tante situazioni diverse.

A volte anche dicendomi, e lo faccio ancora, “Questa cosa la posso fare meglio. Mi rimetto a studiare“. 

Oggi si ha la tendenza a catalogare ogni cosa, soprattuttto i musicisti e non credo sia sempre un bene. Per me c’è sempre stata la musica fatta bene e quella fatta male, tant’è che nel disco ci sono più generi oltre il blues. Ai chitarristi mi sento di dire che più dei riconoscimenti esterni va ricercato il modo, se così vogliamo chiamarlo, di rinnovare sempre l’amore verso lo strumento; è solo quello il carburante necessario per ottenere tutto il resto.

A questo se aggiungiamo un pizzico di coscienza imprenditoriale come secondo ingrediente, in particolar modo oggi nell’era dei social network, si può ancora sperare di vivere di musica. C’è molta negatività a volte riguardo questo tema e credo sia più giusto dire che sì, è difficile emergere, ma rimboccarsi le maniche è l’unica reale possibilità.

Ultima domanda: nell’album ci sono alcuni omaggi importanti a grandi musicisti del passato, cosa ti ha portato a scegliere proprio quei brani?

Le cover contenute nel disco sono tre. Quella a cui sono più affezionata è sicuramente “May this be love” di Jimi Hendrix. Non si può scappare dalla pesantissima eredità di Jimi, ognuno di noi chitarristi elettrici è in qualche modo figlio suo. Lo scorso novembre ci venne chiesto di partecipare proprio ad un tributo a Jimi e, sapendo che le altre band avrebbero portato le solite “Little wing” ecc…, ho optato per il brano meno conosciuto, più psichedelico e allo stesso tempo più melodico della sua discografia.
Lo abbiamo ri-arrangiato in una chiave più intimista, con qualche rimando al pop ma anche al jazz.

Nel disco è il brano dei guest d’eccezione e soprattutto un bellissimo esempio di collaborazione fra tre chitarristi: io e Francesco Cardillo alle ritmiche ed il mio insegnante del GIT Ken Rosser nel solo finale. Mentre al basso fretless abbiamo avuto il piacere di avere Fabio Penna con Alessandro Inolti alla batteria.

Le altre due cover presenti – “The thrill is gone” & “Ain’t no sunshine” – sono nostre rivisitazioni che abbiamo suonato live sin dagli inizi e, dato che al pubblico sono sempre piaciute molto, abbiamo deciso di includerle. In “Ain’t no sunshine” abbiamo nuovamente ospitato Francesco Cardillo su una delle due chitarre lead e alla voce Laura Elle degli Elleborn (se non li conoscete, andate ad ascoltarli!).

way back home fabi's blues band

La copertina di Way Back Home

Ascolta Way Back Home in streaming:

Fabi’s Blues Band lineup:

  • Sara Facciolo (voce)
  • Fabiana Testa (chitarra)
  • Daniele Raggi (chitarra)
  • Damir Rapone (basso)
  • Danesh Chillura (batteria)

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