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Quando la libertà cammina su sei corde

Non mi stancherò mai di ripetere questo ritornello: se ci sono creatività, gusto e abilità, un solo strumento può essere più che sufficiente per emozionare.

Il nuovo “case study” di questa mia asserzione è un validissimo disco realizzato da un artista solista con il solo ausilio del metallo e del nylon delle sue chitarre, messi al servizio di una profonda ispirazione creativa.

Conosciamo l’autore

Bruno Aloise è un chitarrista, compositore e docente che ha consolidato il proprio percorso a sei corde nella natia Calabria, dove ha conseguito il diploma in Chitarra Classica, seguito da quello di Secondo livello in Didattica della Musica per l’insegnamento dello Strumento Musicale Chitarra, entrambi presso il Conservatorio di musica “S. Giacomantonio” di Cosenza.
L’artista ha lasciato però spazio anche al perfezionamento in ambito Jazz e su Improvvisazione e Armonia Funzionale, seguito in questo percorso dall’apprezzato chitarrista Pietro Condorelli.

Alla corposa esperienza didattica ha affiancato un’importante attività di musicista in studio e dal vivo, con numerose partecipazioni a festival di riferimento nazionali e non.
Salta all’occhio la collaborazione con la divina Antonella Ruggiero, nell’ambito di un progetto dedicato al Sud America e alla figura di Pablo Neruda, che lo ha visto impegnato sul terreno dei principali generi musicali latino-americani.



La “Libertà” secondo Bruno Aloise

Si intitola Libertad il disco dell’artista del quale abbiamo appena conosciuto in parte il percorso musicale. Come anticipato in apertura, Bruno ha realizzato l’album avvalendosi del solo contributo di due chitarre: l’affascinante e particolare Godin Multiac Grand Concert SA e la classica Takamine TH90.

Mai come in casi di questo genere si può quindi affermare che le fortune di un lavoro siano esclusivamente nelle mani dell’autore.
E ne merita di fortune, Libertad: anzitutto per il coraggio di pubblicare un long-playing di 13 tracce, nell’epoca delle uscite “mordi e fuggi”. Già questo dimostra che, quando un artista ha molto da dire, è giusto che metta a disposizione della propria ispirazione creativa il maggior spazio possibile.

La dedica di ciascuna delle prime undici canzoni a delle figure specifiche (dalla famiglia alla figlia, passando per il decano della chitarra classica Mario Gangi) la dice lunga sulla profondità dell’ispirazione messa in campo: spunti che trovano un toccante riscontro emotivo all’interno di ciascuno dei brani, sui quali non mi soffermerei come mere espressioni di genere, anche perché le influenze musicali che ne traggo spaziano in maniera trasversale lasciando piacevoli sentori piuttosto che confini definiti con decisione (e quindi tutt’altro che “liberi”).

Essere Liberi, per davvero

La dedica ai personaggi cari, il pensiero rivolto a chi non ce l’ha fatta nella lotta al Covid-19, la piacevole variabilità di sensazioni che si ricava dall’ascolto del disco, anche per merito di una performance competente e intensa: ci sono già diverse ragioni per considerare Libertad un album al quale dare almeno un paio di possibilità.

Aggiungo in conclusione un aspetto personale, non so quanto coerente con ciò che Bruno ha voluto esprimere nel suo bellissimo disco, ma che a mio avviso può essere un’ulteriore chiave di lettura in positivo.
Si fa spesso una certa confusione sul concetto di libertà. Per qualcuno questo significa “dire a tutti i costi quel che penso”: eppure sono convinto che, pur nell’importanza fondamentale del dare voce a coloro che meritano di essere ascoltati, le parole abbiano un peso e che questo peso non venga sempre gestito con saggezza.

Le note hanno un peso di tutt’altro tipo, ma non per questo meno importante per quella che oggi si può definire l’esperienza umana.
Dunque, quale migliore Libertà dell’esprimere quello che ci rende unici e valorosi come esseri umani, se non facendolo attraverso le note che possiamo ricavare da una chitarra?

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