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hi fi position

Come posizionare i diffusori in un impianto Hi Fi

In questo articolo si gettano le basi per avere una posizione di ascolto ottimale nel caso di un classico impianto Hi-Fi stereo.

Un testo, quindi, dedicato in particolar modo ai neofiti e proprio per questo scevro da quella dovizia di particolari – a volte utili, a volte solo caotici – di cui si interessano i cosiddetti “appassionati di fine tuning” (che in quanto tali già dovrebbero sapere tutto sull’argomento…).

La scena sonora, un ascolto a 3 dimensioni

È importante, anzi direi fondamentale, posizionare i diffusori in modo che venga ricreata quanto più accuratamente la cosiddetta scena sonora, cioé la ricostruzione il più tridimensionale possibile del palcoscenico dei musicisti, ripreso dal vivo oppure scelto artificiosamente per l’incisione.

Nota bene: personalmente sono contrario all’identificazione dell’alta fedeltà come l’esatta “ricostruzione dell’evento reale” per tutta una serie di motivi, sia tecnici che di pura esperienza umana, che rendono a mio modo di vedere utopico questo obiettivo anche con il miglior sistema Hi Fi al mondo, ma ognuno è libero di pensarla a suo modo. Per me si resta sempre e solo nell’ambito della “miglior riproduzione della specifica incisione”, nella quale rientrano comunque alcuni elementi di verosimiglianza.

Tornando a noi, non si tratta solo di ricreare l’ “effetto stereo”, ma di poter percepire le differenti altezze dei suoni e dei musicisti (una tromba e la cassa della batteria non saranno certo alla stessa altezza) e, cosa ancora più importante, la profondità, la distanza sul nostro asse dai musicisti e tra i musicisti stessi (questo soprattutto nell’ambito di una ripresa di un concerto dal vivo o di una live session in studio, ovviamente).
Tutto ciò va a ricreare quell’ambiente reale o virtuale in cui è immersa l’incisione ed è ciò che ci fa a nostra volta immergere nella musica a 360° (o quasi), altrimenti avremo una sensazione costantemente 2D, piatta, asettica.

Il problema è che molte persone, soprattutto nel mondo odierno dominato dagli auricolari, non conoscono la differenza e pensano che la sola visione bidimensionale dei piani sonori sia il modo normale in cui la musica viene ricreata da un sistema, fattore aggravato dai sempre più diffusi “compattoni” su cui si collegano smartphone e altri device.

Chiaramente nell’equazione la scelta dei diffusori, come ogni altra componente dell’impianto, è fondamentale, vuoi per caratteristiche tecniche di interfacciamento, vuoi per aspetti più banali come le dimensioni (del mobile e degli stessi speaker e loro numero e tipologia), che per ovvi motivi ne condizionano il posizionamento.
Aspetti banali come ho detto, ma spesso non presi in dovuta considerazione, per cui si va ad acquistare l’altoparlante dei sogni che però è assolutamente inadatto al nostro ambiente di ascolto…
Quindi state attenti e fatevi consigliare da un esperto. E soprattutto, ascoltatene diversi in negozio prima di scegliere.

Anche il volume di ascolto ha un ruolo fondamentale nell’ambito del suono “a tre dimensioni”, poiché non tutte le incisioni hanno lo stesso mastering e quindi non suonano allo stesso volume (possibilmente disattivate i deleteri sistemi di normalizzazione offerti dalle piattaforme di streaming o player software vari).
Il controllo volume deve essere concepito come un mezzo per raggiungere l’esatto “scalino” che dà “vita” alla musica, ve ne dovreste accorgere sensibilmente una volta raggiunto quel piccolo step di confine. Trovato quello, non bisognerebbe dare né più né meno volume, poiché da un lato si rischia di saturare la stanza (è con essa che si è trovato l’equilibrio), dall’altro di non percepire più la corretta tridimensionalità della musica, di non esserne avvolti/coinvolti.

Due premesse super-importanti:

  • purtroppo dimensioni e conformazione della stanza, arredi, simmetrie/asimmetrie, sono un fattore enorme di cui tener conto, e non ci si può improvvisare esperti di acustica ambientale, è un campo in cui bisogna studiare materie assai complicate
  • è chiaro che un sistema entry level fa quel che può nella ricostruzione della scena sonora e in questo non potrà mai competere con sistemi più costosi e meglio calibrati (sottolineo maggiormente quest’ultima qualità rispetto a quella esibita dallo scontrino…)

Ecco quindi le minime, basiche accortezze che tutti dovremmo avere se possediamo un sistema stereo a due diffusori.

Triangolazione

I diffusori e voi nella posizione di ascolto che avete scelto siete i vertici di un triangolo. Le casse devono essere alla stessa distanza da voi, che in pratica siete il terzo vertice esattamente in mezzo ad esse. Questo per un semplice motivo, cioé rispettare un adeguato bilanciamento tra i due canali destro e sinistro onde evitare problemi di fase che si ripercuotono sulla qualità dell’ascolto.

Solitamente si usa un triangolo perfettamente equilatero, ma si tratta di una regola sin troppo rigida visto che dipende dai diffusori nonché da svariati altri fattori.
A me ad esempio piace un triangolo un po’ isoscele, cioè la distanza tra i diffusori – la base del triangolo – è minore della distanza dal punto di ascolto – altezza del triangolo – con un rapporto solitamente di 1/1.5. Nel mio caso in questa maniera sento una maggiore coerenza sonora al centro della scena (attenzione, con i miei speaker e le mie orecchie, nel mio ambiente!).

Distanza tra i diffusori

Consiglio vivamente di non scendere sotto 1,5m. Perché andreste a compromettere molto l’immagine stereo.
Tendenzialmente, più li allargate, più si amplia la scena sonora (il palco sembra virtualmente più ampio), ma si perde coerenza al centro (voci meno nitide o troppo arretate, meno a fuoco).
Al contrario, avvicinandoli, si stringe la scena ma si guadagna coerenza sonora al centro, chiaramente se si esagera la scena collassa su se stessa e si ha l’impressione di musicisti sin troppo vicini (o, in incisioni più artificiose e particolari, non si viene più “abbracciati” da suoni ed eventuali effetti, pensate al rumore della persona che corre alla fine di “On the Run” dei Pink Floyd, tanto per citare un effetto stereo molto evidente).
Come in tante delle regolazioni che citiamo in questo articolo, è questione di equilibrio, quindi provate varie soluzioni e affinate l’orecchio a ciò che vi piace di più, senza esagerazioni.

Altezza dei diffusori

Qui non c’è grande spazio per le scelte personali, la regola generale dice di stare con le orecchie alla stessa altezza del tweeter. Quest’ultimo non deve essere molto più alto o più basso delle vostre orecchie. Chiaro, se si parla di un paio di centimetri fa niente, ma se iniziano ad essere di più, cercate di rimediare (sull’altezza dei diffusori o del punto di ascolto).

Non tutti i diffusori però sono uguali e alcuni potrebbero avere il proprio centro acustico non in corrispondenza del tweeter ma, solitamente, a metà tra il tweeter e l’altoparlante sottostante. Ci sono poi diffusori che addirittura non hanno il tweeter come primo speaker in alto, quindi in questi casi (anzi, in ogni caso!) è sempre bene leggere il manuale di istruzioni (io sono un grande sostenitore del cosiddetto RTFM, Read The F*****g Manual)

Alzate quelle casse, non avete le orecchie sulle ginocchia!

Angolazione dei diffusori (toe in)

Significa quanto i diffusori devono essere inclinati lateralmente in modo che gli altoparlanti puntino più o meno verso di voi.
Teoricamente, il costruttore li ha progettati affinché abbiano la risposta ideale se puntati verso l’ascoltatore.
Il punto è che raramente nei dati forniti viene indicata la “direttività” (o direzionalità se vogliamo usare un termine “microfonico”), cioé quanto un diffusore subisce un calo di alte frequenze nel momento in cui viene angolato fuori asse (off axis) rispetto a noi.
Alcuni diffusori sono molto direttivi, altri lo sono meno o anche molto meno.

Ci sono poi una miriade di altri fattori da considerare, a partire dalla stanza di ascolto e le sue riflessioni (motivo per cui il giusto toe in potrebbe anche risultare lievemente asimmetrico tra i due diffusori), ma anche riguardanti tutto ciò che pilota le casse, dalle sorgenti all’amplificazione, il cui connubio dà risposte sonore piuttosto variegate.

Venendo quindi alla pratica, potete usare due approcci:

  • iniziare con gli altoparlanti rivolti verso di voi e se sentite medio-alte troppo aggressive iniziare ad allargarli con minimi movimenti (uguali ovviamente) in modo che puntino più verso i vostri lati. Continuate così finché non si perde coerenza/presenza delle voci o altri strumenti al centro della scena. A quel punto fate un passetto indietro e trovate il giusto equilibrio
  • l’altro approccio è partire al contrario, con i diffusori paralleli e pian piano stringerli verso il centro, fino a trovare allo stesso modo la migliore coerenza sonora
  • last but not least, se la soluzione migliore doveste riscontrarla senza alcun toe in, cioé con le casse dritte ed esattamente parallele tra loro, non state necessariamente sbagliando qualcosa, può anzi voler dire che i vostri diffusori hanno un’ottima risposta fuori asse e in questo caso meglio così, aumenterete la profondità e la larghezza della scena sonora al massimo senza perdere coerenza al centro.

Esiste in realtà un terzo approccio, quello del toe in estremo, in modo che la linea dei diffusori si unisca davanti al vostro sguardo e non sulle orecchie. Alcuni usano questo metodo perché in casi molto particolari (non è una regola standard!) minimizza i problemi della stanza e allarga lo sweet spot della posizione di ascolto, che essendo arretrata non è più limitata strettamente a una specifica seduta (utile ad esempio quando si ascolta in più persone).

Consiglio prezioso: quando ascoltate chiudete gli occhi, il vostro cervello sarà in grado di identificare le fonti sonore molto, molto meglio (ci sono innumerevoli studi di psicoacustica a tale proposito). Fare penombra e/o chiudere gli occhi aiuta tantissimo la percezione della tridimensionalità della musica, così come eliminare qualsiasi rumore esterno e distrazioni (leggi: posa quel maledetto smartphone, NdR).

Near field o far field?

Cioé la distanza tra la posizione di ascolto (quindi voi stessi) e i diffusori.
Io consiglierei almeno un paio di metri, sempre per i motivi di ricostruzione corretta della scena. Ma qui entra davvero a gamba tesa l’acustica ambientale (prime riflessioni, risonanze, nodi e antinodi…), soprattutto quando aumentate le distanze.
Questo perché si va a toccare necessariamente il discorso della distanza dei diffusori dalle pareti (frontale, di fondo e laterali, nonché altezza del soffitto), della simmetria della stanza, dei materiali che la compongono, degli arredi, del tipo di pavimento… da uscirne pazzi.
Credetemi, tutte cose importantissime e assolutamente da prendere in considerazione, ma che non possono essere oggetto di discussione in questo articolo per due motivi: prima di tutto dovrebbe parlarne un esperto (e lo stesso dovrebbe venire a farvi le misurazioni in casa), seconda cosa si rischia sempre di dare delle indicazioni che più che chiarire i problemi… confondono ancora di più.

Cercate di evitare superfici troppo nude e riflettenti in giro per la stanza (soprattutto finestre e porte a vetri).
Se potete, non state troppo vicini alla parete alle vostre spalle (in caso contrario, fate in modo che non sia una parete nuda, una bella libreria o la collezione dei vostri dischi già può aiutare).
Cercate di abbassare il riverbero della stanza con l’uso di arredi (tappeto, tende, librerie….), senza però “attufare” troppo.

Qualcuno citerebbe anche la teoria della “regola dei terzi” di Henry Pearson… ottima iperbole che però risulta nella pratica irrealizzabile nel 90% delle normali situazioni casalinghe, quindi se non siete riusciti a guadagnare una stanza di casa adatta solo per l’Hi Fi e nient’altro, fate come tutti di necessità virtù.

Henry Pearson Rule of Third
Regola dei terzi, secondo cui una stanza rettangolare viene suddivisa in tre parti uguali sulle cui virtuali linee divisorie si trovano ascoltatore e diffusori

Torniamo quindi al near field o far field. Considerate che più rimpicciolite il triangolo e inclinate i diffusori verso di voi, meno l’ambiente sarà determinante (attenzione: questo non vuol dire che risolverete un problema di cui non avete ancora capito la causa!).
Però è chiaro che andate anche a “stringere” tutta una serie di qualità, lo “spazio” della musica. Dovete capire che near e far sono proprio due approcci diversi all’ascolto, il primo meno dimensionale e più analitico (più verso l’ascolto in cuffia per capirci, anche se viene mantenuta la diafonia), il secondo più immersivo e tridimensionale, magari anche un po’ smussato nei contorni (il che non vuol dire meno definito), meno aggressivo soprattutto sulle medio-alte frequenze.

Le basse frequenze a loro volta (e la nostra percezione di esse) saranno molto influenzate dalla nostra scelta, cercate di non perderne il controllo. È questione di equilibrio e di vostro gusto personale, nonché spesso di genere musicale che ascoltate prevalentemente.
Ma a proposito delle basse frequenze…

Distanza dalle pareti e un grande equivoco sul bass reflex

Tendenzialmente, è normale consigliare di mantenere una certa distanza sia dalla parete di fondo (dietro i diffusori) che da quelle laterali. Ora, bisogna ancora una volta puntualizzare che queste sono “regole” davvero sin troppo rigide, sicuramente meglio applicarle quando non si sa cosa fare, ma ancora meglio è leggere sul manuale cosa ci dice il produttore e poi sperimentare anche da soli.
Se è pur vero, ad esempio, che avvicinando il diffusore alla parete di fondo si ha un aumento della percezione delle basse frequenze, ciò non vuol dire necessariamente che se abbiamo un problema di “eccesso di basse” allora la soluzione sarà solo allontanare le casse dal muro.

Questo perché un eventuale problema di rimbombo/risonanza può essere causato da un comportamento delle onde sonore che nulla o solo in parte ha a che vedere con questo singolo accorgimento, per cui se l’obiettivo è avere un panorama di tutte le variabili in gioco servono sempre delle misurazioni molto precise che stabiliscano (tramite un apposito microfono, un software e qualcuno che sa interpretare i dati) dov’è davvero la natura del problema.
Qualche volta, sembra paradossale ma è così, può accadere che un particolare fastidio su un preciso range in bassa frequenza possa diventare più “controllato” avvicinandosi al muro che allontanandosi da esso.
Quindi, l’unico sistema è provare a piccoli step di distanziamento e trovare la posizione migliore (sentita dal nostro punto di ascolto).

Se non sapete da dove iniziare per fare i test di posizionamento, questo video mostra un metodo alla portata di tutti con il solo ausilio di carta, penna, metro e nastro carta.

Approfittiamo poi per chiarire un enorme equivoco sul bass reflex, cioé quella porta progettata dietro o davanti (o a volte sotto!) al diffusore e che è tarata sulle frequenze molto basse (sotto i 100Hz).
È credenza comune che se il bass reflex è dietro, non bisogna avvicinare troppo il diffusore al muro posteriore perché il reflex “spara i bassi verso il muro“.

Questa è un’assoluta mistificazione di come funzionano le onde sonore e la loro propagazione. Le basse frequenze si propagano più o meno uniformemente intorno al diffusore. Per capirci, immaginate che l’emissione delle basse formi una sfera e che il diffusore sia esattamente al centro di quella sfera.
Ebbene, in questo schema che il bass reflex sia davanti o dietro non cambia praticamente nulla, poiché le basse frequenze non sono direzionali. Ciò non vuol dire che la vicinanza alla parete posteriore non conta – se avete letto bene ciò che ho scritto prima!! – ma che il posizionamento del reflex è una variabile assolutamente minima dell’equazione.

Quindi, non date retta ai passaparola che da decenni sono diventati “dogmi”, perché la fisica audio dice cose molto diverse e il mondo funziona con le leggi della fisica.

L’immagine qui sopra (pur precisando che rappresenta il comportamento di uno specifico diffusore a colonna, ma può valere come esempio generale) vi mostra bene come cambi la direttività del suono spostandoci gradualmente dalle basse alle alte frequenze.

La riproduzione “olografica”

Ci sono tanti termini che usano gli audiofili incalliti, uno di questo è “olografico”. Come è intuibile ci si rifà all’ologramma, cioé quell’inganno perpetrato al nostro cervello per cui ricreiamo davanti a noi una realtà (virtuale) a tre dimensioni.
In effetti è un po’ quello che tutti i sistemi Hi Fi fanno sin dall’alba dei tempi, lo stesso stereo non è altro che un inganno nei confronti del nostro cervello, perché con una precisa diffusione del suono dà modo alla nostra materia grigia di ricreare una scena non monofonica, non solo centralizzata.
Esattamente come siamo abituati a considerare tutto ciò una cosa normale e quotidiana, dovremmo considerare normale anche il ricercare di ricreare le altre due dimensioni nello spazio.
Certo è che questo, anche per le premesse fatte sopra, è spesso ben più complicato.

Basta per adesso, ci sarebbe altro da dire, ma intanto potete iniziare a giocare parecchio con queste indicazioni di base. E divertirvi, perché lo scopo non è andare in paranoia e cercare l’audio perfetto, ma potersi divertire ancora di più ascoltando musica, immergendosi in essa.

Quel palco virtuale, lá dietro…

Un’ultima cosa prima di concludere, vi sembrerà strano, ma se tutto è settato correttamente dovreste avere l’impressione che il palcoscenico e i musicisti siano, chi più chi meno, “dietro” i diffusori…

Questo non allo stesso modo con tutte le incisioni e non nella totalità della scena sonora, poiché chiaramente alcuni suoni sono stati appositamente mixati per apparire ai vostri lati o per sorprendervi in qualche modo in punti precisi dello spazio con un certo “movimento” quasi come un effetto surround, basti pensare a dischi come Amused to Death di Roger Waters, agli album dei Pink Floyd o degli Alan Parsons Project, a particolarissime registrazioni come La Caverna Magica di Andreas Vollenweider e migliaia di altre opere.

Pur tuttavia ci deve essere una parte di suoni, solitamente quelli dei musicisti principali, che si materializza posteriormente ai diffusori, per spiegarlo immaginate questo (fonici all’ascolto tappatevi un attimo le orecchie, qui la semplificazione sarà molto forte): siete davanti ai musicisti e li state registrando con due microfoni puntati dritti verso il palco, un mic a destra e uno a sinistra rispetto a voi. Sull’asse della stanza ci sarete quindi voi, poi i microfoni e in fondo il palco con i musicisti.
Ora, finita la registrazione, immaginate di ruotare i microfoni verso di voi e che ora questi diventino magicamente delle casse.

Sull’asse suddetto ci dovreste essere sempre voi, le casse e in fondo i musicisti, che quindi sono “dietro” i diffusori (attenzione, dietro non vuol dire troppo distanti).

Questo effetto lo si ottiene con un buon posizionamento (e apparecchi più performanti), ma chiaramente anche con l’ambiente e la sua acustica. Ribadisco che sicuramente è più avvertibile con una registrazione live o un quartetto jazz, che con un’incisione molto più elaborata e/o compressa, artificiosa (senza accezione negativa).
In tal senso la sfida più difficile di tutte è sicuramente quella della grande orchestra, che con i suoi numerosi musicisti e gli spazi occupati ha una miriade di piani sonori da rispettare.

Infine, ricordatevi sempre che il produttore e/o fonico sceglie comunque spesso arbitrariamente dove simulare il punto di ascolto, che si tratti di un’orchestra o di un singolo pianista, per cui potreste trovarvi “tra il pubblico” ma anche “seduti al pianoforte”.
Ma questa è un’altra storia…

Nota del redattore: tutto questo scritto è per darvi un’esperienza totalizzante e precisa dell’ascolto musicale. Ciò non toglie che se un giorno volete alzare la musica e ballare in mutande per la stanza come Tom Cruise in un famoso film anni ’80, fatelo pure. Anche questo è emozionarsi con la musica…