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Spotify e gli artisti: tre punti su cui lavorare

Un tema caldissimo che continua a far discutere artisti e addetti ai lavori in tutto il mondo: e c'è chi si mobilita per cambiare alcune cose fondamentali.

Gli effetti catastrofici della pandemia non si contano, inutile puntualizzarlo oltre; così come sappiamo benissimo quanto gravemente questa nuova realtà stia influendo sul mercato della musica, come ad esempio quello dei concerti.
Ma ci sono risvolti ulteriori, legati in maniera niente affatto sottile a questi ultimi, che stanno ulteriormente agitando le acque nel mondo dei musicisti.

Guadagnare con la musica ai tempi del Covid-19

La pandemia da Coronavirus ha di fatto stroncato l’attività di musica dal vivo nella maggior parte del globo terrestre. La conseguenza più diretta in termini economici e professionali è, come detto, che live club e addetti ai lavori del settore stanno soffrendo gravi privazioni avendo di fatto ridotto la propria attività lavorativa in termini prossimi allo zero assoluto.

Ma secondariamente tutto questo sta avendo un impatto economico anche sugli stessi artisti, i quali in mancanza di concerti e tour si ritrovano a dover contare esclusivamente sugli introiti derivanti dalla pubblicazione della loro musica. E qui si arriva al punto dolente della questione…

Quanto paga Spotify?

Non mi dilungherò con cifre e statistiche (sulle quali chiunque può farsi un’idea approfondita consultando questo articolo): basti dire che diversi artisti dal bacino d’utenza estremamente ampio si ritrovano ad avere un ricavo dagli ascolti in streaming molto più basso delle aspettative.
Il motivo sarebbe da ricondurre all’importanza che Spotify occupa in tale settore e di conseguenza alla scarsa conversione economica degli ascolti maturati sulla piattaforma, pari in media (ma è una cifra variabile in base ad altri elementi) a 0,0038 dollari per stream.

Una valida ragione che sta spingendo diversi musicisti, anche dallo status insospettabile, a invocare l’acquisto del materiale in luogo della fruizione in streaming; tutto questo non dimenticando coloro che stanno correndo ai riparti monetizzando tramite la cessione dei diritti sul proprio catalogo, come nel discusso caso di David Crosby.

I tre punti di Justice at Spotify

Ma come detto c’è chi si sta mobilitando diversamente. È il caso della campagna Justice at Spotify, promossa dal sindacato di artisti americani Union of Musicians and Allied Workers, la quale giusto oggi si attiva con un evento di azione globale volto a sensibilizzare la necessità di modifiche sui rapporti che intercorrono tra il colosso dello streaming e gli artisti che vi pubblicano.

La protesta si articola in particolare su tre punti fondamentali:

  • Aumentare il costo per stream ad almeno 1 centesimo ciascuno, in modo da consentire agli artisti di poter generare un introito rispettabile e di dare quindi un valore maggiormente professionale alla loro presenza sulla piattaforma;
  • Trasparenza riguardo gli accordi stretti con le major discografiche, in modo che i termini di intesa siano fruibili da tutti (evitando così anche eventuali e poco corrette pratiche di promozione di certi stream in favore di altri), e prevedendo anche la pubblicazione nei crediti di tutti i professionisti coinvolti nelle fasi di produzione dei dischi;
  • Combattere per gli artisti e non contro gli artisti, anzitutto uscendo dalla logica della sovrapproduzione di contenuti, ma anche evitando di prendere posizione attivamente in situazioni legali che vanno contro i diritti degli artisti, come nel caso del ricorso contro l’incremento del 44% delle cosiddette mechanical songwriter royalty (stabilito nel 2018 dal sistema statunitense Copyright Royalty Board).

Le richieste sono dunque sul tavolo, esposte in maniera chiara e decisa e supportate in questa giornata da picchetti dimostrativi presso le sedi di Spotify in tutto il mondo.
Considerando che la situazione della musica dal vivo in presenza è ben lontana dal ritornare allo stato pre-Covid, è lecito pensare che questa iniziativa sia soltanto la prima della serie.
Staremo quindi a vedere quali saranno gli effetti, sperando che le parti coinvolte possano scendere a più miti consigli per il bene e la soddisfazione delle parti in causa, in particolare di quelle messe in difficoltà dallo scenario attuale.