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L’evoluzione del segnale della chitarra elettrica #2

Nella prima puntata di questo speciale dedicato a chi si affaccia al mondo della chitarra elettrica e desidera conoscere meglio il percorso del segnale del proprio strumento, nei suoi stadi fondamentali senza scendere in eccessivi tecnicismi, abbiamo analizzato come l'input proveniente dai pickup passi attraverso i cav

Nella prima puntata di questo speciale dedicato a chi si affaccia al mondo della chitarra elettrica e desidera conoscere meglio il percorso del segnale del proprio strumento, nei suoi stadi fondamentali senza scendere in eccessivi tecnicismi, abbiamo analizzato come l’input proveniente dai pickup passi attraverso i cavi ed arrivi all’amplificatore, in primis al suo stadio cosiddetto di “preamplificazione”; vediamo quindi adesso come il nostro segnale viene “potenziato” e incanalato attraverso tutti quei componenti che contribuiscono a plasmare il nostro tanto amato “tone”.I canali del preamplificatore Canali? Quali canali? Doveva essere una recensione sugli ampli, mica di televisioni! Scherzi a parte, quante volte abbiamo letto o sentito di ampli monocanale o a due o più canali? Il discorso è molto semplice ed è di origine storica. I primi amplificatori per distorcere ed ottenere delle ritmiche “rock” dovevano essere messi a volumi molto elevati, poiché proprio questa distorsione era data dalle valvole finali, di cui parleremo tra un attimo. Ben capite che, Hendrix a parte, fosse una metodologia poco pratica dal punto di vista funzionale. Così si pensò di delegare la distorsione alle valvole del preamplificatore (regolandosi con la manopola GAIN). Ebbene, un amplificatore monocanale sarà caratterizzato da un unico stadio di guadagno, che può essere molto o poco variabile a seconda del tipo: un Vox AC30 non suonerà come una Marshall Plexi o una Masotti M1, eppure sono tutte monocanale.
Significa che smanettando con la manopolina del gain, si potrà variare da un pulito cristallino ad un suono molto sporco, fino ad arrivare addirittura ad un vero e proprio distorto per gli amplificatori con saturazioni più spinte.

Un amplificatore multicanale permette di avere più stadi di guadagno, quindi permettere di “dividere i compiti” nel preamplificatore, riuscendo quindi ad avere in “scompartimenti separati” due o tre suoni differenti a seconda di quanti canali siano disponibili. Nel caso di ampli a tre canali vi saranno tre stadi di guadagno, identificati dalle diciture Clean, Crunch, Lead, variabili a seconda del produttore.
Con questa tecnologia è possibile passare da un Clean ad un Lead semplicemente premendo un bottone sull’ampli o sul più comodo footswitch, spesso (purtroppo) venduto a parte. Il Send & Return, questo sconosciuto… Il Send & Return, spesso abbreviato come S/R, è un particolare circuito dedicato a tutti quei tipi di effetti, solitamente digitali, che necessitano di un segnale già preamplificato per suonare bene.
Come dice anche il nome: il Send è l’uscita dal preamplificatore, il Return è l’entrata. È situato nel retro dello chassis e potrebbe essere dotato di una manopolina che dosa la quantità di segnale che deve essere tramesso per essere effettato (WET) e quella che invece rimarrà pura (DRY). Quindi il nostro segnale uscirà dal preamplificatore tramite il send, entrerà nell’INPUT dell’effetto, uscirà dal suo OUTPUT e ritornerà all’ampli tramite il RETURN. Per adesso basti questo, ulteriori approfondimenti sui collegamenti e sui metodi di utilizzo saranno trattati prossimamente.Dove il segnale si amplifica: Il finale di potenza Il finale di potenza, detto più semplicemente “finale” o power amp per gli inglesi, è l’ultimo stadio dell’amplificatore (per la sezione di equalizzazione cfr. articolo precedente). In questo settore il segnale in uscita dal preamp viene amplificato nel senso letterale del termine, viene cioè aumentata la sua potenza affinché ai coni, o “diffusori”, arrivi il segnale a un certo volume. Possiamo quindi dire, senza scendere in tecnicismi, che il volume finale vero e proprio è costruito nel finale di potenza.Anche il finale ovviamente influisce sul “voicing” del nostro suono; il segnale da qui esce lungo un apposito cavo, detto appunto cavo di potenza, ed entra finalmente nei nostri diffusori. Ulteriori dettagli sull’accoppiamento finale-cassa saranno spiegati più avanti.Transitor, valvole, digitale… Aiuto! Eccoci arrivati al grande dilemma che affligge tutti coloro che si apprestano ad acquistare un nuovo amplificatore. Sono state spese parole su parole, esempi su controesempi, i topics online non si contano ormai più e l’argomento è stato trattato in maniera amplissima… eppure ci sono ancora utenti e persone che pongono ancora la stesse domande.Cerchiamo di fare quindi chiarezza! Tutti gli amplificatori sono composti dalle stesse parti, sono cioè tutti composti da un preamplificatore e da un finale di potenza, ciò che cambia è la tecnologia. Esaminiamo le tipologie di prodotti che possiamo trovare nel negozio di musica vicino casa:Valvole – L’amplificatore potenzia il segnale grazie a dei circuiti a valvole nel preamp e nel finale. All’aspetto si presentano come delle “ampolle”, sono abbastanza ingombranti e ricordano delle lampadine. Sono considerate “l’Hi-Fi” dell’amplificazione per chitarra, anche se nella realtà è completamente il contrario!
Le valvole sono state i primi dispositivi di amplificazione in campo audio. Il loro grande difetto era che, alzando il volume oltre una certa soglia, saturavano. Sfido chiunque ad essere contento che il proprio lettore cd distorca una canzone! Eppure oggigiorno sono il sistema di amplificazione per chitarra più amato (ciò non toglie che ci siano anche sistemi Hi-Fi valvolari appositamente concepiti di tutto rispetto… e costo…). Dal punto di vista puramente tecnico le valvole sono “obsolete” e colorano il suono, cioè vi apportano un contributo dal punto di vista della “pasta” sonora che non preserva l’originalità e la genuinità del segnale proveniente esclusivamente dalla chitarra. Probabilmente l’amplificazione per strumenti elettrici è uno dei campi maggiori in cui queste sono ancora applicate.
In particolare i finali a valvole necessitano di un trasformatore d’uscita, un dispositivo che converte il segnale prima di inviarlo alle casse, ulteriore fonte di colorazione del suono. Un’accortezza da praticare agli ampli a valvole è di lasciarle scaldare prima di iniziare a suonare e lasciarle raffreddare prima di spostare l’ampli, poiché i filamenti delle valvole potrebbero danneggiarsi. Quante volte, studiando o facendo altro, spostando la lampada avete urtato qualcosa e vi si è fulminata la lampadina? Il principio è più o meno simile e, così come le lampadine si consumano e si cambiano, anche le valvole sono soggette ad usura e conseguente sostituzione.Transistor – Il preamp ed il finale sono interamente a transistor. Ma che cosa sono? Limitiamoci a dire che sono dei dispositivi semiconduttori che svolgono la stessa funzione delle valvole basandosi su un principio completamente diverso. Sono costituiti da materiale semiconduttore di piccole dimensioni, si presenta all’aspetto in forma di cilindretti.
La tecnologia a transistor è la gioia ed il dolore dell’amplificazione per chitarra. È gioia perché, sempre dal punto di vista puramente tecnico, rispettano fedelmente il segnale proveniente dalla chitarra, non arricchendolo e non colorandolo. È dolore perché proprio per le caratteristiche “Hi-Fi” si sposa male con le esigenze dei chitarristi più esigenti, risultando anonimo, “freddo” e con minore risposta dinamica rispetto alle valvole.
Hanno sicuramente bisogno di molte meno accortezze e costano molto meno rispetto agli amplificatori valvolari, generalmente è una tecnologia dedicata all’entry level.Ibridi – Uniscono un preamp valvolare, generalmente con una sola valvola, ed un finale a transistor. Anche in questo caso, di solito, i costi sono contenuti.Digitali – Nuova tipologia che si va sempre più affermando specialmente nell’entry-level, rubando un’ampia fetta ai full-transistor ed ibridi. Sono dotati di un’unità digitale che permette di emulare il suono di altri amplificatori, includere effetti, collegarli al pc ed altre funzioni utili per chi inizia a suonare o vuole avere un’amplificazione a costi abbordabili, facile e divertente da usare. I formati degli amplificatori Molto bene, abbiamo compreso da quali parti è composto un amplificatore e quali sono per grandi linee le tecnologie con cui sono costruiti ma… come si presenta? Sono commercializzati in tre formati: testata e cassa, combo e rack (modulare). Il formato testata + cassa è certamente il più famoso. Si compone di una testata, contenente il preamp ed il finale di potenza, e di una cassa, contenente i coni (diffusori acustici). Sono abbastanza pesanti e ingombranti, anche se da un po’ di anni a questa parte si stanno diffondendo testate dalle dimensioni e peso sempre più contenuti.
È possibile ovviamente variare la combinazione con la cassa per trovare la più adatta alle nostre esigenze.Il combo è invece un tutt’uno. Preamp e finale sono già inseriti nella cassa, sono il formato più portatile e il più acquistato da chi inizia a suonare per la prima volta.Il rack è il formato più complesso e costoso. Esso è un formato modulare, dove ogni elemento dell’amplificatore è a sé. È il massimo della personalizzazione a livello sonoro, poiché permette di intercambiare preamp, finali e cassa al fine di creare le più disparate combinazioni. Ma anche il sistema più difficile da gestire, ci vuole pazienza e cura di ogni minimo componente.La domanda fatidica: qual è il migliore? Questa è la domanda da un milione di dollari, specialmente se si è all’inizio della “carriera” e le idee sono poche ma ben confuse, quindi se siete prossimi all’acquisto di un amplificatore e/o semplicemente siete arrivati a leggere fin qui senza annoiarvi vi esorto ad avere un altro pochino di pazienza!
Non esiste un amplificatore migliore di un altro in senso stretto, bisogna sempre fare un bilancio tra le proprie esigenze e possibilità economiche, al fine di acquistare un prodotto quanto più soddisfacente e duraturo possibile o comunque un buon compromesso in vista di un’ulteriore upgrade in futuro. Ad esempio, i combo saranno molto più trasportabili di un rack o di un testata e cassa. Di contro, gli altri due possono essere collegati a casse 4×12″ ottenendo più pressione sonora e l’intercambiabilità delle stesse. Si potrebbe scrivere un intero trattato ed uscirne con un pugno di mosche, poiché è sempre un discorso da adattare caso per caso. Il consiglio, quindi, è sempre lo stesso: valutare la disponibilità economica, scegliere il formato e… provare, provare e provare! Grazie per l’attenzione! Alberto “zell” Pagano
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