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Chitarre vintage, qualcuno ricorda il catalogo Bagnini?

La Bagnini era una azienda di Roma fondata dal commendatore Alberto Bagnini. La ditta era ben nota a tutti gli italiani per i suoi cataloghi per corrispondenza che entravano in tutte le case.

Vendevano orologi, macchine fotografiche, proiettori e non mancavano le fisarmoniche. Ovviamente era prevista la rateizzazione in 24 comode rate senza anticipo, spedizione ovunque. Per chi viveva a Roma, la Bagnini aveva una sede centrale in Piazza di Spagna e una succursale all’Esquilino.
Molti articoli erano avevano il marchio  Ariston registrato nel 1943 e destinato a televisori, radio, fonografi e strumenti musicali di ogni specie.

Da fisarmoniche a chitarre, il mondo che cambia

La mania della chitarra elettrica in Italia scoppia alla fine degli anni 50 con l’affermarsi di un nuovo genere musicale importato dagli Stati Uniti: il Rock’n’Roll.
La crescita del mercato delle chitarre fu esponenziale, il 24 giugno del 1965 arrivano i Beatles in Italia: è il boom, tutti vogliono una chitarra elettrica. La fisarmonica diventa di colpo obsoleta.
Con il cambiamento di gusti la riconversione dell’industria della fisarmonica in quella della chitarra elettrica fu obbligatoria e fu così che la quasi totalità degli strumenti elettrici italiani degli anni 60 erano prodotti nelle Marche.

Bagnini dovette correre ai ripari e sostituire le fisarmoniche in catalogo con delle scintillanti chitarre elettriche e per farlo si rivolse ai costruttori di Recanati e Castelfidardo, il così detto Distretto degli Strumenti Musicali famoso in tutto il mondo.

I Beatles sullo sfondo del Duomo di Milano

Il catalogo Bagnini ha un curioso sistema di denominazione dei modelli che oggi fa impazzire i collezionisti. Ogni variante, anche il semplice numero di pickup, prende un nome di donna diverso. Paola, Marta, Valentina, Lucina, Fiorenza, Roberta, Cristibna, Aurelia, Amalia, Albiana, Emilia, Lora, Raffaella, Alessia, Diana, Giuditta, Fausta, Monica… un incubo!

Bartolini

All’inizio gli strumenti furono commissionati al commendatore Paolo Soprani che non riuscendo a far fronte alla richiesta organizzò un incontro tra l’allora direttore generale della Bagnini, il signor Ottaviani, e Alvaro Bartolini uno dei primi produttori di fisarmoniche che si erano convertiti alla chitarra elettrica.

Con il beneplacito di Soprani, la Bartolini iniziò a produrre chitarre col marchio Ariston. 

soprani
Soprani
bartolini baronet
La Baronet

Rex e Kroma

Nel 1966 si preferì abbassare la qualità e i costi delle chitarre e ci si rivolse a un fornitore di fisarmoniche: Ugo Beccacece di Recanati titolare del marchio REX. Produsse chitarre marchiate oltre che Ariston per la ditta Bagnini di Roma, anche per la Kary di Milano.
Se vedete il logo Rex sulla placca dell’attacco del manico siete sicuri che è una Ariston di Beccacece.   

Un altro fornitore si affiancò a Beccacece: la Kroma di Sirolo, una fabbrica di fisarmoniche fondata nel 1963 da Domenico Dubini.   Produssero strumenti di fatto uguali a quelli della Rex.

Di tutti i modelli Rex e Kroma il mio preferisto resta la Flaminia, una mostruosa dodici corde dai corni pronunciati che sembra un bisonte inferocito.
Emanuela faceva il verso alle Vox con il suo corpo a pentagono sghembo, più tradizionali Fausta e Giuditta

Welson

Per complicarci la vita, altre chitarre ancora erano fatte dalla Welson uno dei marchi di Orlando Quagliardi, fondatore nel 1921, con il fratello Adriano, dell’azienda «La Moderna» a Castelfidardo, che poi con l’ingresso dei figli diventò la Orlando Quagliardi e Figli.

La Welson produceva anche per la tedesca Dynacord e la statunitense Wurlitzer.  Riforniva Bagnini di due modelli semiacustici, uno a cassa alta e con una sola spalla mancante chiamato Marta o Cristina.
L’altro, Amalia, era la tipica copia della Gibson 335. Su entrambi i modelli venivano montati pickup più economici di quelli che troviamo sulle Welson e veniva modificata la forma della paletta.  

Polverini

Ma non è finita qui, Bagnini per completare il suo catalogo si rivolse anche ai Polverini Brothers, azienda dei fratelli Giuseppe, Elio, Alberto e Gino Polverini. Sono loro i modelli a imitazione delle Gibson e probabilmente gli strumenti acustici.

Nel 1985 la società si scioglierà dando vita alla G.I.S. di Ivo Polverini di cui vediamo i cataloghi con gli stessi modelli forniti alla Bagnini. Furono evidentemente aggiunti successivamente al resto della gamma: si chiamano tutti Star distinguendosi tra di loro solo grazie a un codice numerico da 020 a 023. Follie d’altri tempi…

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