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Artesound GiveMe5, pochi watt ma tante soddisfazioni

Un detto popolare recita che nella botte piccola vi è di solito il vino buono, anche con un amplificatore può essere lo stesso?

Un detto popolare recita che nella botte piccola vi è di solito il vino buono, anche con un amplificatore può essere lo stesso?

Uno dei territori battuti nel mondo dell’amplificazione è quello dei wattaggi bassi, ma anche quello che, in maniera molto ironica, definisco dei “wattaggi infimi”, perché molto spesso un numero di watt davvero molto basso è spesso associato a un amplificatore in stile bundle per principianti e dal suono “opinabile”.

Il mercato è pieno zeppo di tantissime piccole perle da pochi watt che però hanno suoni estremamenti convincenti, possono dare ottimi risultati con una spesa molto spesso estremamente contenuta, come nel caso della mini-testata GiveMe5 di Artesound, che oltre a mettere in gioco una dotazione sostanziosa per un 5 watt, nasconde un asso nella manica…

La GiveMe5 viene costruita totalmente a mano da Romano De Carlo, fondatore del marchio Artesound, con l’idea di voler creare un amplificatore piccolino ed economicamente accessibile per un prodotto che comunque rispetta il concetto di handmade e che deve seguire una serie di test prima di arrivare all’utilizzatore finale, con annesse ore e ore di lavoro dietro la sua realizzazione.

Artesound GiveMe5

In un mercato dove molto spesso questo tipo di amplificatori rimane relegato a una plancia controlli che comprende il volume e il tono, questa testata amplia in maniera esponenziale l’offerta timbrica, dando una sezione di EQ a tre bande completa, un potenziometro per il gain e un master volume, più un ulteriore switch a tre vie per dare un preciso taglio al nostro suono:

  • Posizione switch in alto – Vintage Style, taglia le basse e da più spazio alla sezione delle medie e medio alte frequenze, per certi versi è il taglio di equalizzazione che si avvicina di più al sound delle Marshall, che strizza l’occhio (ovviamente direi) al sound rock anni ’60 e ’70.
  • Posizione centrale – Nessun taglio di equalizzazione, un suono flat, dritto dalla fonte
  • Posizione in basso – Possiamo definirla la posizione più moderna delle tre, si nota una spinta di volume maggiore e una presenza di basse e di alte notevole rispetto alla posizione centrale, questo permette di spingere la testata verso i generi più cattivi fino all’heavy metal degli anni ’80. Certo, non ha la stessa potenza di un quartetto di valvole di una 100 watt, ma è notevole il fatto che riesca ad arrivarci senza “impastare”.

Sul retro della testata, invece, oltre all’uscita a 8 Ohm, ci sono due ulteriori potenziometri, di cui uno regola l’uscita della DI, mentre il secondo è un pot a sei posizioni che permette di avere cinque simulazioni analogiche e una (la prima) totalmente senza filtri, per poter collegare un qualsiasi IR Loader.

Per chi è amante delle testate dal mood vintage, questo amplificatore racchiude tutto lo stretto necessario per poter ottenere un sound più che convincente anche senza alcun pedale overdrive.
Per quanto riguarda la parte sonora, il discorso va comunque scisso in due parti, l’utilizzo della testata attraverso una cassa e attraverso le simulazioni.

Il timbro di fondo della testata è molto inglese, ho fatto fatica a trovare un’associazione diretta, ma diciamo che l’impronta a cui potrebbe assomigliare di più è quella del Vox, ma quello progettato da Tony Bruno, storico costruttore di amplificatori che lavorò in Vox durante gli anni ’90 e successivamente firmando una sua serie sempre per il marchio britannico.

Artesound GiveMe5

Come molti amplificatori di alto livello, sono estremamente sensibili alla dinamica sia del musicista che dello strumento, infatti il punto dove la testata comincia a crunchare dovrebbe essere intorno al 6 di volume, ma per chi ha il tocco di una piuma come il sottoscritto, potrebbe essere necessario dare un po’ di volume in più.

Giocando con la manopola del gain è possibile arrivare a un suono overdrive molto classico ma non estremo, il sound che si ottiene strizza l’occhio al sound del classic rock e del blues rock degli anni ’60 e ’70, si riesce a spingere verso qualcosa di più moderno e spinto aggiungendo ad esempio un pedale come il Rat e impostando la leva del taglio dell’equalizzazione verso il basso.

Le diverse simulazioni analogiche tendono a ricreare il comportamento del cono attraverso una serie di filtri, in base al gusto del chitarrista si ottengono sfumature molto vicine ai coni Celestion storici, ho trovato io stesso un settaggio che mi ha permesso di avere un comportamento simile al Greenback e un altro ancora a quello del V30 (che ho provato anche con il simulatore analogico del Torpedo Captor per una comparazione e quello del Captor suonava leggermente più aperto per un motivo che ti spiegherò a breve).

Il sound generale delle simulazioni per alcuni, me compreso, potrebbe sembrare leggermente scuro, il motivo è nella scelta dei filtri per tenere a bada le altissime frequenze, che in distorsione (soprattutto se siamo a livelli abbondanti) se ci siamo collegati a dei monitor (da palco o da studio) possono risultare decisamente troppo frizzanti e magari fastidiosi.

Utilizzando una vera cassa le regole del gioco cambiano e per quanto sia divertente attaccarlo a una 4×12″, diciamo che il suo concetto di portabilità in tal caso se ne va per la tangente.

Ma se la si collega a una 2×12″ le soddisfazioni arrivano e sono anche tante, una buona accoppiata di coni fa una differenza notevole, l’abbiamo provata su:

  • Greenback
  • Creamback
  • Blue Alnico
  • V30 
  • Fane

I migliori risultati sono avvenuti con il Greenback e il Creamback (anche se le medie vanno tenute a bada in alcuni frangenti) che ti danno quell’impronta di sound inglese molto netta e riconoscibile.

Con i V30 mi prendo il beneficio del dubbio perchè l’attuale produzione dei V30 non incontra il mio gusto personale, fanno la loro figura, ma il divario rispetto a quelli della serie precedente non è facile da appianare (ma mettiamo in conto anche rodaggio e gli anni sulle spalle).

Artesound GiveMe5

Come pedali abbiamo accoppiato:

  • Un Ibanez Tubescreamer (TS9)
  • Un LAA Custom PhilX
  • Un Formula B Rat Race

Per quanto riguarda gli ambienti, mi sono affidato all’Eventide Timefactor, quasi esclusivamente in modalità Tape echo.

Possiamo definire la Giveme5 una testatina da rocker senza fare troppo giri di parole, trova il suo spazio nel mondo del rock degli anni ’60 e ’70 e con i dovuti accorgimenti di equalizzazione (tramite lo switch di taglio, settato verso il basso) è possibile spingersi anche verso qualcosa di più moderno.
Il finale in single ended con l’utilizzo di un distorsore permette di avere la spinta necessaria per generi più aggressivi.

Trovo più saggio abbinare questa testata a dei pedali con poche medie, altrimenti si rischia di dover intervenire pesantemente sull’equalizzazione generale dell’amplificatore (settandola a V), che non è un problema se si dovesse suonare solo con il distorto, ma rischia di farla risultare estremamente “vuota” quando si ritorna al suono pulito.
Un abbinamento probabilmente molto più adatto è quello con l’immortale Boss Blues Driver, che avendo più basse e più alte si abbina molto meglio di un Tubescreamer per questo amplificatore, dando un crunch molto equilibrato e non acido.

Piuttosto che però usare un distorsore nel metodo “classico”, sarebbe meglio usarlo banalmente come booster per meglio apprezzare la timbrica di questa testata dal carattere ben definito.

Con il Timefactor ho dovuto dare una leggera regolazione al sound generale, essendo il suo tape echo leggermente frizzante come timbro, ma ha digerito bene anche i convertitori di un pedale digitale (seppur di alta gamma ma comunque con i suoi anni alle spalle).

Prezzo di vendita di 750 euro, che è facile associare a un prezzo medio per una serie di ovvie ragioni:

  • Costruzione Handmade
  • Trasformatore di linea con simulazioni analogiche
  • Equalizzazione completa
  • Master Volume

Per quanto possano sembrare banali alcune di queste motivazioni, nel mercato degli amplificatori piccoli (5 e 10 watt per intenderci) le possibilità sono spesso ai minimi termini, con plance comandi che sono spesso relegate un volume e un tono. I prezzi, inoltre, sono spesso superiori.

A questa cifra hai una testata completa a tutti gli effetti, hai la possibilità di equalizzare, hai lo switch per il taglio di frequenze, puoi usare il gain che preferisci a un volume limitato (vicinato ringrazia) con una qualità sonora di alto profilo.

Si potrebbe avere da ridire sulla mancanza di un riverbero e di una mandata effetti, la prima la si può ovviare ad esempio con un TC Electronics Hall of Fame, mentre per la seconda, probabilmente si snaturerebbe la natura vintage oriented dell’amplificatore, d’altro canto anche molti brand storici sui loro amplificatori non inseriscono la mandata effetti, anche su quelli di alta fascia.
Se si scelgono determinati tipi di amplificatori questa cosa la si accetta senza colpo ferire.

Per maggiori info collegati ora al sito Artesound.