Molto spesso siamo abituati a parlare di chitarre dal design conosciuto, cosa che ha portato più di una volta a utilizzare terminologie come “Superstrat” o “LP-Style”, ma è sempre bene parlare di quando una scelta di forme va in direzioni diversi rispetto a quello a cui il mercato ci ha abituati.
Oggi parliamo di una chitarra molto particolare, che reputo tale dato che questo strumento non solo viene costruito nella mia stessa nazione, ma addirittura nel mio stesso paese della Campania.
La Lodato Corpus Jam è una chitarra costruita totalmente a mano da Pasquale Lodato, senza utilizzo di strumentazione computerizzata. L’intero processo di progettazione e costruzione è molto personale per via di molte scelte, come quella della verniciatura a olio, che il liutaio ha deciso di portare non solo su questo strumento ma anche su tutta la sua produzione.
Come vedete dalle foto, poi, davvero “fuori dal coro” sono la forma del corpo e la mancanza della paletta.
La scheda tecnica inizia a darci un’idea di che tipo di strumento abbiamo tra le mani:
- Corpo in Mogano
- Top in Oak Spalted
- Truss Rod doppia azione con barre rinforzo fibra carbonio
- Manico sit in Mogano
- Tastiera Pau Ferro 24 tasti
- Ponte Headless NOVA in alluminio e sellette in ottone
- Tasti Sintom Jumbo Extra Hard
- Corde Sit 0.10-0.46
- Pickup Bertozzi VG1 (Alnico II – V) Humbucker Set
- Nut 43 mm in NUbone Graphtech
- Scala 25,5″
- Radius 12″
- Controlli Switch 3 posizioni, Volume + Tono (Pot Alpha 500k + Cap Orange drop) Uscita Jack 1/4″ autobloccante
Un design proprietario
L’impegno di ricercare forme particolari ma utili per lo strumentista è un plus dell’evoluzione costruttiva, il tutto fa in modo di mantenere un rapporto di peso/grandezza estremamente limitato, ma che non limita le performance dello strumento (a partire dalle vibrazioni e vera e propria trasmissione sonora), nè in termini esclusivamente sonori e nemmeno di utilizzo a lungo termine.
Si potrebbe dire che quasi non la si sente addosso, il suo peso totale di circa 2,4 kg la mette sul podio di chitarra più leggera che sia mai stata provata da chi scrive.
L’ unica che raggiungeva pesi simili era la Marconi Lab che trattai diversi anni fa sempre sulle pagine di Musicoff, queste sono chitarre estremamente particolari che però, vuoi anche per il successo commerciale di brand come Kiesel e Strandberg, stanno cominciando a diventare una normalità e per alcuni generi un vero e proprio standard (il progressive metal o il modern rock).
Unica nota a margine a titolo puramente personale, per chi viene da chitarre più mainstream potrebbe essere necessario avere un momento di stabilizzazione, ovvero bisogna cercare la posizione della chitarra per via della (ovvia) mancanza della paletta, ma è un concetto diverso dalla stabilità intrinseca dello strumento, lo strumento è stabile ma ad esempio da seduti va spostata di qualche centimetro sulla gamba verso sinistra, mentre in piedi non vi sono particolari problematiche.
Una scelta di suoni rock
La coppia di Bertozzi VG1 (costruttore umbro di cui parlammo tempo addietro per la sua Gabriel Guitars Telecaster) è una scelta che strizza l’occhio ai sound vintage style: sono rispettivamente un AlNiCo II e un AlNiCo V per manico e ponte, utilizzabili con le classiche tre posizioni con un master volume e un master tone.
Il magnete al manico ha un suono molto grosso, con un’estrema presenza di basse che per certi versi fa quasi pensare al sound di una archtop, certo non rotondo e morbido come quelle chitarre, ma si spinge in basso fino a quel livello.
Questo permette una forbice di suoni molto interessante anche grazie al potenziometro del volume.
Volume tra l’altro che non manca affatto, nonostante il tipo di lega utilizzata che farebbe pensare a un magnete con poco output, la risultante è un suono meno scuro rispetto a un modello Les Paul, con le medio-alte più pronunciate e poco compresso.
La posizione centrale invece permette di avere un suono meno spigoloso, con una leggera compressione ma con un attacco molto piacevole, si ha un leggero aumento di volume ma la presenza sulle basse non è così esagerata.
Si hanno leggermente più medie e il carattere delle medio-alte in genere rimane pressoché inalterato rispetto al pickup al manico.
Il VG1 al ponte invece è un pickup con molte frequenze che bucano il mix e, chiaramente, una quantità di basse leggermente inferiore rispetto al pickup al manico.
Ha anche lui una notevole quantità di volume in uscita e una compressione quasi inesistente.
Riesce a essere molto morbido e estremamente nitido anche su suoni più spinti, riuscendo a restituire un’ottima risposta sia in termini di timbrica che di dinamica, molto versatile magari senza arrivare a generi con il gain estremo e necessità di suoni maggiormente compressi e “fermi”.
La parte elettronica è gestita da un circuito estremamente semplice che non supporta split di qualche tipo, ma utilizza due ottimi potenziometri CTS e un classico condensatore orange drop che, nonostante la sua classicità e il prezzo di vendita tutto sommato non altissimo, è un componente di innegabile buon livello che non viene trovato su tutte le chitarre.
Abbiamo sul circuito del volume il treeble bleed, per evitare una perdita di alte frequenze quando va verso valori più bassi del potenziometro. Esistono diverse scuole di pensiero per questo circuito, in questo caso si è scelto per quella più semplice con il solo condensatore e senza usare una resistenza in serie o in parallelo, per meglio preservare il carattere del pickup e quindi evitare tagli ulteriori nello spettro di frequenza.
Tutto il ventaglio di suoni che sono ottenibili da questa scelta elettronica è associabile ai territori del rock, in alcuni casi anche del pop e perché no, anche del jazz e della fusion (con le dovute accortezze, non possiamo aspettarci un suono da archtop, ma qualcosa di semiacustico lo si riesce a ottenere).
Non è invece la chitarra più adatta per i generi high gain, i pickup non sono così “tosti” da gestire quantità di gain molto elevate o comunque ottenere sonorità come un Fishman Fluence.
Se si vuole ottenere quel tipo di sound sarebbe più saggio optare per una scelta diversa di pickup da concordare col costruttore, come dei pickup lamellari (che sono più lineari e più flat, più consoni per chi suona generi moderni) oppure i Fishman già menzionati (se suonate generi vicini a quello degli Hacken, oppure gli Architects).
Approccio allo strumento
Come detto prima, il primo approccio per chi non è abituato non è dei più semplici, ma dopo che si è fatta l’abitudine sull’equilibrio e sul senso di assenza della paletta, dato che ha comunque il suo peso (in senso fisico, anche se suona comico parlando di una chitarra sotto i due kg e mezzo) e può portare a tenere il manico più verso l’alto rispetto a quanto si possa tenere di solito.
Il manico risulta essere abbastanza sottile e la scala è comunque uno standard per gli amanti di chitarre come le stratocaster, riuscendo a farti sentire a casa. Unito poi ai tasti sintoms che riescono a essere una via di mezzo interessante tra chi cerca la durabilità del tasto in acciaio, ma vuole mantenere intatto il timbro senza che possa risultare troppo brillante.
In termini di suonabilità lo strumento è comodo, la tastiera è definibile per molti come un’ “autostrada” essendo particolarmente scorrevole, forse l’impatto estetico del pau ferro può disorientare leggermente, ma anche avere un look assai gradito, qui si entra in un gusto puramente personale.
La Corpus Jam, inoltre, è uno di quegli strumenti, come la mia Vigier, per il quale non avrete mai problemi con il manico e e crucci dovuti alla curvatura, le barre in carbonio permettono di poter conservare lo strumento senza nessun problema anche con bruschi cambiamenti di temperatura.
Per quali musicisti può essere utile
Individuare una forbice di utenza interessata a questo prodotto non è estremamente complicato, gli amanti dei suoni vintage oriented, che però sono alla ricerca di un concept moderno e più al passo con i tempi, potrebbero trovarsi molto bene con questa chitarra: il passaggio è più manuale che timbrico, perchè devi abituarti a un peso, una struttura e a una suonabilità molto diversa da quella a cui si è abituati.
Se volessimo dare una lista di generi adatti per questo strumento, potremmo inserire:
- Classic Rock
- Blues Rock
- Progressive Rock
- Acid Jazz
- Funk
Che fascia di prezzo abbiamo?
Il prezzo finale di questo strumento, con questa configurazione e con la custodia costruita su misura, è di 1300 euro (iva inclusa).
Il mercato delle chitarre headless è leggermente “diverso” rispetto alle chitarre che siamo abituati a pensare, non è il mercato delle Stratocaster o delle Les Paul (di cui si potrebbe scrivere un libro solo su come comprare e farne un investimento nel tempo).
Le chitarre Headless solo oggi hanno avuto una serializzazione più ampia, prima a parte la Steinberger (o la Spirit) difficilmente si trovava qualcosa, e comunque i prezzi non erano alla portata di tutti.
Vedere delle realtà liuteristiche, che fanno della personalizzazione un principale plus, uscire a questo prezzo “finito” (quindi con tutte le tasse) non è assolutamente male, perchè questo permette di avere un mercato più “normalizzato” rispetto a quello delle tradizionali.
Questa chitarra può essere un buon biglietto di ingresso per una serie di motivazioni:
- Rimane comunque uno strumento costruibile su misura
- Parte da una base non troppo “fuori” dalla nostra normalità, lo dico soprattutto a livello sonoro
- Rimane nel range di prezzo dello strumento medio
Se si è abituati a chitarre tradizionali, è un amore che nasce nel tempo quello per le chitarre headless, però ha sicuramente dei pro molto apprezzabili, perché il rapporto di peso/logistica/suonabilità è molto diverso e comporta una serie di vantaggi non indifferenti nel lungo periodo, anche nel modo di suonare.
Maggiori informazioni sul sito di Chitarre Lodato
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