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Il vintage che non conoscevi: le chitarre fatte in Jugoslavia

Oramai la chiamiamo "ex" Jugoslavia, un Paese nel quale la tradizione della 6 corde aveva delle radici profonde...

Per i lettori più giovani la Jugoslavia è una parola quasi senza significato che si incontra solo sui testi di storia per poi essere presto dimenticata.
Il regno di Jugoslavia nacque nel 1929, dopo la I Guerra Mondiale, a seguito del processo di separazione degli stati slavi dall’impero austro-ungarico: Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, e poi Macedonia, Montenegro, Kosovo. Tutti nomi oggi più familiari.

Dopo le travagliatissime vicende della seconda guerra mondiale, nel 1945 la monarchia venne definitivamente abolita e nacque la Repubblica di Jugoslavia sotto l’influenza sovietica: Josip Broz Tito venne nominato primo ministro.

A metà degli anni 50 c’erano due centri di produzione di strumenti musicali, uno in Slovenia e l’altro in Croazia. Nonostante la Jugoslavia rimase sempre un paese a economia pianificata, Tito nel 1950 inaugurò una politica di autogestione dei lavoratori e col passare degli anni vennero fatti timidi passi verso un’economia più liberale.
Le fabbriche erano costellazioni di piccoli laboratori con pochi operai e  liutai di buon livello forti dei loro legami con la tradizione liuteristica boema e cioé tedesca.

Oliviero Pigini e la Giemmei

Oliviero Pigini, futuro fondatore della Eko,  fu tra i primi che si rifornirono di strumenti jugoslavi quando nel 1956 fondò la Giemmei Guitars rilevando gli impianti produttivi e i dipendenti dello zio Marino.
La prima sede era di fatto un magazzino per le importazioni. Pigini, come Meazzi, trovò in Sicilia i primi fornitori di chitarre. Propose a Carmelo Catania una società per impiantare uno stabilimento all’avanguardia, ma il carattere di Carmelo era incompatibile con qualsiasi forma di collaborazione.

Mentre da Catania si “importavano” gli strumenti acustici più economici, le chitarre archtop erano molto lontane dalla qualità delle Höfner (di cui Pigini era importatore), delle Klira  e delle Framus, così ci si dovette rivolgere alla Jugoslavia, una terra piena di opportunità, a pochi chilometri dalle Marche, appena dall’altra parte dell’Adriatico.
Nel 1941 lo zio Marino aveva già aperto un laboratorio di produzione in Croazia e probabilmente fu lui a favorire i primi contatti.

Nei suoi viaggi dall’altra parte dell’Adriatico Pigini conobbe Branko Kapitanovic (personaggio misterioso di cui non siamo sicuri nemmeno del cognome), esperto liutaio che finì per seguire Pigini a Castelfidardo dando vita alla prima produzione italiana di chitarre Eko per poi fondare la Melody Guitars nel 1964.

Slovenia: Melodija Mengeš

Il principale polo produttivo sloveno era a Mengeš, una cittadina industriale a circa quindici chilometri dalla capitale Lubiana città di origine di Branko. Prima della guerra Josef Fleiß [Fleiss](1906-1978), un liutaio austriaco specializzato negli strumenti a mantice, vi aveva impiantato una fabbrica di fisarmoniche e organetti: la Melodija.
Dopo il conflitto la fabbrica venne nazionalizzata e si produssero una larga gamma di strumenti tra cui non potevano mancare le chitarre.

La Melodija aveva una buona reputazione e produsse per molti marchi e distributori europei tra cui Martin Coletti, Leon Angel, Klira, Egmond, Burns, Juvel, Jennings, Fenton-Weill e Roger.
Erano generalmente fatte a modello delle archtop tedesche ma si producevano anche strumenti ad arco, banjo e mandolini.

Alla Melodija Mengeš si rivolsero sia Meazzi che Oliviero Pigini. Meazzi ordinò sicuramente un’acustica del tipo spagnolo, la Valencia,  e forse qualche modello di arch-top. Pigini importò diversi modelli che marchiava Giemmei e per un breve periodo Eko.
Si dice che dopo poco tempo i volumi di vendita in Italia furono così alti che la Giemmei Guitars ottenne l’esclusiva di tutta la produzione jugoslava del tempo anche se non riusciamo a immaginare chi abbia avuto questo potere se non lo stesso maresciallo Tito.

I modelli importati furono diversi: il modello per principianti con le buche a falce fu marchiato Giemmei in Italia, e Jennings JMI e Burns nel Regno Unito.

Modelli più pregiati venivano distribuiti col marchio tedesco Juvel e in Olanda dalla Egmond. 

Infine il modello con le buche a effe che fu tra le prime chitarre marchiate Eko. 

Croazia: Muzička Naklada e Glazbala

L’altro polo produttivo era in Croazia, a Zagabria, dove c’era la Muzička Naklada con le sussidiarie Tvornica Glazbala, un piccolo laboratorio che fu chiuso nel 1970, e Harmonija

A un certo punto la Eko iniziò a importare un modello di semiacustica con le buche a occhi di gatto che troviamo distribuita in Germania anche con il marchio Roger. Appena in Italia furono in grado di produrre in proprio la piccola semiacustica, con pochissimi aggiornamenti, divenne il modello 100.
Ci sono diversi dettagli che distinguono una Eko 100 fatta in Jugoslavia da una fatta in Italia ma l’aspetto più evidente è la paletta finestrata della croata.

L’Harmonija erea un altro marchio della galassia di cooperative e piccoli laboratori che facevano parte del distretto di Zagabria. Qualche esemplare fu importato e marchiato Giemmei 

Con il successo internazionale della Eko, nella metà degli anni sessanta la Muzička Naklada ne diventò importatore per la Jugoslavia, con buona pace di Pigini che una volta venne pagato con dei cavalli che pure riuscì a riportare in Italia e vendere.

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