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Henry J e la Gibson: è tutto finito?

Si parte con la ricerca del nuovo CEO della Gibson, sotto l'occhio del discusso Henry Juszkiewicz al timone da 33 anni.

Si parte con la ricerca del nuovo CEO della Gibson, sotto l’occhio del discusso Henry Juszkiewicz al timone da 33 anni.

Alla metà degli anni ’80 lo storico marchio americano, fondato da Orville Gibson agli inizi del secolo, era arrivato quasi a toccare il fondo, con vendite ridotte al minimo e prospettive piuttosto nere, quando dei volenterosi investitori si proposero per rilevarne la proprietà.

Gibson guitars

È grazie a David Berryman ed Henry Juszkiewicz, dunque, se all’epoca le sorti commerciali della società si sono rovesciate in una crescita costante delle vendite e dei relativi utili, aprendo nuovi impianti di produzione e moltiplicando linee e modelli con l’occhio molto più attento alla qualità di costruzione di quanto fosse avvenuto negli anni più recenti.

Cos’è successo, dunque, nei decenni seguenti per consolidare l’immagine di Juszkiewicz come uno degli uomini d’affari più odiati del music business e portare la stessa Gibson sull’orlo del fallimento?
Per chi avesse perso le puntate precedenti, ricordiamo che dallo scorso maggio la società è entrata in regime di bancarotta controllata suscitando reazioni di paura in tutto il mondo della chitarra, scosso da tremiti di crisi generale.

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Nonostante le vendite internazionali si siano mantenute su livelli notevoli, ma con un indebitamento arrivato a cifre non più sostenibili, l’unica strada percorribile è risultata quella di passare dalla proprietà privata, che ha accompagnato Gibson fin dagli esordi, a un regime azionario che ha coinvolto più società finanziarie nell’acquisto di frazioni del debito.

La strategia che ora verrà scelta per gestire la situazione mette in ballo diverse prospettive, fra cui anche quella di un’offerta pubblica di azioni che potrebbe portare a un consolidamento del marchio senza eliminare il rischio di pericolosi ultimatum da parte dei creditori.

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Il vero spauracchio è la parola liquidazione e qui si arriva all’annuncio apparso da pochi giorni per cercare un nuovo CEO in sostituzione di Juszkiewicz. Fra le caratteristiche richieste, oltre alla familiarità con il settore, c’è proprio l’esperienza pratica nella gestione di società in regime di liquidazione.

Se a settembre la fase iniziale  legata alla bancarotta si dovrà comunque chiudere in un modo o nell’altro, Henry J. – come viene chiamato comunemente – è passato velocemente dalle sue abituali polemiche a un progressivo distacco dal ruolo, controllando la situazione come “consulente” mentre specifica che non uscirà completamente di scena.

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A parte qualche recente polemica – subito sminuita – sul calo del controllo di qualità in strumenti che raggiungono spesso cifre importanti, la caratteristica principale del CEO uscente è quella di un uomo d’affari che non ha perso tempo per far dimenticare i suoi meriti, abbandonando il ruolo di salvatore del marchio in favore di un’immagine da pirata senza scrupoli.

Particolarmente criticabili dal 2010 in poi, le acquisizioni di vari brand nel mondo dell’Audio professionale, dal gruppo Stanton a Onkyo fino a TEAC e Philips, con risultati finanziariamente disastrosi.
La recente vendita della prestigiosa fabbrica di Memphis non poteva che essere vista come conseguenza diretta di una politica aziendale che metteva in secondo piano il core business chitarristico.

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Lo stabilimento della Gibson a Memphis

Fra le colpe più gravi di Juszkiewicz, per gli amanti della Gibson, quella di aver dedicato troppe energie e risorse nel nuovo millennio alla contaminazione dei modelli tradizionali con congegni tecnologici difficili da digerire come le varie versioni di accordatori robotizzati, suscitando grida di sacrilegio in tutto il mondo.

Mettiamoci anche il crollo d’immagine derivato una decina di anni fa dalle incursioni delle autorità di controllo per intervenire sull’uso di legno non consentito in quanto inserito nelle liste protette e il quadro non potrebbe essere peggiore.
Al caro Henry non rimane che uscire di scena con la massima eleganza possibile, altro che fare della Gibson “la Nike del lifestyle musicale”, come gli sarebbe tanto piaciuto.

Henry Juszkiewicz

Siamo dunque di fronte a un cambiamento importante, che speriamo porti solo a una riqualificazione e al consolidamento di un nome che rimane nel cuore di tutti noi chitarristi, cresciuti con il sogno di arrivare finalmente un giorno a possedere una Gibson.
I sogni a volte si avverano, ma l’importante è trovarne sempre di nuovi.
Rock’n’roll.