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Le fondamenta dell’improvvisazione sulla chitarra

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Ti do il benvenuto in questa nuova serie di articoli qui su Musicoff. Oggi e nelle prossime puntate approfondiremo un tema molto interessante: l'improvvisazione.

Qual è la chiave per un buon fraseggio? Il suono, l’alternanza degli elementi, il timing, le idee e lick? Spesso servono, non solo, tutti questi elementi citati ma molti di più. Capisci certamente che le cose da tenere sotto controllo e saper gestire sono sicuramente tante. 

Non di rado succede che, durante un’ improvvisazione, si cerchi di gestire tutte queste variabili ottenendo risultati mediocri proprio perché per seguire tutto si deve necessariamente abbassare “l’asticella” della qualità generale.

Allora ecco l’idea: lavorare sulla propria improvvisazione concentrandosi su un solo elemento per volta cercando di approfondirlo, ottimizzarlo, espanderlo e, chissà, anche farci ispirare trovando strade e idee impensate indotte proprio da questi “paraocchi che stiamo indossando”.

La forza di tutto ciò è che parleremo di elementi che prescindono i generi musicali, le sensibilità, i diversi livelli di preparazione e addirittura gli strumenti che suoniamo perché lo stesso concetto potrà essere approfondito sulla chitarra come sul trombone o con la voce anche se, essendo io un chitarrista, spesso faccio riferimento al primo di questi per comodità.

Partiamo provando a gettare le fondamenta su un paio di elementi secondo me importantissimi…

Improvvisare è come cantare?

Affermazione forse forte o strana ma se per cantare intendo esporre un tema o una melodia di senso compiuto, ecco che forse diventa tutto più chiaro.
Molto spesso improvvisando tendiamo a eseguire sequenze di note senza capo né coda o comunque dettate da memorie muscolari delle mani o dai box delle pentatoniche, quasi a far ascoltare al pubblico quante scale sappiamo, anziché emozionarli con melodie azzeccate e funzionali.    

Mi riferivo al cantare perché provando ad improvvisare canticchiando su una base, ti accorgerai che è molto più facile produrre melodie di senso compiuto e funzionali anziché con uno strumento.
George Benson è l’esempio più lampante per comprendere meglio la questione.

Come hai sentito nel video, Benson riesce a suonare con la chitarra ciò che ha in testa e canta contemporaneamente. Ora non saremo forse mai forti come lui ma potrebbe essere un primo input utile per direzionare e influenzare il tuo fraseggio.

Provo di seguito a farti sentire un esempio. Un’improvvisazione molto semplice e melodica dove l’unico obbiettivo è esporre temi più o meno lunghi, più o meno interessanti, basati solo sulla scala pentatonica di A minore.


Un altro esercizio propedeutico e molto famoso per aiutarti ad approcciare a questo discorso, potrebbe essere quello di limitare moltissimo il materiale melodico a tua disposizione e con questo cercare di tirare fuori temi sempre nuovi e il più possibile interessanti. 
Ad esempio limitiamo il nostro campo d’azione a 4 note della pentatonica di Do maggiore/La minore. Sol La tasto 5 e 7 della corda 4 e Do Re tasto 5 e 7 della corda 5.

Eccoti un esempio suonato di cosa la mia sensibilità e musicalità tirerebbe fuori “buona la prima”. 


Certo non è un’improvvisazione bella e completa ma immagina di farlo su tutte le note a tua disposizione, in tutte le zone di manico (se sei un chitarrista o zone del tuo strumento se sei un altro tipo di musicista) o su tutti i box delle scale, capisci che il lavoro è pressoché infinito.

Improvvisare = alternare? 

A mio avviso uno degli obiettivi primari dell’improvvisatore (non solo suo ma di tutti i musicisti) è non annoiare l’ascoltatore.
Sembra banale ma prova a pensarci: addirittura un’ improvvisazione lenta e molto tematica anche se ben suonata a lungo andare rischia di essere pesante, allo stesso modo un solo basato solo su velocità e tecnicismi sempre diversi e complicatissimi, passato il primo momento del “effetto WOW”, l’ascoltatore rischia di non riuscire a seguire il discorso quindi… si annoia!!

Per gioco, provo a dimostrarlo in questi prossimi audio. Nel primo provo a limitarmi a note lunghe e temi molto rilassati


In questo, invece lavoro solo di velocità, note su note, tecnicismi ecc…


Infine provo a miscelare alcune frasi della prima improvvisazione lenta con alcune della seconda veloce


Hai notato che la terza ripetizione è sicuramente più piacevole, facile e interessante da seguire nonostante nelle precedenti non ci siano state particolari errori o brutture.
Questo proprio perché l’alternanza tra frasi lente, veloci o ritmiche crea nell’ascoltatore un senso di quiete e sorpresa alternato che si traduce in piacere all’ascolto.

Ho utilizzato l’esempio della velocità perché l’ho reputato il più semplice e chiaro ma capisci bene che puoi potenzialmente dare alternanza a qualsiasi altro elemento della tua improvvisazione:

  • Penta/scala/arpeggi
  • Frasi lunghe/frasi corte
  • Note staccate/note lunghe
  • Accenti in battere/accenti in levare
  • Ottavi/terzine di ottavi/sedicesimi/terzine di sedicesimi

Questo elenco è pressoché infinito, per ora mi fermo qui ma probabilmente hai capito che anche su questo punto il lavoro potenziale è moltissimo. 

Non mi resta che salutarti, invitandoti a mettere in pratica questi consigli e, perché no, dandomi un feedback, se ti sono stati utili o meno, qui di seguito o venendomi a trovare sui miei canali social:

Buon lavoro e buone improvvisazioni!!! 

Un ringraziamento particolare a Miky Bianco e Tony De Gruttola direttori dell’Accademia Lizard Torino e produttori dei metodi didattici da cui sono tratte le basi musicali su cui hai sentito i miei esempi.