Incontriamo uno dei decani del Teachers Team, il nucleo di docenti di batteria che affiancano Diego Stacchiotti nel suo network didattico veneto Drum School.
Classe 1960, Gallo si avvicina alla musica a 16 anni partendo dalla chitarra e passando per il basso, prima di approdare al suo strumento principale, la batteria.
Dalle prime esperienze live al professionismo il passo è breve e ben presto Renato si trova a collaborare con le più affermate orchestre di musica da ballo del Veneto. Diplomatosi in basso elettrico di I° livello presso la scuola musicale Lizard, frequenta poi la scuola di musica Dizzy Gillespie di Bassano del Grappa per studiare con Davide Ragazzoni, quindi continua la sua formazione musicale sotto la guida di Iarin Munari prima e di Eric Cisbani poi.
In seguito, dopo un intenso percorso didattico, si diploma presso la Drum School di Diego Stacchiotti.
Proprio con quest’ultimo nel 2008 Gallo inizia a collaborare, entrando a far parte del suo Teachers Team, un network di insegnanti che porta avanti una metodologia didattica all’avanguardia con numerose sedi in Veneto.
Segue con costanza gli incontri didattico formativi con gli altri collaboratori e lavora in qualità di docente nelle principali scuole della provincia di Padova. Attualmente Renato è endorser per i piatti UFIP e lavora come batterista in diversi contesti live.
La tua formazione è decisamente eccentrica rispetto alla norma: prima di arrivare alla batteria sei passato per la chitarra, ma soprattutto per il basso, strumento che hai studiato a lungo…
È colpa di mio fratello maggiore (ridendo, NdA…), anche lui musicista professionista, che mi ha trasmesso la passione per la musica.
Quando ero più giovane, rimanevo incantato mentre lo osservavo suonare le tastiere durante le prove con i suoi amici. La musica che ascoltava mi ha contagiato e la porto ancora nel cuore. Il periodo era quello verso la fine degli anni ’70: mi sono avvicinato alla chitarra quasi per caso, poi, dopo qualche anno, suonando con mio fratello è emersa l’esigenza di suonare il basso e così mi sono innamorato di questo strumento che ancora oggi pratico con piacere.
Nonostante tutto però dentro di me batteva un cuore da batterista e appena mi fu possibile acquistai il mio primo rullante.
Poi, un pezzo alla volta, riuscii a comporre il mio primo set. Da lì non ho più smesso di suonare la batteria.
Quanto e come la conoscenza di chitarra e basso ha agevolato il tuo passaggio alla batteria e ti ha aiutato a suonarla?
Aver appreso i principi del linguaggio musicale attraverso la chitarra ed il basso ha reso il passaggio alla batteria semplice e spontaneo: intuivo prima cosa si richiedeva al mio ruolo e non mi sentivo a disagio mentre si parlava di strutture, metriche e altro…
Mi pare di capire che come batterista ti sei formato più sul campo che nelle scuole di musica. Sbaglio?
No, non sbagli. Ho iniziato come autodidatta facendo tanta gavetta, ‘rubando’ dagli altri musicisti e dai dischi più che potevo. Era il tempo in cui Internet non esisteva e a nostra disposizione c’erano solo i dischi in vinile e le audiocassette. Grazie a quelle prime tecnologie ho potuto sviluppare l’ascolto analitico, la curiosità e la ricerca.
La realtà delle orchestre da ballo è poco nota a tanti giovani che aspirano a fare i batteristi di professione. Quali i pro e i contro di quella che un tempo era considerata una vera e propria ‘palestra’ di vita, oltre che di musica?
Dici bene, è ancora una palestra di musica e di vita! Quando ho iniziato io, negli anni ’80, non si usava l’elettronica, niente click o backing tracks. Ora le cose sono cambiate, l’ascoltatore e i ballerini si sono abituati a un ascolto sempre più perfetto e questo ha inevitabilmente portato i musicisti ad adeguarsi contribuendo a un innalzamento del livello qualitativo.
Un altro aspetto positivo è senz’altro legato al repertorio: rispetto a quello delle cover band è assai più variegato e ricco di brani; se normalmente in una band si suonano circa 25/30 pezzi, con un’orchestra ci si ritrova a suonarne il triplo.
L’ambiente è molto dinamico e oltre a fare il batterista è importante sapersi relazionare in modo positivo con i colleghi, specialmente durante il periodo estivo in cui lo stress per le tante date può influire negativamente nei rapporti interpersonali.
Se da un lato si può godere di una certa continuità lavorativa, dall’altro c’è sempre un prezzo da pagare: lavori quando gli altri fanno festa, hai orari spesso sballati e per chi vive assieme a un musicista non è facile adattarsi e comprendere i suoi ritmi.
A volte, per via dell’intenso lavoro, l’orchestra porta a stare per molto tempo lontano dagli affetti.
Pur avendo già intrapreso la strada del professionismo a un certo punto hai iniziato a studiare. Leggo tra i tuoi insegnanti i nomi di alcuni autentici fuori classe italiani quali Davide Ragazzoni, Iarin Munari ed Eric Cisbani. Cosa hai approfondito con ciascuno di loro e quale l’insegnamento più importante che ciascuno di loro ti ha lasciato.
Con Davide Ragazzoni ho mosso i primi passi nel mondo del jazz. Dopo molti anni, sentivo l’esigenza di migliorarmi, era il periodo in cui suonavo in una blues band. Ho conosciuto Iarin Munari in occasione di un suo concerto, e da lì ho iniziato a studiare con lui lavorando sull’impostazione tecnica e l’approccio alla musica. Iarin è stato un forte motivatore e ha saputo trasmettermi la forza per proseguire il mio percorso di vita in un periodo per me non facile.
In occasione del mio ultimo esame presso la Drum School di Diego ho conosciuto Eric Cisbani perché stava in commissione: con lui ho intrapreso un percorso prettamente musicale legato allo strumento e al lavoro in studio di registrazione.
Com’è avvenuto l’incontro con Diego Stacchiotti?
Vedevo spesso il nome di Diego leggendo le varie riviste di settore, ma non ci conoscevamo. Un amico bassista in comune ci ha fatto incontrare e così Diego mi ha illustrato il suo progetto: il Teachers Team. Dopo un po’ di tempo, valutando la sua proposta, ho deciso di accettare e far parte dei suoi collaboratori.
Dal 2008 collabori quindi con la Drum School di Diego; ti chiedo: avevi già avuto esperienze in campo didattico?
Sì, avevo già insegnato in varie scuole oltre che privatamente utilizzando metodi di autori vari.
E come si è ‘armonizzata’ la tua esperienza didattica con i sistemi adottati da Stacchiotti senior?
Avendo deciso di far parte del suo Team, ho sentito il desiderio e la necessità di conoscere a fondo la sua metodologia didattica, così ho studiato e approfondito con lui tutti i suoi libri.
Cosa ti ha maggiormente colpito della sua metodologia?
La praticità d’uso con gli allievi, che si è dimostrata di grande aiuto durante l’organizzazione delle lezioni e degli argomenti per la loro progressiva esposizione in termini di difficoltà.
Quale pensi sia invece il tuo contributo alla ‘squadra’? Hai dei punti cardine nella tua attività didattica?
Vivo di musica da molto tempo, insegnando e facendo centinaia di concerti l’anno: il mio contributo è rappresentato dal poter condividere con gli altri ragazzi il mio vissuto. Come punto cardine, oltre a utilizzare con successo i metodi di Diego, punto molto alla pratica su brani originali o minus one e con qualche allievo più avanzato suono il basso, lavorando sulla ritmica basso/batteria.
Mi incuriosisce capire come si svolgono gli incontri formativi con gli altri membri del team: si tratta di riunioni pianificate, con un ‘ordine del giorno’ prefissato? E chi sceglie gli argomenti da sviluppare? Oppure vi vedete e cominciate a discutere quanto emerge dalle esperienze didattiche di ciascuno di voi?
Generalmente gli incontri sono pianificati, Diego comunica anticipatamente gli argomenti che verranno trattati, altre volte gli incontri di formazione diventano, per esigenze contingenti, delle riunioni organizzative. Spesso studiamo assieme per il piacere di condividere la nostra passione e stimolarci reciprocamente; in queste occasioni lo spirito di squadra si rafforza e gli aneddoti divertenti e le risate non mancano!
Dove insegni?
Attualmente, insegno nel mio studio a Camposampiero (PD) e collaboro con AGIMUS di Santa Giustina in Colle (PD).
Tornando alla tua esperienza di performer: quali le collaborazioni che ti hanno maggiormente arricchito, personalmente e artisticamente?
Direi tutte. Ogni esperienza è stata per me motivo di crescita personale e artistica. Da John Henry ai Night Train con i quali suonavo blues, alle orchestre di musica da ballo, alle molte sostituzioni nelle cover band rock…
In quali contesti stilistici preferisci esibirti e quali collaborazioni hai in corso al momento?
Attualmente collaboro con l’orchestra Marco e i Niagara, molto attiva nel Veneto, Friuli e Lombardia, contesto nel quale mi trovo a mio agio anche se l’amore più grande rimane per il rock blues e il jazz.
Un tuo sogno nel cassetto?
Dare finalmente alla luce un libro complementare alla metodologia che attualmente sto utilizzando, incentrata sullo studio e sulla pratica esecutiva di brani famosi. Continuare a vivere di musica sia in qualità di performer che di insegnante.
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