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Navighiamo il nostro Mare su chitarra e sassofono

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No, il titolo non è un errore: si tratta piuttosto dell'estrema sintesi di tutto ciò che è in grado di trasmettere il disco di cui vi parlo in questa sede.

Né è un refuso quella “M” scritta in maiuscolo, perché il mare in questione è il Mediterraneo (nostrum, per l’appunto) e rappresenta il concetto sul quale si sviluppa l’album I Thàlassa Mas, un’espressione greca per definire proprio le acque mediterranee, realizzato nel 2019 da Francesco Mascio e Alberto La Neve.

La chitarra incontra il sax

Il percorso chitarristico di Mascio inizia in tenera età e si perfeziona nel tempo attraverso lo studio con autorevoli docenti (tra i quali la nostra apprezzata conoscenza Rocco Zifarelli), in un percorso musicale fortemente orientato verso il Jazz ma aperto alle varie contaminazioni provenienti dal Blues, dal Funk e dalla Fusion.

Intensissima l’attività concertistica avviata ormai da oltre vent’anni, più recente quella di artista solista in studio con la pubblicazione del primo album nel 2012. Un percorso che ha portato infine all’incontro in oggetto, quello con il sassofonista La Neve (che i nostri follower Facebook conosceranno già), in una sinergia che ha dato vita al disco che possiamo ascoltare qui.



Sulle onde di questo mare

Un album che prende ispirazione dal Mediterrano non poteva proprio non presentarsi in una veste musicale variegata. Il concept del viaggio non soltanto artistico ma anche spirituale si risolve in un concentrato di suggestioni tale da rendere riduttiva l’etichetta “fusion”, complice anche la particolarità dell’impianto realizzativo su cui I Thàlassa Mas pone le sue fondamenta.

La consistenza di un LP dove la quasi totalità del materiale è suonata da un chitarrista e un sassofonista potrebbe essere oggetto di perplessità senza un accurato ascolto del risultato in questione. Eppure sax e chitarra, ora elettrica e ora acustica, si rispettano e anzi sembrano complementarsi dando a volte l’impressione di un vero e proprio abbraccio espressivo che non fa rimpiangere l’assenza di strumenti portanti più tipici.

A dare qualche ulteriore ed emozionante pennellata di varietà ci pensano poi le voci di Fabiana Dota, Esharef Alì Mhagag e Jali Babou Saho, quest’ultimo co-autore del brano “Cano” (nel quale oltre a cantare suona la Kora).

Il viaggio oltre l’inconsueto

Cosa premettere all’ascoltatore che si appresta a immergersi in I Thàlassa Mas? Il primo “avvertimento” è che questo disco è tutt’altro che convenzionale, in considerazione della varietà di influenze che ne hanno caratterizzato la genesi, ma anche più banalmente del particolare duo che lo ho realizzato.
Non che questo sia, a mio modesto avviso, un aspetto che debba in qualche modo scoraggiare: anzi, posso affermare in tutta sincerità che il carattere inconsueto dell’album non mi è stato minimamente di impaccio nel suo ascolto e nell’apprezzamento che ne ho ricavato.

L’altro consiglio che voglio dare è rivolto in particolare a chi, in questi tempi di isolamenti più o meno volontari, sente un gran bisogno di evadere: questo album può davvero darvi qualcosa.
Sento spesso ribadire il concetto di “viaggiare anche solo con la fantasia”: con I Thàlassa Mas questo mi è successo davvero.