Il musicista Daniele Galassi ha consegnato alle pagine di questo libro tutti i suoi ricordi sulla sua carriera tra sale prova, studi, palchi e scorribande varie. Se siete anche voi dei musicisti e avete fatto un minimo di “esperienza” sul campo negli ultimi 2 o 3 decenni, allora sappiate che per certi versi questo libro è una sorta di specchio, in cui rivedrete non solo la vostra faccia e i segni che hanno lasciato certe espressioni nel tempo, ma gran parte del vostro passato.
Una vera e propria macchina del tempo, quindi, per molti di noi. Per chi invece è più giovincello o non ha mai/ancora intrapreso “sul serio” un cammino nella musica suonata (e sudata!), pagina dopo pagina si divertirà molto a ripercorrere un mondo che è stato e che, forse non è più per molti versi.
Certo, ancora oggi abbiamo dei corsi e ricorsi storici, come le eterne lotte con i proprietari dei locali per suonare o altro, per cui ben venga questa lettura alle nuove generazioni, per capire che la vita del “musico” no, non è mai stata facile… ma sì, ne vale la pena!
Daniele Galassi non è nuovo alla scrittura, già aveva dato alle stampe un piccolo cult intitolato 10 ragioni per iniziare a suonare e 1000 per smettere, che come si evince dal titolo è abbastanza affine a quest’ultima opera.
Pur tuttavia qui Daniele ha composto qualcosa che assomiglia molto a un diario, anche se composto molti anni dopo i fatti che vengono raccontati.
Partendo dal vissuto di uno dei tanti che ci hanno provato, il libro zigzaga senza sosta e con spietata ironia tra aneddoti impossibili e riflessioni (spesso impietose) su come abbiano impattato vent’anni di internet su musicisti, mercato discografico e appassionati di musica.
Il libro è edito per Prospettiva editrice e si può trovare in libreria, sui digital store e chiaramente sul sito dell’autore.
“Vent’anni nel mondo della musica underground raccontati da uno di quelli che ci hanno sbattuto le corna” ci annuncia Galassi in quarta di copertina. Ed è esattamente così, a partire dalle primissime esperienze da “sbarbatello”, con tutte le rogne del caso che oggi si ricordano a metà tra l’imbarazzo e la nostalgia, ma che fondamentalmente descrivono un periodo d’apprendimento umano “sulla strada” (e non in una cameretta davanti a un pc!!!) che è rimasto nel cuore di Daniele e ben si percepisce.
Ma si cresce e, se ci si crede abbastanza, le cose iniziano a farsi serie. Ecco arrivare i primi viaggi da regione a regione e gli articoli sulle riviste, all’alba di un nuovo millennio che ancora neanche sospettava il potere odierno dei social network, quando ancora una “demo” era un cd portato a mano al locale e le band neanche avevano un profilo su My Space, se qualcuno se ne ricorda ancora…
“Si soffriva, ma eravamo instancabili e inarrestabili, perché ogni concerto, ogni recensione, ogni intervista era una piccola colata di cemento tra quei mattoncini ballerini, qualcosa che ci faceva sentire sempre più integrati in una scena che sprizzava vitalità“
Quando inizi ad avere un po’ di successo la vita si trasforma, più date, più impegni, si sale di livello, si nuota più veloci ma non vuol dire in acque meno tempestose.
Ci sono tante cose di cui tener conto. Il rapporto con il pubblico e tutte quelle corbellerie che specialmente una nicchia – grande o piccola – può generare, nel caso di Daniele e le sue band parliamo del Metal, ma non che il Jazz o il Blues o altri non abbiano i loro scheletri nell’armadio.
Quindi sei “classificato”, sembra tu debba attenerti alle necessità del pubblico, da cosa incidi a come parlia a come ti vesti (sennò sei un poser), invece che offrire la tua visione delle cose. “Il problema non è il Metal, il problema sono i metallari“.
Finché non si prende coraggio e inizia quella fase del “ora dobbiamo sperimentare” e un secondo dopo averlo detto si stampa in faccia l’espressione di Verdone in quel famoso film (cit. “n’che senso?“).
Musicisti quarantenni giù le carte, ci siamo passati tutti…
E ora, ora… “che diavolo sta succedendo?“. Fenomeni da webcam, social, algoritmi che fanno da giudice-giuria-boia, il faccio tutto da solo a casa con un controller, gli “haters” (una volta si chiamavano solo stronzi, NdR), i nazi-qualunquecosa, gli esperti di socialmediamarketingperlebandchepoitifacciofareifollowers… le cosce scoperte al posto dei capelloni…
Abbiamo vissuto l’adattamento e l’evoluzione dell’effetto Dunning-Kruger, allargando a dismisura la forbice tra chi fa e chi chiacchiera.
Come ci si adatta a questo scary new world? Domanda difficile ma il libro schietto e sincero di Galassi almeno ci aiuta a farci un quadro del come ci siamo arrivati vivendolo da dentro e non guardandolo da fuori.
Daniele Galassi è da sempre appassionato di scrittura, comunicazione, musica e viaggi. La sua vita si alterna tra il blog, i servizi di copywriting e il web writing. E, ovviamente, i libri e la scrittura.
Ha pubblicato il romanzo Dream on/Dream off (Prospettiva editrice, 2005) e la dissertazione satirica indipendente 10 ragioni per iniziare a suonare e 1000 per smettere (Puzzle, 2006-2008).
“Non vedo altari che non si possano dissacrare e non ho uno straccio di certezza, ma nell’era dell’immagine usa e getta mi piace pensare che la parola conti ancora qualcosa.“
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