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Le ultime note di Bird

Il 12 marzo 1955 il cuore di Charlie Parker emette l'ultimo battito. Sta guardando un'esibizione dell'orchestra di Tommy Dorsey in tv, ospite nella suite di Pannonica de Koenigswarter, nobildonna inglese discendente della famiglia Rothschild ben nota per essere la mecenate di tanti artisti Jazz dell'epoca.

Stroncato da un insieme di mali, il cui solo ultimo effetto è l’infarto che mette fine alla sua vita, è l’ultimo atto di un’esistenza vissuta all’estremo, che lascia però al mondo un’eredità unica e inimitabile.

Come avrà a dire Charles Mingus “I musicisti al Birdland aspettavano che uscisse l’ultimo disco di Bird per sapere cosa avrebbero suonato l’anno prossimo.“.
Già il Birdland. Il locale aperto nel ’49 proprio in suo onore, dal nome che ricalcava quel nomignolo “Bird” (in origine “Yardbird”) che gli era stato affibbiato all’inizio della carriera e che gli aveva ispirato anche tanti titoli delle sue opere, come “Ornithology”, “Yardbird Suite” ecc.

Bird non è stato solo un grandissimo musicista. E non è neanche solo classificabile come uno dei “padri del Jazz”.
Bird è un’icona, un esempio, un’ispirazione, una luce in fondo al tunnel che sembra inarrivabile.
Con il suo sassofono ha mostrato un mondo nuovo ai musicisti, ma allo stesso tempo li ha guidati su un terreno dove in pochi erano in grado di camminare se non a fatica.

Miles Davis stesso dirà nella sua biografia che seppur alcuni possono essersi avvicinati al suo modo di suonare, ne hanno al massimo ricalcato il suono, ma non la mente, non le idee che uscivano come fiumi in piena dallo strumento.

Visione futuristica e rivoluzionaria, al tempo, che non tutti i musicisti Bebop furono in grado di capire da subito. Quello strano approccio ai cromatismi che sembrava per loro non avere senso, non solo ne aveva, ma aveva girato finalmente una chiave da troppo tempo bloccata nella serratura della creatività, aprendo una porta su uno scenario nuovo, sensazionale, virtualmente infinito.
E pensare che due anni di sciopero contro le case discografiche, tra il ’42 e il ’44, hanno impedito di vedere incise forse le più genuine espressioni del primo periodo di questa rivoluzione musicale.

Solo dal ’45, infatti, avremo finalmente su disco le meravigliose performance di Parker, così come di Gillespie e tanti altri grandi.
Sogniamo di avere una macchina del tempo e di essere catapultati al Three Deuces, mentre sul piccolo palco Bird guidava un giovanissimo Miles Davis, al tempo ancora acerbo (si fa per dire…) rispetto a ciò che sarebbe diventato di lì a poco ma in grado di stare in prima fila al fianco del più grande improvvisatore del tempo.

Parker al Three Deuces con (da sx a dx) Tommy Potter, Max Roach, Miles Davis, Duke Jordan (New York, circa 1945) – Foto di William P. Gottlieb

Fu il trombettista e amico Dizzy Gillespie a pagare per il funerale di Parker. Il corpo fu sepolto al cimitero Lincoln, nel Missouri.
I tributi in suo onore da quel momento li possiamo difficilmente contare, da festival a suo nome a dischi come quello del seguace Sonny Rollins, una lunga suite di improvvisazione su alcune composizioni celebri di Bird (Rollins Play for Bird, 1957).

Non importa che musica ascoltiate. Non importa che strumento suoniate.
Anche se non lo sapete, prima o poi passerete su una delle orme lasciate da Bird.