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Jim Hall: il poeta dell’essenziale #2

Lo stile di Jim Hall si consolidò grazie alle numerose collaborazioni dell'artista con i grandi del jazz, il suo rapporto con la musica fu unico, egli la considerò come un mezzo per rompere ogni tipo di barriera, per poter educare ed essere educati reciprocamente; la musica fu per l'artista non soltanto una passione

Lo stile di Jim Hall si consolidò grazie alle numerose collaborazioni dell’artista con i grandi del jazz, il suo rapporto con la musica fu unico, egli la considerò come un mezzo per rompere ogni tipo di barriera, per poter educare ed essere educati reciprocamente; la musica fu per l’artista non soltanto una passione ma un veicolo di pace, di comunicazione, di scambio di culture, fu considerato un musicista innovativo, costantemente in evoluzione e alla ricerca di nuove forme espressive.

Quando si fa riferimento al suono di Jim, i recensori di tutto il mondo lo descrivono con aggettivi quali: ” caldo”, “dolce”, “gentile”, “sottile”, “ricco”, “leggermente amplificato”. Pochi musicisti, qualsiasi sia il genere preso in considerazione, sono capaci di suonare con tanto calore ed espressività, con il tipo di sentimento che caratterizza la vera musica come rapporto intimo con l’artista stesso, in una sorta di trance musicale.
Riesco a sentire quello che sta per suonare“, disse il bassista Steve La Spina. Quando Jim parlava dei musicisti con i quali suonava affermava di “godere della reciproca compagnia musicale“.
Il suo concetto di tempo è un modello da emulare” disse il batterista Joey Barron.                             
E ancora: “Jim suona poche note, lasciando spazio alle conversazioni con me”  Secondo Hall infatti “L’ascolto è ancora la chiave“.
Come il chitarrista Charlie Christian, il suo suono e i suoi lavori furono influenzati dai fiati, in particolare da Sonny Rollins e dai suoi fraseggi virtuosistici e molto avanzati. A differenza invece di altri musicisti, lo stile di Hall non è riconducibile a vere frasi tipiche del chitarrista, bensì alle sue capacità espressive. Essendo stato un esperto arrangiatore i suoi soli funzionano sempre perché attenti alla melodia e armonia dei pezzi e perchè ricchi di elementi ritmici. Sono stati composti con un attento bilanciamento tra la parte melodica e tecnica, dove il risultato finale rimane lo scopo principale: il fare musica. Oltre all’ascolto, l’altra chiave del successo per Hall stava nella sperimentazione.

Jim Hall fu molto innovativo dal punto di vista della scelta dei registri e dei timbri dei vari strumenti presenti nelle sue opere: nella sua carriera mescolò spesso il jazz con la musica classica, essendo stato per anni uno studioso di chitarra classica, strumento che lo ha sempre affascinato. Questa idea di musica senza genere è testimoniato dalla collaborazione con il violinista Itzhak Perlman.
L’altra idea di Hall fu l’essenzialità, non solo relativa al fraseggio. Nel 1957 infatti  con il trio di Jimmi Giuffre e Bob Brookmayer, i tre musicisti, senza una sezione ritmica di base, improvvisavano sfruttando il proprio ritmo come idea propulsiva. Come fece Duke Ellington, i musicisti collaboravano tra di loro, interagendo attivamente alla composizione e scrittura dei pezzi per dar vita al proprio talento.
Altro elemento caratterizzante il suono di Hall fu la sperimentazione. Egli infatti rimase sempre affascinato dagli altri musicisti e si fece ispirare da loro, non solo in fatto di strumentazione ma anche nell’utilizzare dei sintetizzatori per chitarra, per ottenere il timbro che aveva in testa.

Per esempio, con l’avvento dei sintetizzatori e dei pedali come il “chorus” egli cercò di ampliare la sua personale strumentazione; inoltre accostò degli effetti mai usati prima in ambito jazzistico, come per esempio il “Whammy”, un pedale di ultima generazione, tipico dell’ambiente rock e che utilizzò come harmonizer o come traspositore estemporaneo di ottava (come nel 2010 nell’esibizione a Monteroduni con Enrico Pieranunzi).
Fu attentissimo anche nella scelta dello strumento. A questo proposito egli affermò che le chitarre a corpo fine non l’avevano mai affascinato, per la sua necessità di sentire il corpo dello strumento risuonare, come a sottolineare la sua intima relazione con esso.

Jim Hall si considerò un musicista prima di tutto e poi un chitarrista e il suo approccio alla strumentazione riflette questa sua idea di essenzialità ed estrema funzionalità; “Il silenzio è una parte importante del mio playing” affermò Hall, per rimarcare il concetto che la pausa, in musica, ha la stessa importanza della nota suonata.
L’intimità e l’emozione delle sue frasi, vere colonne portanti del jazz, ne sottolineano la sua energia.
Il New York Times afferma :”Jim Hall sceglie poche note con estrema attenzione, invece di suonarle semplicemente una dopo l’altra, con la stessa cura con cui si posiziona un preziosissimo tavolo di elefante” .
Jim Hall fu  il fulcro della band; il suo spiccato orecchio gli permise di essere di ausilio agli altri musicisti quando era richiesto, oppure di rimanere in silenzio quando era necessario. La forza di questo artista sta nell’essere parte del suo gruppo, non un leader. Egli infatti spiegò: “Ognuno di questi ragazzi è un musicista in crescita, creativo, e io li considero in questo modo“.
Un esempio di questo concetto è la collaborazione di Hall con il chitarrista Pat Metheny nel 1990: il trio si incontrò 3 anni prima, quando il chitarrista Attila Zoller portò il quindicenne Pat nel locale “The Guitar”, dove spesso Hall e Carter suonavano.


Jim hall affermò riguardo a questo progetto: “Io non penso di avere ciò che comunemente si chiama stile, ma ho un approccio con la musica, un’attitudine che mi porta a crescere costantemente; non amo essere etichettato con un certo stile o con una certa musica in generale“.
In onore alla sua esigenza di spontaneità, Hall preferì sempre il momento “live”, la sua musica eseguita dal vivo, rispetto alle semplici incisioni. Metheny fu l’opposto, quindi l’album contenne parti live e in studio e i brani furono scritti da tutti i musicisti.                     
La sua ricerca sonora si sposò benissimo con la creatività di Metheny il quale considerò Hall un capostipite del jazz: “Jim è il padre della chitarra jazz moderna per me, lui è colui che inventò il concetto dell’uso della chitarra in diversi generi e situazioni, che per il tempo erano impensabili per i chitarristi esistiti; lui reinventò quello che la chitarra poteva diventare nel jazz, Jim è oltre lo strumento e il significato dietro le note è ciò che esse dicono alla gente“.
Jim Hall è sicuramente l’esempio di come si possa unire il vecchio stile raffinato a qualcosa di nuovo e mai esplorato prima. Sempre alla ricerca del nuovo ma ormai attento conoscitore dei capisaldi del jazz. In particolare, tra le sue massime influenze ci furono principalmente sassofonisti come Coleman Hawkins, Lester Young, Paul Gonsalves e Lucky Thompson.
Egli inoltre studiò molto gli assoli del chitarrista Charlie Christian e Barney Kessel, ma furono principalmente gli strumenti a fiato che imitò in fatto di suono e di respiro.
Con Jim Hall cambiò davvero la concezione della chitarra e fu di grandissima ispirazione a tutti i grandi chitarristi quali Bill Frisell, Pat Metheny ma anche Mick Goodrick, John Scofield e John Abercrombie.

La crescita musicale dell’artista, anche dal punto di vista dell’arrangiamento dei pezzi, fu favorita molto dalle diverse formazioni con le quali collaborò, sia come leader che come guest. In particolare le esperienze di duo e trio, come abbiamo già evidenziato, permisero al chitarrista di ricercare delle tecniche compositive personali e di soffermarsi molto sui voicings degli accordi per poter riempire maggiormente la parte armonica.
Interessante è infatti l’elemento armonico dei brani di Hall. Egli quando accompagna, non si sovrappone mai al basso o agli altri strumenti armonici , e sapientemente esegue le tensioni e le note accordali rimanendo su un registro medio-alto, per non appesantire la sonorità e creare doppioni.
L’elemento chiave della sua idea musicale è la semplicità, come parte strutturale e funzionale; egli ha sempre affermato che la parte tecnica gli ha dato grandi difficoltà, ma se andiamo ad analizzare la sua discografia notiamo come in realtà molte frasi siano parecchio tecniche e di difficile esecuzione, ma pur sempre funzionali.
Altro elemento principale del fraseggio di Hall , come abbiamo visto, è il ritmo, infatti le frasi spesso si alternano ritmicamente e ciclicamente per dare all’ascoltatore un’idea di “botta e risposta” o meglio di consequenzialità.
 
Per quanto riguarda l’approccio agli standard, egli tematicamente rimane fedele al brano originale, riarrangiando le parti secondo il suo suono e stile personali e nei chorus di assolo si rifà alle volte al tema principale, con degli accenni che lo richiamano.
Se duetta con altri musicisti considera “l’interplay” come momento di maggior crescita e spesso, soprattutto dal vivo, cerca di osare, di sperimentare, alle volte concedendosi dei rischi. Il sapiente uso, non convenzionale, delle tensioni accordali lo rende un chitarrista unico. Alcune frasi sono ricche di tensione e non sempre vengono risolte immediatamente, lasciando così l’ascoltatore nella suspense; spesso il ritmo ciclico rende la tensione meno evidente e permette di risolverla con un’idea simile o con note accordali. L’intenzione di base, in ogni caso, rimane quella di appoggiarsi alle note guida delle sigle, che pur sembrando un’idea semplice è effettivamente la più funzionale e ogni frase di Jim Hall non risulta mai scontata.
Affascinante inoltre è la capacità dell’artista di potersi adattare al contesto; per esempio nei duetti con Michel Petrucciani, i due sembrano davvero in simbiosi e la chitarra di Jim Hall acquista quasi un suono “pianistico” e le frasi si sposano benissimo con quelle dell’interlocutore.
Con Pat Metheny, invece, si nota di più un’anima chitarristica di fondo.
Altro aspetto caratterizzante la vita di Hall abbiamo visto essere la sperimentazione, basti pensare che egli fino alla fine cercò di rendere il suo suono personale ed interessante oltre al suo fraseggio

Egli è il poeta dell’essenziale, quel musicista che dopo aver scritto una grossa pagina della storia del chitarrismo jazz, ha insegnato, con profonda umiltà e rispetto per la sua attività, ad amare la musica indipendentemente da barriere di genere ed estrazioni musicali, e ha fatto della sua vita una ricerca continua di un’unicità che possiamo ricondurre all’estrema funzionalità ed essenzialità delle sue idee.                                           Vanny Tonon
tratto dalla tesi di laurea “Jim Hall: il poeta dell’essenziale” di Vanny Tonon

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