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Alberto Lombardi & Bob Clearmountain #2

In generale, come ha spesso ribadito lui stesso, Bob non ascolta quasi mai le cose in solo, ma cerca di lavorarle nel contesto, quindi non sentirai mai in quella stanza 20 minuti di rullante, 15 di basso e così via, l'importante è lavorare sull'organicità del tutto e il ruolo di ognuna delle parti nel contesto.Quind

In generale, come ha spesso ribadito lui stesso, Bob non ascolta quasi mai le cose in solo, ma cerca di lavorarle nel contesto, quindi non sentirai mai in quella stanza 20 minuti di rullante, 15 di basso e così via, l’importante è lavorare sull’organicità del tutto e il ruolo di ognuna delle parti nel contesto.
Quindi, presa confidenza con gli attori del brano, strumenti e voci, comincia a dargli una disposizione spaziale e di volume, facendo nel frattempo equalizzazioni sommarie. Diciamo che abbozza un mix, lavora sul grosso. Poi si concentra sugli elementi singoli, e ne citerò alcuni che avevano una continuità sui tre brani. Essendo i musicisti gli stessi in tutte e tre le session, i suoni di base non sono stati trattati in maniera molto diversa.

La batteria non aveva i trattamenti complessi che altri engineers adottano, non c’era un gruppo parallelo ad esempio. L’approccio è stato molto alla vecchia, compressione sui singoli pezzi e master bus quad compressor dell’SSL che incolla batteria, basso e gli altri strumenti.
La cassa, l’unica cosa che “non faceva il suo lavoro” secondo Bob, dopo un po’ di tentativi di eq è stata rafforzata con un sample da protools, preso dalle sue celebri librerie. Un po’ di alte per dare attacco a tutte e due, 5k shelving, e sulle basse ha aggiunto dove serviva, 100Hz per bucare sul campione e nulla al suono originale!

Mi ha colpito che, giustamente anche se non sembra ovvio per tutti i tecnici con cui ho lavorato, non faceva niente per partito preso. Se l’approccio su molte cose è quasi standard, provato e verificato negli anni, eq e compressione sono scelti sempre e solo in funzione del ruolo dello strumento e delle sue necessità specifiche, nessun preset.
Io non li ho mai capiti i preset. Come faccio ad usare la stessa curva su una voce registrata con un mic a nastro e una con un sm58? Una ballad deve avere per forza un riverbero lungo e un brano veloce una room?
Comunque, i due timbri di cassa, lavoravano completandosi per far muovere il compressore di master nel modo giusto. Compressore che per quel che ne so era acceso, se non da subito, comunque dagli stadi iniziali del mix. Settings: ratio 4:1, 1ms attacco e 300ms release.

Il rullante è stato ingrossato e abbellito con Pultec e 1178, poi ulteriormente schiarito sull’SSL. Sempre uno shelving sui 7k più o meno, all’occorrenza un po’ di punta sui 5k. Un secondo canale, più o meno con lo stesso trattamento, è stato invece compresso dal banco e pesantemente Gate-ato, con un rilascio veloce. In solo si sarebbe percepito solo l’attacco dello snare, una sorta di kh kh (scusate la buffa onomatopea).
Messi insieme, l’effetto è quello di un rullo compresso ma che non ha perso dinamica e vitalità. Fin qui nulla di nuovo, quello che non sapevo era che il microfono della cordiera lo comprime molto e lo chiude un po’ con un gate. Questo settaggio dà al rullante un suono molto pieno, porta su i dettagli, le ghost, ma senza aumentare la sporcizia che quel microfono di solito raccoglie e che comprimendo si evidenzierebbero.

Gli overhead erano dei vecchi Neumann km88 a FET, molto brillanti. Bob li ha schiariti molto sulle altissime, visto che le medie già erano cariche (shelve sui 10k), e li ha ammorbiditi sulle mediobasse.
Ripeto, queste cose si applicano per la situazione specifica. Penso che tutti abbiamo un suono in testa e lavoriamo per ottenerlo con i mezzi della tecnica, ma il punto focale resta sempre la nostra idea di sound, per i singoli strumenti e per l’equilibrio di insieme. La grandezza di questi personaggi sta proprio nella visione che hanno e nella capacità di realizzarla, di tenergli fede senza perdersi in tecnicismi e preset di lavoro.
Compressione e gate anche sui tom, molto schiariti e molte basse, sempre dal banco. La room un poco compressa e (stranamente) scurita in alto (5k shelving) e ingrossata sulle medie (800-1k). Probabilmente con lo scopo di arricchire quella zona della batteria, renderla più grassottella.

Alberto Lombardi & Bob Clearmountain #2

Il basso ha avuto l’onore del Neve 33609, discretamente compresso 3:1 con attacco e release veloci e un po’ di 80 hz da un eq Avalon. Probabilmente il suono del buon Pierpaolo Ranieri era già equilibrato.

Alberto Lombardi & Bob Clearmountain #2

La voce, per quanto io non sia un grande cantante, era registrata con uno dei microfoni più belli della storia, l’U47 a valvole della Telefunken che ho l’onore e il vizio di possedere. Quindi dopo una bella passata per l’1178 (8-10 db max, non poco) a 8:1 è bastata una manciata di Db shelving sui 7k e la magia era fatta. 

In un brano Bob ha usato anche il BSS dynamic equalizer. È una bella macchina, un multibanda trasparente, in sostanza, che comprime solo frequenze specifiche. Era settato sulle medie che sembravano scoprire solo in alcuni punti e quindi all’occorrenza le ammorbidiva, lasciandole però intatte quando non eccedevano. 

Per quel che riguarda il deessing Bob ha una patch sul banco, che proverò a spiegare. Duplica il canale della voce, schiarisce il duplicato il più possibile, toglie tutte le basse e medie, sempre attraverso l’eq dell’SSL; poi apre un compressore sul canale originale e lo triggera con il canale duplicato, come un sidechain in sostanza. In verità questo è esattamente come funziona un deesser dentro la sua scatoletta, ed è come si faceva prima che venissero commercializzati come unità finite.

Alberto Lombardi & Bob Clearmountain #2

Chitarre e tastiere sono state di base solo schiarite, mentre le acustiche venivano anche compresse, sempre con decisione ma senza eccedere, con i Distressor.

Alberto Lombardi & Bob Clearmountain #2

Gli effetti sono un capitolo a parte, perché Bob ha reso famoso il suono wet, negli anni 80. Non è assolutamente una regola, ma gli ambienti li usa in maniera chiara e presente, soprattutto i delay sono evidenti e belli. Volendo riassumere: le echo chamber le usava per dare spazio, essendo brevi e bright, Altiverb (ritornato dalla consolle sempre) come hall più lunga, e sulla batteria c’erano sempre 2 reverberi aperti, in particolare sulla room e il rullo.
Credo di aver beccato, guardando le foto anche un piccolo errore, cioè solo l’over di sinistra sembra ambientato… anche i grandi si distraggono?! Infine sui tom i pot aperti di riverbero erano addirittura 3… ma non saprei cosa fosse la terza mandata…
Credo che con una console venga naturale mischiare più riverberi sullo stesso strumento, mentre sulla DAW sembra poco in voga. Forse avendo un numero limitato di possibilità si mischia per avere qualche colore in più? O più verosimilmente per aggiungere diverse dimensioni spaziali.  

Per quel che riguarda l’automazione, ammetto di non aver prestato troppa attenzione, ma non mi è sembrata maniacale. Certo gli strumenti sono stati seguiti, ma più per fissare il volume giusto per ogni specifica sezione del brano, non ho visto Clearmountain automatizzare sillabe e respiri.
Molto gratificante invece il volume scelto per i soli di chitarra, alti almeno come la voce, se non di più! “If I want to hear something, I want to hear it, I’m not shy about it“, questo mi ha detto quando io, il chitarrista in questione, notavo che l’assolo mi sembrava un po’ alto. Se un chitarrista ti dice che il suo volume è eccessivo, vuol dire che è bello sostenuto!

Alla prossima puntata per le mie considerazioni finali sul lavoro finito!
Alberto Lombardi

Alberto Lombardi & Bob Clearmountain #2