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Ear training: allenare l’orecchio musicale, dall’istinto alla consapevolezza

L’ear training sviluppa l’orecchio musicale attraverso pratica e consapevolezza, migliorando l’ascolto, la comprensione e la creazione musicale con esercizi mirati.

Parlare di ear training, o allenamento dell’orecchio musicale, significa affrontare uno dei temi più affascinanti, ma a volte anche, fraintesi nello studio della musica.
Spesso circondato da un’aura quasi magica, come se fosse un talento riservato a pochi fortunati, l’ear training è in realtà una capacità che tutti possono sviluppare. Non serve nascere con un orecchio “speciale” (ancor meno con l’orecchio “assoluto”, caratterstica che oltretutto è più rara rispetto a quello che dicono le leggende metropolitane).

Cosa serve quindi? Beh, sembrerà banale dirlo ma a tutti gli effetti serve allenarsi, attraverso esercizi costanti e mirati (sono astate addirittura sviluppate delle App come MyEarTraining e altre per esercitarsi ovunque).

Chiunque ascolti musica con attenzione inizia già, inconsapevolmente, a esercitare il proprio orecchio. Un bambino che cresce ascoltando canzoni sta già costruendo le basi di questa abilità.
La differenza tra chi si ferma lì e chi la porta a un livello superiore sta tutta nella consapevolezza: capire cosa ascoltiamo, perché suona in un certo modo e come è strutturato quel suono.

Non è magia, è allenamento

Il primo passo per sviluppare un buon orecchio è liberarsi dall’idea che si tratti di un dono innato. L’orecchio musicale si costruisce.
Il nostro sistema uditivo è in grado di percepire e distinguere le differenze di altezza e frequenza dei suoni e di associarle a precise relazioni musicali. Con l’allenamento, queste percezioni diventano sempre più affidabili e precise.

Il concetto chiave è che non ci interessa tanto riconoscere la nota assoluta – quella è un’abilità diversa, chiamata perfect pitch, che raramente si sviluppa in età adulta – quanto imparare a cogliere le relazioni tra i suoni. Questo si chiama relative pitch ed è la vera spina dorsale dell’ear training.

Riconoscere intervalli, gradi della scala, funzioni armoniche e risoluzioni significa comprendere cosa accade all’interno della musica, al di là della semplice percezione sensoriale. Come affermano molti insegnanti, l’obiettivo è imparare a “parlare la lingua della musica” e non soltanto a leggerla o riprodurla.

Sentire il cuore della musica: la tonica

Uno dei concetti fondamentali da assimilare fin dall’inizio è quello di tonica, cioè la nota “di casa”, il punto di riposo e stabilità di una scala o di un brano. Tutta la musica tonale ruota intorno a questo centro gravitazionale, e imparare a riconoscerlo è un passo decisivo per qualsiasi percorso di ear training.

La tonica non è semplicemente una nota: è un “feeling state”, un’esperienza percettiva precisa. Quando la musica si risolve su di essa, si percepisce una sensazione di completezza, quiete e stabilità.
Se prendiamo, ad esempio, la nota Do, il suo ruolo cambia a seconda del contesto: può essere tonica in un brano in Do maggiore o avere tutt’altra funzione in un altro contesto tonale. Non è dunque il suono assoluto a contare, ma la relazione tra i suoni e il modo in cui uno di essi si comporta come punto di arrivo.

Allenare questa sensibilità significa imparare a “sentire” la tonica nelle scale, negli accordi e nei brani completi. Un ottimo esercizio consiste nel fermare un brano a caso e cercare di cantare la sua tonica, immaginando la nota su cui si risolverebbe naturalmente. Più ci si allena a riconoscerla, più si diventa capaci di orientarsi all’interno di qualsiasi musica.

Intervalli e relazioni: l’alfabeto del linguaggio musicale

Gli intervalli, ovvero le distanze tra due suoni, rappresentano i “mattoni” fondamentali dell’ear training. Esistono intervalli armonici, quando due note vengono suonate insieme, e melodici, quando sono suonate separatamente. Conoscerne il suono è essenziale perché da essi derivano scale, accordi e progressioni armoniche.

Gli intervalli possono essere consonanti o dissonanti, a seconda della loro stabilità percettiva. Le quinte e le ottave sono considerate consonanze aperte, stabili e chiare; le terze e le se s te sono consonanze più morbide. Al contrario, seconde e settime creano tensione, con la seconda minore e la settima maggiore che risultano particolarmente aspre. Il celebre tritone, infine, è l’intervallo più instabile e tende naturalmente a risolversi verso altre note.

Allenare l’orecchio a riconoscere questi intervalli significa imparare a identificare la loro “personalità sonora”. Un esercizio semplice ma efficace è suonare due note e provare a cantare la distanza tra loro, associandola a canzoni note (per esempio, la quinta perfetta del tema di Star Wars o la quarta giusta dell’inno “Here Comes the Bride”).

Melodia, armonia e contesto

Un errore comune di molti musicisti è quello di esercitarsi sugli intervalli senza considerare il contesto armonico. In realtà, l’orecchio non ragiona in termini assoluti ma cerca costantemente un ambiente tonale di riferimento.

Quando sentiamo due note, inconsciamente cerchiamo l’accordo o la scala a cui appartengono. Per questo motivo, associare un intervallo al suo numero (ad esempio “sesta”) può essere fuorviante se non si considera il contesto.

L’allenamento più utile consiste nel riconoscere le funzioni relative dei suoni: capire se una nota è la terza di un accordo, la quinta di un’altra tonalità o la settima di dominante. Questo tipo di percezione permette di visualizzare sulla tastiera o sullo strumento ciò che si sta ascoltando, trasformando l’orecchio in una vera e propria bussola musicale.


Esercizi pratici per iniziare (e progredire)

L’ear training non è una teoria astratta: è un’attività quotidiana fatta di esercizi concreti. Eccone alcuni utili per iniziare e migliorare:

  • Associare note a canzoni: scegli un brano semplice e collega ciascun grado della scala a un tema melodico che conosci bene. Ad esempio, la terza può ricordarti Jingle Bells, la quinta Bianco Natale.
  • Cantare la tonica: ascolta un brano, interrompilo improvvisamente e cerca di cantare la nota su cui si risolverebbe naturalmente.
  • Allenarti con scale e accordi: suona una scala e fermati prima della tonica, cercando di “sentire” la nota di arrivo e cantarla. Oppure suona una progressione di accordi e prova a riconoscere il momento in cui ritorna alla tonica.
  • Esercitarti con un drone: fai suonare una nota fissa (ad esempio un E) e canta i vari gradi della scala rispetto a quella tonica, ascoltando come cambia la sensazione di stabilità.

Con la pratica, queste attività diventano sempre più intuitive e trasformano radicalmente il modo in cui ascolti e interpreti la musica.

Il passo successivo: comprendere l’armonia

L’ear training è uno strumento straordinario per migliorare come musicisti, ma rappresenta solo una parte del percorso. Per chi desidera approfondire davvero la conoscenza della musica e dell’armonia moderna, un passo naturale è quello di studiare i concetti teorici che stanno alla base di ciò che si ascolta.

A questo proposito, i corsi di armonia moderna tenuti da Valerio Silvestro su Musicezer rappresentano un percorso completo: dalle basi teoriche all’analisi armonica fino alle applicazioni pratiche, compreso un corso dedicato all’armonizzazione pianistica (in realtà utile anche a chi non suona il piano).
Un modo per trasformare l’orecchio allenato in uno strumento ancora più potente, capace non solo di riconoscere ma anche di creare e comprendere la musica in profondità.



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