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Le frecce (chitarristiche) dei mitici Rokes

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Le chitarre di una band che ha segnato i ruggenti anni '60 italiani con la propria musica.

Il gruppo inglese Shel Carson Combo arriva in Italia l’8 maggio del 1963 per una breve tournée. È costituito da Shel Shapiro, Johnny Charlton, Bobby Posner e Mike Shepstone.
Durante una serata al teatro Ambra Jovinelli di Roma vengono notati da Teddy Reno che diventa il loro produttore e nel 1964 incidono il primo 45 giri, Shake, Rattle and Roll. Per l’occasione il gruppo cambia nome in The Rokes.
Durante la loro carriera in Italia venderanno più di 5 milioni di dischi.

L’incontro con Eko e Vox

Dopo il primo 45 giri e l’immediato successo, i Rokes vengono invitati a Recanati da Oliviero Pigini, fondatore della Eko, che offre loro la fornitura di chitarre custom e amplificatori Vox

Il secondo 45 giri dei Rokes li vedrà sfoggiare in copertina le prime chitarre signature di Eko: le ormai famosissime e ricercatissime «frecce». Il nome del gruppo sembra un modo di dire gergale derivato da «rock», rok, rocket, Rokes… frecce, razzi…
Secondo Bobby Posner, il bassista, Rokes era invece una variante fonetica di «rake», rastrello, escogitata da Johnny Charlton. Questo, con semplicità ed eleganza, spiega la forma della chitarra meglio di mille parole.

La Eko Rokes è sostanzialmente una variante della Gibson Flying V del 1958, che non fu un grande successo commerciale ma ebbe una grande visibilità proprio dove serviva: le fiere internazionali dove la presentazione di una gamma modernista del più tradizionale dei produttori americani non poté passare inosservata ai concorrenti.
Negli esemplari Rokes custom fatti successivamente per il gruppo si riprese anche la tecnica delle corde passanti come sull’originale del 1958.

I pickup DeArmond e Cremonini

Per la prima volta si inverte la tendenza che voleva l’alto di gamma equipaggiato da quanti più pickup e controlli possibili. Charlton doveva essere un chitarrista raffinato e indicò che un solo pickup, ma buono, era tutto quello che serviva a un musicista professionista.
Per sostituire il P90 della sua Gibson Junior con cui era arrivato in Italia, si scelse il punto di riferimento per tutto il mercato: i DeArmond della Rowe Industry. Vennero portati in fabbrica direttamente da Pigini di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti.
Verranno utilizzati il modello 2000, il 1000 e il modello 41.

I primi prototipi dedicati al gruppo vengono assemblati velocemente già nel 1964. Hanno la paletta che più a punta di così non si poteva. Furono fatti il basso e due chitarre, una a sei e una a dodici corde, tutte con la verniciatura sunburst. Questi primi tre esemplari sono le uniche Rokes ad avere la regolazione del truss rod alla paletta. 

Nel 1965 dopo i primi mesi di esclusivo utilizzo delle frecce da parte del gruppo se ne inizia la produzione e i primi esemplari di serie nella rara versione con i pickup Tri-namic di Cremonini appaiono in anteprima mondiale nella vetrina del nuovo negozio di Wenzel Rossmeisl (il distributore per la Germania) in Hohenzollernstrasse a Monaco. 

Arrivano i “razzi”

Le chitarre vengono sottoposte al vaglio degli importatori americani con il nome commerciale di Rocket (razzo) – chi mai poteva conoscere il gruppo italiano negli USA? Il nome però fu cambiato in Rok per evitare cause legali: esisteva una omonima batteria di Gretsch (un’altra batteria Gretsch fu il motivo per il cambio di nome della Fender Broadcaster in Telecaster).

Le Rok definitive vedranno la luce dei cataloghi solo nel 1967, ben tre anni dopo la loro ideazione. Verrano equipaggiate con i DeArmond principalmente per l’esportazione mentre per il mercato interno furono adottati i Cremonini bianchi riservati anche alle altre Eko.

Un esempio di bassi equipaggiati con pickup DeArmond e Cremonini:

Sulla west coast degli Stati Uniti la Eko era distribuita insieme alle Rickenbacker dalla Radiotel di F.C.Hall.  La dodici corde venne richiesta con la paletta in stile Rickenbacker con le meccaniche incrociate.
Si migliora il bilanciamento della chitarra, si rende più comoda e intuitiva l’accordatura, si rende utilizzabile la chitarra con sole sei corde senza darlo troppo a vedere e, non ultimo dei vantaggi, non servono custodie con misure speciali.
Non fu adottata invece l’esclusiva caratteristica delle Rickebacker 12 corde di avere i bassi sopra i cantini. In Italia è più comune trovare le sei meccaniche in linea per lato.

Prototipi di cui rimane solo la leggenda

Per arricchire l’arsenale del gruppo si prepararono i prototipi per le versioni semiacustiche di cui ci rimane solo qualche immagine del basso e della dodici corde. I corpi destinati alla produzione andarono persi nell’incendio della fabbrica avvenuto nel 1966, il progetto fu abortito e per questo sono considerati il Sacro Graal dei collezionisti.
Appaiono solo in una brochure in bianco e nero realizzata dai LoDuca, qualche foto pubblicitaria e nelle riprese televisive.

I modelli per i Rokes

Intanto ai Rokes vengono dedicate le attenzioni di Augusto Pierdominici responsabile degli strumenti custom per gli artisti e venneroo realizzati per loro alcuni modelli speciali oggi nella collezione Beatgarage.

Per Johnny si fecero due esemplari con un campione di legno zebrano fortemente figurato. La sei corde è sopravvissuta, della dodici corde sappiamo della sua esistenza da una foto in bianco e nero, si vede sfocata sullo sfondo. Il seriale della sei corde è nel range 216900, quindi 1966. Tastiera in ebano, manico in acero, vibrato Bigsby e pickup DeArmond. Cosa desiderare di più?

Tra la fine del 1966 e il 1967 per il gruppo si sperimentarono nuovi strumenti con l’elettronica attiva e una dodici corde per Shel Shapiro.

La 12 corde di Shel è andata persa. Il cantante volle la configurazione a tre pickup della Stratocaster e una finitura fiesta red. Per il colore furono fatti numerosi tentativi e alla fine Shapiro fu soddisfatto solo quando Avellino Tannoni, uno dei liutai più esperti di Eko, aggiunse un poco di giallo alla miscela.

Due dei modelli attivi invece sono rimasti del loro bel rosso trasparente che lascia le venature del legno a vista. Diversi elementi erano in comune con la gamma Vox che nel frattempo si produceva per gli inglesi: lo stile della piastra cromata dei controlli e le manopole, il cuscino sul retro a coprire l’alloggiamento per la batteria. L’attaccacorde è fatto con 6 fori passanti nel corpo proprio come sulla Gibson del ‘58. Forse per risparmiare, sei anche per la dodici corde. 

Infine l’esemplare bianco che appare in numerose trasmissioni televisive. La moda degli effetti incorporati nella chitarra durò pochissimo, l’enorme successo iniziale dei Rokes ebbe qualche battuta di arresto e questi modelli non furono mai messi in produzione. 

Tutte le versioni delle Rokes sono ricercate sul mercato e sono tra i pochi modelli italiani apprezzati anche all’estero.
A una estetica originale uniscono suonabilità e prestazioni buone in senso assoluto, soprattutto quando equipaggiate dai DeArmond. 

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