L’Ibanez JEM signature di Steve Vai è probabilmente una delle chitarre firmate più famose al mondo, se non la più famosa. Ma che succede se montiamo delle corde grosse e lisce solitamente utilizzate dai jazzisti?
Devo ammettere che questo è un esperimento che non ho mai fatto, considerando che sono oltre trent’anni che in qualche modo imbraccio una chitarra. Di esperimenti ne ho fatti a centinaia, leciti e non leciti, ma le corde lisce (sinonimo di jazz tone) su una chitarra come questa Steve Vai Jem 555 del 1994 (che incarna il pensiero shred per eccellenza), mi ha parecchio stuzzicato e divertito nella sua realizzazione.
L’impresa nel montare questo tipo di corde è stata ardua, soprattutto perché non avendo altre molle del ponte a disposizione, ho dovuto tirare al massimo quelle presenti sullo strumento.
A causa dell’alto carico di tensione dato dalle corde 0.12/0.57, il ponte è rimasto irrimediabilmente alto a livelli indicibili, ma comunque sufficienti per poter ascoltare il sound prodotto.
Inoltre, nel risultato finale del video, bisogna considerare che ho tenuto lo strumento accordato sotto di un tono per sopperire all’estrema tensione delle corde e ciononostante la chitarra rimaneva accordata a fatica, con alcune note sporche sui cantini per l’action così mal regolata: ma la soddisfazione di sentire il suono prodotto da un esperimento così bizzarro, era una curiosità che ormai si era impossessata di me.
Finalmente, dopo quasi un’ora di tira e molla (perdona il gioco di parole!) riesco a ottenere una certa stabilità. Attacco la chitarra nel setup jazz, in questo caso il Laney A1 a transistor specifico per strumenti semiacustici e semplicemente un po’ di riverbero generato dallo Zoom MP70CDR per dare un po’ di profondità al suono.
Il tono è rotondo e caldo, molto vicino al sound di una chitarra hollowbody, manca un po’ di dimensionalità acustica (per fortuna, potremmo dire), ma le frequenze spendibili come jazz tone ci sono tutte e con le dita o a plettro si riescono a ottenere toni caldi rotondi e setificati.
La cosa interessante è stato provare le diverse posizioni offerte dallo switch: si può notare un drastico calo di volume e assottigliamento del suono con il pickup centrale, mentre quello al ponte diventa decisamente nasale e pungente.
Certo, avrei potuto provare il tutto anche con un setup da “chitarra rock”, con una bella testata e cassa da poter tirare il gain a piacimento, ma a questo punto si potrebbero aprire una serie di sperimentazioni da produrre almeno altri dieci articoli.
Con questo semplice test mi sono voluto togliere le sfizio di capire quanto la corda possa influire e personalmente mi sento di dire che per ottenere un certo jazz tone, tondo, caldo, robusto e definito, tipico della chitarra jazz, la corda contribuisce un po’ più dello strumento; sarà poi quest’ultimo, grazie alle sue caratteristiche costruttive (legnami, elettronica, etc.), a dare il contributo che confezioni il sound finale e caratteristico di ogni genere di chitarra.
Ma sicuramente la corda è il cuore centrale della produzione del suono e dopo questo esperimento non potrò dimenticarmi più come suona una Steve Vai con le corde da jazz lisce e super spesse!
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