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Alle origini della Gibson Les Paul

La lettura del libro di Tony Bacon The Les Paul Guitar Book (ed. Backbeat Books/Hal Leonard publications), mi ha fatto scoprire alcuni aspetti che ignoravo totalmente sulla genesi di questa chitarra. Ho riassunto di seguito ciò che vi ho trovato di più interessante, nella speranza che possa interessare anche alt

La lettura del libro di Tony Bacon The Les Paul Guitar Book (ed. Backbeat Books/Hal Leonard publications), mi ha fatto scoprire alcuni aspetti che ignoravo totalmente sulla genesi di questa chitarra. Ho riassunto di seguito ciò che vi ho trovato di più interessante, nella speranza che possa interessare anche altri, integrandolo con alcune notizie sulla vita di Les Paul stesso e con una breve intervista a Tony Bacon, che si è reso cordialmente disponibile per l’occasione.

Nei giorni compresi fra il 27 ed il 31 Luglio del 1952, all’Hotel New Yorker di New York le stanze comprese fra la 611 e 615 vennero occupate dall’esposizione degli strumenti della Chicago Musical Instruments. Si svolgeva infatti in quei giorni e in quella sede l’annuale convention del Namm, National Association of Music Merchants, durante la quale venne svelata la “Especially Gibson’s new Les Paul Model electronic guitar”: la iconica goldtop, progenitrice di tutta la stirpe Gibson Les Paul.

La brochure pubblicitaria recitava: “Designed by Les Paul – produced by Gibson“. Sulla produzione non ci sono dubbi. Sull’autore del progetto… qualcosa da dire forse c’è.

Lester William Polfuss, Rhubarb Red e Les Paul

Lester William Polfuss, in arte Les Paul, è stato tante cose insieme. Un chitarrista di fama, dal talento precocissimo, un innovatore delle tecniche di registrazione, un businessman attento ai suoi affari. E un inventore di strumenti.
Nato nel 1915 a Waukesha, Wins
consin, già verso la fine degli anni ’20, teenager, suona country cimentandosi con l’armonica (suo primo strumento) e successivamente col banjo e la chitarra. Prima con la Red Hot Ragtime Band, poi conosciuto col nome d’arte di Red Hot Red. In seguito – circa dal ’34, già a Chicago, come Rhubarb Red, se suona hillbilly, o come Les Paul, se si propone come jazzista; quest’ultimo diviene il suo definitivo nome d’arte.

Alle origini della Gibson Les Paul

Il nostro, nel tempo, cambia numerosi strumenti: negli anni ’30 e ’40 passa da una Gibson all’altra: Es-150, L-5, L-7, Es-300, instaurando un rapporto di endorsement importante con la casa di Kalamazoo: dal 1940 diviene il terzo endorser dall’inizio della storia Gibson, dopo Nick Lucas e Roy Smeck, nonché, in prospettiva, il più famoso in assoluto. 

È però scontento dei suoni amplificati che escono dalle sue hollow body, così sperimenta parecchio da sè e realizza, 1940 circa, quella che chiama “The Log“: un ciocco di pino che sembra un pezzo di una trave (base 4″x 4”, pare si trattasse di una traversina ferroviaria), a cui attacca (unicamente per salvare le apparenze) due metà di una cassa hollow Epiphone (allora concorrente della Gibson, con sede a New York), un manico Gibson, una tastiera Larson Bros, un vibrato Kauffman ed un pickup home-made.

Alle origini della Gibson Les Paul

The Log viene continuamente modificata da Les Paul, che si cimenta col DIY nel suo appartamento a Queens (NY) dove nel ’40 viene colpito da uno shock elettrico che quasi lo lascia stecchito. Les passa anche spesso dei fine settimana nella fabbrica Epiphone (sempre NY), sperimentando variamente sulle chitarre.
The Log è proprio brutta, ma convinto di aver ottenuto un risultato importante (alla fin fine la chitarra è una sorta di solid body) in termini di eliminazione di feedback e miglioramento di tone e sustain, nel 1946 circa Les si reca a Chicago alla sede della CMI (dal ’44 proprietaria della Gibson) per mostrare al boss, Maurice Berlin, la sua innovativa Frankenstein. “They laughed at the guitar” ricorderà poi nel 1989 durante un’intervista con Tony Bacon. 

I tempi non devono essere maturi, se perfino uno scaltro businessman come Berlin non intuisce l’affare. Les Paul continua a sperimentare e, dopo “Log”, modifica due chitarre con un paio di pickup Bigsby ciascuna e vibrola Kauffman: le chiama “Clunkers“, una per sé e una per la moglie Mary Ford (per la moglie, niente vibrola).

Alle origini della Gibson Les Paul

Photo by Arnoldius
Licenza Creative Commons

Curiosità, giusto per capire meglio il personaggio: nel ’48 Les si frantuma brutalmente un gomito in un incidente d’auto, così chiede ai chirurghi di impostargli la ricostruzione dell’articolazione in modo che l’arto rimanga piegato con un angolo di circa 90°, per permettergli di suonare ancora. Il recupero dura circa un anno e mezzo.

Fra una scossa elettrica e un incidente d’auto Les Paul era arrivato alla solid-body da sé: dopo Rickenbacker, per esempio, ma prima di molti altri, tra cui i nostri amici della Gibson. Soddisfatti dei sette modelli di elettriche hollow in commercio nel 1950 (ES-125, ES-140, ES-150, ES-175, ES-300 e ES350) a Chicago e Kalamazoo l’idea di una solid-body non sfiora nessuno.
In California qualcun altro ha invece preparato una sopresa: nel 1950 esce la Esquire (Aprile) – Broadcaster (Novembre) di Leo Fender (ma questa, evidentemente, è un’altra storia).
Ted McCarty, dal 1948 a capo della Gibson, dov’era approdato dopo 12 anni alla Wurlitzer, capisce velocemente che dall’Ovest arriva una sfida commerciale epocale, e decide di raccoglierla in fretta.

A questo punto però il racconto diviene diverso, a seconda che a ricordare sia Les Paul o Ted McCarty.

Alle origini della Gibson Les Paul

La versione di Ted McCarty

Secondo il celeberrimo “deus ex machina” del periodo d’oro Gibson, già poco dopo il Novembre 1950, momento di comparsa sul mercato della Broadcaster, alla Gibson si comincia a lavorare sul progetto della nuova solid body. McCarty stesso e gli ingegneri della ditta tentano di capire come debba essere fatto un tipo di chitarra che per loro è un’assoluta novità, abituati storicamente a progettare strumenti con cassa di risonanza. 

Una cosa è scontata da subito: la solid body Gibson non sarà una tavolaccia con manico avvitato come la Broadcaster di Leo Fender, la Gibson farà valere la sua tradizione: sia nella costruzione, con impianto più liuteristico, sia nell’aspetto, per nulla spartano. Secondo Ted McCarty al progetto si dedicano numerose persone: lui, il suo vice John Huis, e altri diversi dipendenti fra reparto legno, assemblaggio finale e addetti commerciali. Il tutto non per breve tempo: praticamente per arrivare ad un prototipo accettabile passa circa un anno. 

Tutto il 1951, o quasi. Ted McCarty a quel punto sa di avere lo strumento giusto e decide di mostrarlo, perché, badate, secondo McCarty, fino a quel momento Les Paul non aveva ancora mai visto la chitarra in questione, al chitarrista più celebre del momento, che d’altra parte è già endorser Gibson: raggiunge quindi Les Paul e Mary Ford a Stroudsbourg, in Pennsylvania, verso la fine del ’51 o l’inizio del ’52, in una casa da caccia dove Les Paul aveva costruito uno studio di registrazione.

Alle origini della Gibson Les Paul

Photo by Corrado Fiorino
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La versione di Les Paul

Secondo Les Paul le cose vanno diversamente: nel ’51, preoccupato dalle novità di casa Fender, Maurice Berlin lo fa chiamare, ricordandosi della sua strana “Log”, quella costruita col pezzo di trave in pino massiccio. Durante una riunione alla CMI di Chicago, presenti gli stessi Berlin e Polfuss oltre al numero due della CMI, Carlucci, vengono determinate le specifiche dello strumento da progettare; poi il reparto R&D della Gibson comincia a lavorare.
I designed everything there, except the arched top” dirà categorico nel ’93 in un’altra intervista, sempre a Tony Bacon, ricordando come il top arcuato fu voluto da Berlin, appassionato collezionista di violini.

L’accordo di Stroudsbourg: nasce la Gibson Les Paul

Sia andata in un modo o nell’altro – che la chitarra sia stata creata dalla Gibson in un anno di lavoro e poi semplicemente sottoposta all’endorser del momento, o che Les Paul l’abbia interamente disegnata lasciando solo i dettagli tecnici alla Gibson, durante l’incontro di Stroudsbourg, in cui McCarty portò a Polfuss il prototipo, i due si accordarono per un 5% di royalty su ogni strumento venduto, stipulando un contratto della durata di cinque anni.
Paradossalmente la stella di Les Paul, con la seconda metà degli anni ’50, cominciò a declinare: complice l’avvento del rock, non nelle sue corde, perse velocemente la popolarità acquisita e la sua fama è oggi legata più all’endorsement concordato nel ’52 a Stroudsbourg che alle decine di microsolchi incisi dall’artista.

Nella prossima puntata potrete leggere l’intervista che vi ho preannunciato a Tony Bacon, qui sotto la pagina relativa alla Les Paul tratta dal catalogo Gibson del 1956.

Alle origini della Gibson Les Paul

Marco D’Andrea – Shangri Lab

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