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Registrazione multitraccia e campionamento

Un benvenuto a tutti i sempre più numerosi Musicoffili! Conosciamo ormai le apparecchiature con cui abbiamo a che fare quando entriamo in uno studio di registrazione; ovvero il banco mixer, il rack effetti, "cavi e cavetti" e così via. Ma non ci siamo dimenticati che lo scopo di questi incontri è invece l'

Un benvenuto a tutti i sempre più numerosi Musicoffili! Conosciamo ormai le apparecchiature con cui abbiamo a che fare quando entriamo in uno studio di registrazione; ovvero il banco mixer, il rack effetti, “cavi e cavetti” e così via. Ma non ci siamo dimenticati che lo scopo di questi incontri è invece l’Hard Disk Recording, ovvero la tecnica usata da chi lo studio ce l’ha dentro il computer e da chi ha la fortuna di possederne uno vero, ma vuole implementare le sue produzioni con questa tecnologia che sta conquistando sempre più consensi.
C’è un vero e proprio “parallelismo” tra la registrazione tradizionale e quella su Hard Disk, ed oggi iniziamo a scoprirne i tratti più evidenti parlando della registrazione multitraccia.
Più o meno tutti avremo visto almeno una fotografia dei registratori a bobine che tante soddisfazioni hanno dato, e tutt’ora continuano a dare, ai fonici delle precedenti generazioni. La stragrande maggioranza dei dischi che ancora oggi ascoltiamo di più, è “passata” dentro uno di quei mitici macchinari.
Al giorno d’oggi si fa a gara di Megabytes, una volta invece erano i “pollici” a comandare. Il pollice è infatti l’unità di misura utilizzata per indicare la larghezza del nastro magnetico che scorre davanti alle testine dei registratori analogici.
C’è una proporzionalità diretta tra la grandezza del nastro magnetico ed i bit di una registrazione digitale, così come tra la sua velocità di scorrimento e la frequenza di campionamnto in digitale. Per capirla a fondo parliamo prima del campionamento digitale.
La differenza fondamentale tra un segnale analogico ed uno digitale è data dal fatto che il primo è un segnale continuo ed il secondo è invece discreto. Facciamo un esempio: immaginiamo di pizzicare la corda di una chitarra e di eseguire un “bending”, ovvero tiriamo la corda in maniera che la frequenza dell’onda da essa prodotta aumenti proporzionalmente alla forza che applichiamo sulla corda stessa nel tirarla.
La frequenza aumenta in modo continuo, ovvero tocca tutti gli infiniti valori tra la frequenza iniziale e quella raggiunta al termine del bending.
Se vogliamo fare la stessa cosa con un pianoforte, ovvero partire da una nota con una certa frequenza, ed arrivare ad una nota più alta, non abbiamo di certo la possibilità di “tirare” le corde, ma dobbiamo passare per le note che si trovano in mezzo alle due frequenze scelte.
Effettuiamo cioè un passaggio discreto tra la frequenza di partenza e quella da raggiungere, in quanto tocchiamo un ben preciso numero di tasti prima di arrivare alla nota contraddistinta dalla frequenza desiderata.
A questo punto traduciamo in un linguaggio più adeguato e con le dovute unità di misura questo discorso.

Nell’analogico abbiamo dunque la larghezza del nastro (in pollici) e la velocità di scorrimento dello stesso (in pollici per secondo, ovvero IPS) a determinare la qualità di una registrazione.
Nel digitale invece troviamo la frequenza di campionamento (in Hz) e la profondità in Bit.

In analogico entrano in gioco complesse leggi di magnetismo e corrente indotta che non spiegheremo, diciamo solamente che dobbiamo preferire un nastro più grande ed una velocità elevata per ottenere più dinamica (quindi una più alta soglia di distorsione) ed una maggiore risposta in frequenza.
Parliamo invece più approfonditamente del digitale, in quanto ci interessa di più per l’hard disk recording, ed anche perchè è in un certo senso più facilmente comprensibile ed intuitivo.
Campionare significa catturare i dati di frequenza ed ampiezza di un onda ad intervalli regolari. La frequenza di campionamento ci indica proprio il numero di campioni che vengono presi per unità di tempo. Ad ogni intervallo viene letto il valore dell’ampiezza dell’onda, il quale viene mantenuto fino alla lettura del valore immediatamente successivo. Nella figura vovrastante i puntini rossi contraddistinguono il punto in cui vengono prelevati i campioni, e la linea tracciata in blu è la rappresentazione in digitale, quindi dopo il campionamento, del segnale originale, quello in verde.
L’esempio potrebbe tranquillamente rappresentare un campionamento pessimo, in quanto è evidente che il segnale campionato è fin troppo differente dal segnale originale, e non abbiamo nemmeno tenuto conto della profondità in bit di cui adesso parleremo. Infatti, il campione di ampiezza prelevato, viene ogni volta approssimato al più vicino disponibile. Il numero dei valori disponibili lo troviamo così: Nel caso quindi dei famosi 16 Bit avremo 65.536 livelli di dinamica , che non sono affatto male ^__^
Qui nasce il dibattito “meglio analogico o digitale?” che ancora affligge tutti i fonici e gli amanti dell’alta fedeltà; infatti, per quanto alta possa essere la profondità e la frequenza di campionamento, parliamo sempre di approssimazioni, approssimazioni che in analogico non esistono, in quanto non c’è necessità di campionare e convertire il segnale. Potete esprimere le vostre opinioni al riguardo nel forum di Musicoff.

Torniamo ora al discorso principale, dopo questa necessaria parentesi sul campionamento.
La nascita della registrazione multitraccia risale ormai a più di cinquant’anni fa, e ci è difficile immaginare qualcosa che possa rimpiazzarla. Molto più semplice è immaginare e tentare di sviluppare metodi e tecnologie per migliorarla.
L’Hard Disk Recording non va pensato solo come “il metodo di registrare dei poveri che non hanno i soldi per permettersi un multitraccia analogico”, pensiero che rischia di diffondersi nelle menti dei comuni mortali-correntisti dalle tasche piccole e troppo spesso anche bucate!
Non è detto che il computer debba prendere il posto del registratore analogico. E’ invece l’interazione tra i due che ci permette di godere dei pregi di entrambe le teconologie.
E’ oggi possibile sincronizzare un computer con un registratore multitraccia, accettando il compromesso di avere il registratore come master, in quanto non in grado di ricevere il segnale per la sincronizzazione, ma capace di riprodurlo, una volta registrato su una delle tracce a disposizione.
Multitraccia non è solo registratore a bobine o computer, esiste anche il formato ADAT, un otto tracce su nastro simile ad una cassetta VHS, che registra in modo digitale su supporto analogico. Ultimamente viene anche usato il minidisc come supporto per registrazioni multitraccia su apparecchi portatili, ma sia le tracce che la qualità sono limitate. È quindi importante prendere in considerazione il tipo di lavoro che andremo a svolgere per considerare i pro ed i contro di ogni soluzione.Universalmente il digitale è quello che dà molti meno problemi di ordine pratico, oseremmo addirittura dire nessuno. Il solo compromesso è, come dicevamo prima, “accontentarsi” di un segnale che teoricamente non contiene tutte le informazioni di quello originale ma, fortunatamente, il nostro apparato uditivo, come anche quello visivo, è ingannabile.
Così come non ci accorgiamo che un filmato ripreso da una telecamera è in effetti una sequenza veloce di fotogrammi singoli, non riusciamo a distinguere se un segnale che ascoltiamo è stato registrato con un procedimento di discretizzazione di una sorgente continua. La registrazione su macchine analogiche a bobine invece, presenta notevoli difficoltà da mettere sul piatto della bilancia.
Iniziamo dalla deteriorabilità del supporto. Il nastro magnetico infatti si consuma a causa dell’attrito con le testine, e perde le sue caratteristiche di magnetizzazione; c’è poi da considerare la manutenzione dei macchinari, la lentezza della meccanica nel ricercare un punto del nastro e la sua scarsa precisione, un numero di tracce “limitate” a 24 o 32 nel migliore dei casi, la assoluta mancanza di portabilità degli apparecchi, l’incompatibilità dei supporti da un registratore ad un altro, la diafonia ecc.
A tutto questo è contrapposta una dinamica mostruosa, ci si dimentica dello “spettro” (inteso come fantasma ^__^) dei 0 dB del digitale e diventa un piacere “tirare” i preamplificatori al limite della saturazione (quando il pezzo lo permette), ottenendo un suono vero e caldo.
Il supporto ADAT è sempre meno usato invece, in quanto presenta la maggioranza dei difetti che ha il multitraccia a bobina, ovvero deteriorabilità, lentezza e scarsa precisione, ed è soggetto anche al limite della dinamica che affligge il digitale. La svolta dell’ADAT era poter avere una buona registrazione, ed una discreta portabilità, con la possibilità di connettere in serie più registratori ed aumentare il numero delle tracce.
In generale il rapporto prezzo/prestazioni vede come vincitore assoluto l’Hard Disk Recording su tutti ed il compact disc audio, forse ancora per poco vista la diffusione che sta avendo il DVD, come supporto per riprodurre e conservare la nostra musica preferita.