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La Fender Factory negli anni ’50

L'8mm amatoriale girato nel 1957 da Forrest White, manager degli stabilimenti californiani di Fullerton, dà uno spaccato molto efficace sui metodi di produzione e sulle persone che lavoravano accanto a Leo Fender.

L’8mm amatoriale girato nel 1957 da Forrest White, manager degli stabilimenti californiani di Fullerton, dà uno spaccato molto efficace sui metodi di produzione e sulle persone che lavoravano accanto a Leo Fender.

La Fender Factory negli anni '50

Se non vi è ancora capitato di vederlo in rete, per questo filmato un po’ sfuocato vale la pena di perdere qualche minuto. È presentato e commentato da Richard Smith, autore di importanti libri sul mondo Fender e curatore del Fullerton Museum Center, che parla direttamente dalla stanza che conserva alcuni dei primi strumenti costruiti da Leo negli anni ’40.
Forrest White filma molte fasi della lavorazione e riprende personaggi chiave come lo stesso Fender, George Fullerton, Freddy Tavares e vari musicisti del periodo.

La prima parte inizia dagli uffici della Fender Electric Instruments per entrare subito dopo in fabbrica e incontrare le prime macchine come una pressa per sagomare il copri-ponte metallico dei bassi Precision e osservare una lavorante mentre rifinisce i bordi del pickguard di una Esquire.
Nel laboratorio di Leo vediamo sul tavolo il prototipo di una Jazzmaster e Freddy Tavares, uno dei personaggi più importanti nella progettazione delle chitarre, è alle prese con il prototipo di una solid-body dotata di pickup a sette poli.
Nei locali destinati alla produzione dei cabinet degli amplificatori è evidente come 60 anni fa non esistessero ancora regolamentazioni troppo strette per la sicurezza nelle fabbriche. Inutile dire che nella cabina di verniciatura si spruzza senza nessun tipo evidente di aerazione e non c’è traccia di mascherine sulla bocca degli operai, che più tardi si consolano fumando come turchi in una pausa.

Si lavora a mano per sagomare, rifinire, tagliare casse, forare, e fra gli altri si scorge all’opera Fred Fullerton, padre di George.
Anche i manici vengono tagliati e sagomati manualmente, non c’è ancora tracce delle future macchine computerizzate. Molte delle macchine e utensili presenti negli anni ’50 erano progettate appositamente da Leo e George Fullerton.

La Fender Factory negli anni '50

Prototipo di Broadcaster risalente alla fine degli anni ’40

Nell’apposito reparto i pickup vengono avvolti con cura da personale specializzato, ma in generale ci si avvicenda e ognuno si alterna nelle varie mansioni.
Assistiamo al controllo finale di una stratocaster da parte di Fullerton e poi all’applicazione del rivestimento in tweed allo chassis degli amplificatori Bassman con i loro quattro coni Jensen, fino al reparto in cui i prodotti vengono impacchettati per la spedizione.

Fra i musicisti che appaiono nella pellicola incontriamo diversi nomi oggi poco noti, ma molto famosi all’epoca, come Alvino Rey, virtuoso di pedal steel guitar e grande amico di Leo, che aiutò a progettare il modello Fender 1000.
Thumbs Carlyle, suona la strat piatta sulle ginocchia proprio come Jeff Healey molti anni dopo, Noel Boggs si esibisce con una pedal steel Stringmaster a quattro manici.

La seconda parte del filmato inizia con una jam tra George Fullerton e Freddy Tavares, ambedue chitarristi di notevole livello, e prosegue con una lunga sezione girata sulla barca a motore di Leo prima di approdare a un’interessante sezione girata probabilmente nel corso del NAMM Show e si può osservare lo stand Fender in cui troneggia la Stratocaster trasparente in lucite/plexiglass, qualcosa di furistico per gli anni cinquanta. Accanto, altre strat, Musicmaster, vari ampli e un mandolino elettrico.

Il giro continua con lo stand Rickenbacker dove Jerry Byrd suona una lap steel in bachelite vicino a vari prototipi, poi il grande Barney Kessel con la sua Kay, lo stand Martin con una scintillante D28 e Mr Guitar in persona, Chet Atkins, che sfoggia il suo caratteristico stile con una Gretsch.
Nel finale Jimmy Webster sembra lanciare il testimone a Eddie Van Halen con 30 anni di anticipo, suonando in tapping sulla tastiera di una White Falcon.

Bel documento, una rara occasione per entrare in punta di piedi in un mondo ormai scomparso ma che continua a vivere negli strumenti dell’epoca e nelle moderne nostalgiche repliche.