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Taj Mahal e Keb’ Mo’, un album dal titolo TajMo

L'artista che negli anni sessanta-settanta ha rappresentato una delle punte del blues-revival e quello che negli anni novanta ha ravvivato ancora una volta l'interesse per la musica delle origini sono assieme in un album che li rappresenta oggi, fra tradizione e raffinatezze appetibili per ogni tipo di pubblico.

L’artista che negli anni sessanta-settanta ha rappresentato una delle punte del blues-revival e quello che negli anni novanta ha ravvivato ancora una volta l’interesse per la musica delle origini sono assieme in un album che li rappresenta oggi, fra tradizione e raffinatezze appetibili per ogni tipo di pubblico.

Taj Mahal e Keb' Mo', un album dal titolo TajMo

Doveva essere più meno il 1986 quando Dave Van Ronk, songwriter e folksinger di rango reduce dal periodo più luminoso del Village newyorkese dove circa vent’anni prima condivideva il palco con gente come Bob Dylan, Joan Baez o Joni Mitchell, si esibiva nel Folkstudio di Roma con la sua chitarra.

Nella conversazione seguita allo spettacolo era lapidario: “Taj? È il miglior cantante di blues in circolazione!

Taj Mahal e Keb' Mo', un album dal titolo TajMo

Si riferiva a Taj Mahal, un ragazzo americano che si era innamorato presto del blues e aveva avuto la fortuna di frequentare i migliori interpreti ancora in circolazione. Nel tempo poi aveva elaborato una sua personale formula che metteva insieme anche elementi caraibici, africani ed etnici di vario tipo.

Attraverso una trentina di album incisi nel corso di una carriera che ha superato i 50 anni ha consolidato il suo ruolo di collegamento con la generazione che l’ha preceduto, collaborando con musicisti del calibro di Ry Cooder o i Rolling Stones.

Keb’ Mo’ (Kevin Moore per l’anagrafe americana) ha una decina d’anni in meno ma il suo percorso è comunque molto ricco.
Taj Mahal è stato uno dei suoi modelli nel percorso all’interno della tradizione, ma è anche un raffinato songwriter con notevoli doti strumentali: chitarrista completo, è in grado di passare con la massima eleganza dal sincopato picking acustico che richiama grandi del passato come Robert Johnson ai nervosi fraseggi elettrici degni di un B.B. King.

Taj Mahal e Keb' Mo', un album dal titolo TajMo

Dopo anni di lenta e graduale preparazione, l’uscita di TajMo è un’ottima notizia per tutti i loro fan e per ogni amante del blues privo di idiosincrasie verso una produzione che cerca il favore radiofonico nelle finezze di molti arrangiamenti e nel sapore pop di alcune canzoni. 
Le radici vengono fuori esplicitamente solo in un paio di episodi, ma con la prevedibile efficacia.

I due artisti si alternano nel ruolo di cantante solista con pari efficacia, la voce graffiante e il tipico sincopare di Taj Mahal, il timbro inconfondibile nasale ed espressivo di Keb’ Mo’.

Già nell’iniziale “Don’t Leave Me Here”, un blues energetico che parla con autorevolezza di Mississippi e di Chicago, una band completa di ogni pezzo sottolinea le frasi dei due leader, mentre la seguente “She Knows How To Rock Me” mette in mostra soprattutto la personalità chitarristica di Keb’ Mo in un contesto a lui molto familiare.

“All Around The World” mette assieme con destrezza elementi teoricamente poco affini come banjo e ottoni, per definire una canzone ballabile e molto gradevole.

“Om Sweet Om” è una morbida ballad degna del James Taylor più leggero e orecchiabile, decorata abilmente dalle evoluzioni dell’armonica, ma è seguita da presso da “Shake Me In Your Arms Tonight”, un funk-blues leggero ed elegante cui aggiunge una punta di pepe la chitarra elettrica spudorata di Joe Walsh: geniale il riff ritmico di Mo’ nella coda con i fiati che improvvisano jazz e Mahal che commenta sornione.

Ancora un mix interessante tra corde acustiche e fiati per “That’s Who I Am”, pop-song con una marcia in più grazie alla grinta degli interpreti, mentre nella seguente “Diving Duck Blues”, un classico country-blues dal repertorio di Taj Mahal, l’anziano bluesman si esprime al meglio con tutto il suo carisma e il ricco repertorio di colori vocali, sottolineato dalla slide elegante di Keb’ Mo’ che fa un doveroso passo indietro.

Scelta piuttosto originale quella di registrare una cover di “Mama’s Got a Squeeze Box” degli inglesissimi Who, che assume inedito gusto caraibico in un’interpretazione spiritosa e divertente fra svolazzi di fisarmonica e vibratoni di chitarra.

Intrigante la seguente “Ain’t Nobody Talking” con il suo andamento sinuoso e un assolo di elettrica bello quanto essenziale, mentre il decimo pezzo, “Soul” è tutto un tributo all’anima africana che accomuna i generi che caratterizzano la musica del duo, in un elenco di nomi di città di tutto il mondo virtualmente unite nell’anima musicale. 

Taj Mahal e Keb' Mo', un album dal titolo TajMo

Menzione particolare per la chiusura, affidata alla cover di “Waiting On The World To Change” di John Mayer, espressa con grande finezza e in tutta semplicità da una semplice acustica e hand-claps, con un piccolo aiuto da Bonnie Raitt, che aggiunge la sua voce ai cori senza farsi troppo notare.

Un album da ascoltare più volte per apprezzare pienamente la ricchezza della musica e il valore indiscusso dei due protagonisti.

Tracklist

  • 1.    Don’t Leave Me Here
  • 2.    She Knows How To Rock Me
  • 3.    All Around The World
  • 4.    Om Sweet Om
  • 5.    Shake Me In Your Arms
  • 6.    That’s Who I Am
  • 7.    Diving Duck Blues
  • 8.    Squeeze Box
  • 9.    Ain’t Nobody Talkin’
  • 10.  Soul
  • 11.  Waiting On The World To Change

Taj Mahal e Keb’ Mo’ saranno in tour da maggio a ottobre con diverse date anche in Europa (ma per ora non in Italia).
Maggiori informazioni e aggiornamenti sul sito web dedicato.