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the King is dead

Quello scambio di maiuscole che avete appena letto nel titolo no, non è un errore, perché trovarsi davanti ad un foglio bianco e doverlo riempire di parole in occasione della scomparsa di un grande artista non è mai facile, soprattutto se si parla di un Re; soprattutto, se da molte ore ci si trova già in mezzo a fi

Quello scambio di maiuscole che avete appena letto nel titolo no, non è un errore, perché trovarsi davanti ad un foglio bianco e doverlo riempire di parole in occasione della scomparsa di un grande artista non è mai facile, soprattutto se si parla di un Re; soprattutto, se da molte ore ci si trova già in mezzo a fiumi di parole che praticamente su qualsiasi mezzo di comunicazione si rincorrono, si accavallano, si fanno eco, ognuna spesa per rendere omaggio a chi ha lasciato indelebilmente un solco nella storia.

Mi correggo, a chi quel solco l’ha praticamente tracciato dall’inizio, in una terra fertilissima da cui sono poi nati frutti di inestimabile valore.La cosa migliore, prima di tutto, è riordinare i pensieri, mettersi seduti, mettere in funzione il proprio lettore musicale e smettere di chiedersi quale sia la cosa più giusta da dire o il modo più romanzato per dirlo. D’altronde, nel Blues, non è mai stato importante il numero di parole messe in fila, ma il “come” si dicono e soprattutto il “perché”.

Inseriamo quindi quell’album del 1957 che diede inizio a tutto, Singin’ the blues, e rendiamo omaggio al “Re dei Re” del Blues, al “King” più famoso del genere, al “semplice” ragazzo del blues di Beale Street, Memphis. 15/05/2015, ci lascia B.B.King, il Re del Blues.

the King is dead

Quanti 5 in questa data… proprio come 5 sono le note, le “voci”, della scala più famosa del blues, la pentatonica. Una coincidenza beffarda, ma piacevole, che ci ricorda quanto si può essere grandi, amati, anche con così poco a disposizione. Sarebbe sin troppo facile adesso affrontare una sorta di biografia condensata di Riley B. King, ma parliamoci chiaro, potrete trovare qualsiasi informazione praticamente ovunque, soprattutto oggi, ed è il caso, se non conoscete ancora nulla della vita di questo Musicista, di correre a farlo, perché significa leggere alcune tra le pagine più importanti della musica del ‘900.

Facile, sin troppo facile, sarebbe stato per noi, in queste lunghe settimane di attesa su nuove notizie delle sue condizioni di salute, da tempo critiche, preparare una specie di “dossier”, di “speciale”, come si usa fare in molte redazioni dei vari media alla soglia di un lutto di questa portata (o, oramai tristemente, già a quella della vecchiaia), ma tolto il lato cinico della faccenda… lo ammettiamo, noi stessi eravamo portati, inconsciamente, a pensare che certi personaggi non ci avrebbero mai lasciato.

E invece, negli ultimi anni, moltissimi dei padri della musica che amiamo hanno deciso di poggiare il proprio strumento e, con un grande e sontuoso inchino, calpestare per l’ultima volta la polvere intrisa di sudore e gloria del proprio palco.

the King is dead

Mentre parliamo, i nostri ascolti hanno fatto un salto di qualche anno e sono arrivati al 1959, a quel B.B. King Wails, terzo album di King, e a quella Time to say goodbye che fa da sottotitolo a questo breve scritto.

Cosa cambierà per noi domani? Probabilmente nulla, continueremo ad ascoltare la musica come se il ragazzo del Blues fosse ancora tra noi. Così come una montagna resta tale, presente e impontente, anche senza il vento che accarezza i suoi crinali.

Ci resta un’eredità fatta di innumerevoli album, ci resta il suono di quella Lucille salvata dal fuoco a costo della vita e in fiamme ogni singola sera che il suo “compagno” la suonava, ci restano quei 5 suoni che prendevano vita da un così semplice ma allo stesso tempo elegante e unico, inimitabile, movimento della mano e del polso. Grazie ragazzo, perché da noi “the thrill“, quel brivido, quell’emozione, non se ne andrà mai.