HomeStrumentiStoriaNabucco – Giuseppe Verdi

Nabucco – Giuseppe Verdi

È quanto mai difficile pensare che Verdi avesse deciso di non scrivere più musica proprio poco prima di comporre l'opera che lo consegnerà alla grandezza; il soggetto in questione fu affidato a Verdi solamente in seguito al rifiuto di un altro compositore contattato prima di lui, è quindi facilmente intuibile perch

Nella prima puntata della nostra rubrica intitolata “Alla scoperta dell’Opera” parliamo di una delle più conosciute opere di Giuseppe Verdi, il “Nabucco“.

È quanto mai difficile pensare che Verdi avesse deciso di non scrivere più musica proprio poco prima di comporre l’opera che lo consegnerà alla grandezza; il soggetto in questione fu affidato a Verdi solamente in seguito al rifiuto di un altro compositore contattato prima di lui, è quindi facilmente intuibile perché “Nabucodonosor” si collochi a pieno diritto in una sfera di eccezionalità con pochi pari.

Il regno di Verdi era durato un solo giorno“, scrive Julian Budden, ed è tutto ciò che il compositore poteva vantare prima del miracoloso arrivo di “Nabucco“, capolavoro assoluto nell’intera storia della musica. La storia della gestazione di “Nabucco” è celebre, forse la più famosa del genere. Il soggetto biblico di Nabucodonosor arrivò al compositore di Busseto dopo che un certo Carl Otto Nicolai lo aveva rifiutato. Nicolai aveva preteso da Merelli, allora impresario del Teatro alla Scala</b>, di poter mettere le mani sulla scrittura de”Il Proscritto”, inizialmente pensata proprio per Verdi.

Le carte furono scambiate e con esse anche i destini dei due compositori. Nicolai si guadagnò un terribile fiasco con “Il Proscritto”, la storia di Verdi prese invece una piega totalmente diversa. “Con quest’opera ebbe inizio la mia carriera, dopo Nabucco ho sempre avuto scritture finché ho voluto“, parola di Verdi. (1)

Nabucco - Giuseppe Verdi

Il compositore bussetano prima del 1842 era uomo pressoché finito, colpito da calamità umane difficilmente sostenibili, come gli sopravvennero, tutte d’un fiato. La clamorosa débâcle dell’opera “Un giorno di regno” fu l’apice più rappresentativo della sofferenza di una carriera, fino a quel momento, tutt’altro che felice. Verdi aveva inanellato il rifiuto del Conservatorio di Milano, i difficili trascorsi come direttore della Scuola di Musica di Busseto e poi la morte della tanto amata moglie Margherita Barezzi.
Dopo il fiasco di “Un giorno di regno”, Verdi aveva quindi giurato di non scrivere più musica, eppure “Nabucco” arrivò al Teatro alla Scala nel marzo del 1842, come un fulmine a ciel sereno scosse per sempre la vita del compositore e quella del teatro d’opera.

Il coro del “Va, pensiero” riscosse il bis nel 1842 proprio come succede oggigiorno nei teatri di tutto il mondo. Prima della fine dell’anno l’opera fu replicata ben settantacinque volte solo alla Scala, nel 1843 fu diretta anche da Donizetti stesso a Vienna e nel 1844 a Corfù per la prima volta venne accorciato il suo titolo a Nabucco. Il pubblico italiano conosceva già bene il dramma di Nabucodonosor, Anicet Bourgeois e Francis Cornue grazie ad una traduzione e ad una versione per balletto, merito del tanto successo riscosso dalla pièce verdiana fu però anche di Temistocle Solera, librettista scelto per l’occasione.

Solera aveva già lavorato con Verdi in occasione del suo debutto assoluto, “Oberto”, e dopo Nabucco resterà il librettista del compositore per tre anni consecutivi. L’apporto di Solera al lavoro è ingente, basti pensare che il “Va, pensiero” non ha nessuna controparte nel dramma o nel balletto. Sua fu anche la scelta di aggiungere a ognuna delle quattro parti che compongono il lavoro, una citazione tratta da Geremia.

Nabucco - Giuseppe Verdi

Nabucco batté l’agguerrita concorrenza, forte di una pulsione e di un impegno indubbiamente fuori dal comune per l’epoca: quasi mai in opere dello stesso periodo l’intreccio amoroso ha così poco peso. In Nabucco quella centrale è la vicenda dei popoli, o forse sarebbe meglio dire la vicenda corale. Il coro prese grande risalto nel lavoro congiunto di Verdi e Solera, vero protagonista del dramma, fu l’elemento capace di dare all’intera pièce una potenza di linguaggio tale da vincere sempre agilmente la lotta con il passare degli anni. Cuore dell’opera è proprio un coro, divenuto nel tempo il coro verdiano per eccellenza, prende il via dopo tre violenti attacchi d’orchestra da cui flauto e clarinetto si staccano in un lontano pianissimo.

Oggi come ieri nei teatri italiani “Va, pensiero” è cantato anche dal pubblico con sempre maggior sentimento, non solamente per la bellezza della sua melodia ma soprattutto perché emblema di un coinvolgimento profondo e sempre attuale. Mentre Rossini e gli altri compositori del suo tempo mantengono sempre un certo distacco dall’azione rappresentata, in Verdi c’è un coinvolgimento totale: con Nabucco un popolo oppresso aveva trovato la sua voce. (2)

Dal marzo del 1842 quella voce continua a librarsi con particolare accento sui versi “Oh mia patria si bella e perduta!“, entrati a far parte della cultura comune italiana, purtroppo anche per i motivi più errati.
L’impegno del capolavoro è da ricondursi ad anni turbolenti del Risorgimento italiano, motivo di uno status d’incontestabile importanza e profondità. L’opera rimanda volontariamente al di là della vicenda dei singoli individui, per richiamare all’attenzione la centralità del dramma comune.

In definitiva “Nabucco” è il trionfo della visione d’insieme, esempio sublime di come, anche a fronte di pezzi singoli d’altissima qualità, l’opera funzioni come cooperazione delle parti, in musica e versi. Rossini, Bellini o Donizetti all’età di quasi trent’anni erano compositori di grandissimo successo e prestigio, lo stesso non si può dire per Verdi che però nel momento più angoscioso della sua vita trovò la svolta definitiva. Il 9 marzo 1842 Verdi conquistò il proprio regno prendendo posto su di uno scranno da cui ancora oggi, a più di cento anni dalla sua morte, continua a vegliare sulla propria immensa eredità.

A cura di Francesco Sicheri e Antonio Rostagno

Note:
(1) A. Pougin, Giuseppe Verdi, vita anedottica, con note ed aggiunte di Folchetto, p.44, Milano, 1881.
(2) Julian Budden, Le opere di Verdi vol.1: Da Oberto a Rigoletto, EDT edizioni, collana Autori e Opere, Torino, 1985.

VAI ALL’INDICE DEGLI ARTICOLI