La contesa legale tra Bill Finnegan, creatore del leggendario overdrive Klon Centaur, e il colosso tedesco Behringer si è conclusa con un nulla di fatto.
La causa intentata da Finnegan contro l’azienda per la commercializzazione di un pedale considerato troppo simile al suo originale è stata infatti archiviata dal Tribunale distrettuale del Massachusetts, senza spese a carico di nessuna delle due parti.
Il mito del Klon e il nodo delle copie
Introdotto negli anni ’90 e realizzato a mano in quantità estremamente limitate, il Klon Centaur è diventato uno dei pedali overdrive più ambiti della storia.
La sua trasparenza sonora e l’uso da parte di chitarristi di primo piano hanno contribuito a costruire un’aura quasi leggendaria attorno al progetto di Finnegan. L’esigua disponibilità sul mercato ha portato i prezzi dell’usato a cifre esorbitanti e, inevitabilmente, ha spinto numerosi produttori a proporre proprie reinterpretazioni del circuito originale.
Nel tempo, marchi come Way Huge e Wampler hanno lanciato versioni ispirate al Centaur, ma è stato l’ingresso di Behringer a riaccendere le polemiche.
Nel novembre 2024 l’azienda ha presentato un pedale chiamato Centaur Overdrive, dal prezzo di circa 69 dollari, che Finnegan ha giudicato troppo simile – a partire dal nome – al suo storico progetto.
Le accuse di Finnegan e le mosse di Behringer
Nel giugno di quest’anno, Finnegan aveva annunciato di aver intentato causa contro Behringer, accusandola di violazione del trade dress e di voler “sfruttare la reputazione e l’eredità del Klon”.
Il creatore del Centaur aveva sottolineato soprattutto l’uso dell’immagine del centauro, elemento distintivo del suo pedale, e la scelta di Behringer di non inserire nemmeno il proprio marchio sul prodotto.
La pressione legale ha portato l’azienda tedesca a intervenire più volte: prima cambiando il nome da Centaur Overdrive a Centara, poi ancora a Zentara, oltre a modificare l’estetica generale del pedale. Tuttavia, Finnegan ha continuato a sostenere le proprie ragioni, arrivando ad aggiornare il ricorso il 16 luglio per segnalare modifiche che riteneva comunque insufficienti.
La decisione del tribunale e le reazioni
Nonostante le accuse, il giudice ha deciso di archiviare il caso senza ulteriori conseguenze legali. La documentazione depositata presso il District Court del Massachusetts non fornisce motivazioni dettagliate, ma conferma che nessuna delle due parti dovrà sostenere spese legali.
Il pedale Behringer, nel frattempo, rimane regolarmente disponibile sul mercato nella versione aggiornata.
Il risultato non sorprende chi conosce la storia dei cloni nel mondo degli effetti per chitarra: i limiti del diritto su design e trade dress rendono spesso complesso ottenere sentenze favorevoli in casi di somiglianze estetiche o concettuali. E non è la prima volta che Behringer finisce nel mirino dei produttori storici: già lo scorso febbraio i creatori del Mu-Tron III avevano criticato duramente l’azienda, accusandola di “assimilare la storia di Musitronics come se fosse la propria”.
Una vicenda che lascia aperti molti interrogativi
La chiusura del procedimento lascia ora spazio a riflessioni più ampie. Da un lato, la tutela del lavoro originale di chi ha creato dispositivi diventati iconici; dall’altro, il diritto di ogni azienda di proporre prodotti ispirati a circuiti storici, purché non violino marchi registrati o brevetti.
La vicenda Klon-Behringer non stabilisce nuovi precedenti legali, ma conferma quanto il confine tra omaggio e appropriazione resti sottile in un settore in cui cloni e reinterpretazioni sono ormai pratica comune.
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