Questo è un argomento di cui vorrei parlare dato che spesso osservo musicisti e persone che affrontano questo tema e anche io voglio esprimere una mia opinione a riguardo.
Secondo me la tecnica e la musicalità sono due cose ben distinte tra loro per chi canta e per chi suona uno strumento. Entrambe sono allo stesso tempo essenziali ed entrambe rivestono un ruolo importante nella musica e io voglio esprimere un mio punto di vista per come tecnica e musicalità sono importanti in relazione a diversi generi musicali.
Innanzitutto voglio dire che la musica è bella perché è varia e diversa. Nelle varie epoche della storia dell’umanità la musica ha rivestito un ruolo importante: la musica è sempre stata, lo è adesso e lo sarà per sempre la cornice della vita delle persone.
In ogni epoca storico-culturale la musica è nata da un’esigenza ove le persone hanno sentito il bisogno di esprimere ciò che avevano dentro tramite la musica stessa e potevano essere sentimenti di ribellione oppure sentimenti d’amore o di qualsiasi essere.
In ogni periodo la musica ha sempre riflettuto il carattere storico e sociale di quest’ultimo divenendo la sua stessa cornice. Un linguaggio diverso in cui le persone hanno voluto esprimere il loro stato d’animo, un linguaggio attraverso cui identificarsi nell’epoca in cui hanno vissuto.
Per questo motivo sono nate danze che hanno tipizzato la cultura folkloristica e le tradizioni dei vari popoli, sono nate poesie che hanno dato origine a drammi e a canzoni d’amore, sono stati realizzati racconti narranti di mitologie e di figure e storie sovrannaturali con sfondi musicali, composizioni che hanno voluto esprimere un disagio sociale particolare e tipico di un determinato periodo. Tante sono state le forme musicali che sono nate e che si sono sviluppate nel corso del tempo
I grandi compositori e la nascita dell’arte musicale
Poi sono arrivati i grandi compositori, ovvero persone che rispetto alle altre hanno avuto delle abilità particolari che hanno permesso a loro stessi di evolvere sempre di più la musica e di portarla a un livello di linguaggio più esteso e sviluppato facendola divenire arte.
Da Palestrina che ha inventato il sistema di notazione musicale a Guido D’Arezzo che ha inventato il sistema di solfeggio e dunque di lettura musicale tramite la Solmisazione, sino al giungere di grandi come J.S. Bach, Mozart, Rossini, Verdi, Beethoven e tanti altri.
Nel caso specifico di questi compositori che ho appena citato si tratta di musica atemporale: una musica che non morirà mai perché riflette troppo bene sia la vita delle persone che ogni epoca. Ancora oggi, dopo secoli, questa musica viene eseguita, ascoltata dal mondo e ritenuta patrimonio dell’umanità.
La cosa che tutti questi grandi personaggi hanno avuto in comune, pur essendo appartenuti a periodi storici diversi, è stata questa: hanno inventato e scritto della musica che, oltre a riflettere il proprio periodo storico, contiene elementi di tecnica dal punto di vista esecutivo che devono essere rispettati alla lettera per far sì che la loro musica venga eseguita alla perfezione.
Pertanto da questa mia prefazione mi dirigo adesso nel ruolo più specifico che tecnica e musicalità rivestono, secondo me, nella musica stessa.
Tecnica e musicalità nella musica classica e contemporanea
Ad esempio la precisione da parte degli archi sulla ritmica delle note e sugli unisoni che deve essere perfetta, ciò richiede lo sviluppo di una mano talmente precisa che sia in grado di fare questo e il tutto che deve essere legato a una grande capacità di lettura e del rispetto delle dinamiche.
Questo perché ognuno di questi grandi compositori, per scrivere musica venerata dall’umanità intera, aveva 80 coscienze, ovvero avevano la straordinaria capacità di scrivere per un’orchestra di 80 persone immedesimandosi nel carattere esecutivo e musicale di ogni strumentista e di tutti i diversi strumenti musicali, dovendone conoscere le peculiarità tecniche ed esecutive per poter incastrare bene tutte le parti.
Dunque tecnica e musicalità sono essenziali alla musica. La tecnica ha, secondo me, un’applicazione diversa in ogni tipo di musica perché la concezione musicale e compositiva di ogni genere è diversa. Ad esempio, la musica classica non richiede improvvisazione, al contrario è musica che può essere eseguita solo ed esclusivamente dal possedimento di una grande capacità di lettura e da una grande abilità tecnico-manuale sullo strumento che è essenziale per la corretta esecuzione di essa.
Nella musica classica e contemporanea, ove si tratta di musica interamente scritta, non esiste altra via per eseguirla se non quella di raggiungere quel preciso livello tecnico sul proprio strumento che consente di riprodurla.
Sono state scritte composizioni che pur essendo tra le più musicali possibili, l’esecuzione di queste richiede grande abilità tecnica.
In poche parole si tratta di musica scritta che, pur risultando di una musicalità divina alle orecchie dell’ascoltatore, richiede da parte dello strumentista il raggiungimento di un alto livello tecnico che ne permette l’esecuzione. Tecnica che richiede lo sviluppo del suono giusto e della precisione nella ritmicità delle note. Senza questi due elementi questa musica non può essere riprodotta nel modo giusto.
La tecnica come mezzo di espressione
Dunque la tecnica va sempre al servizio della musica, ma a seconda di come la musica viene scritta e concepita, la tecnica ha un’applicazione diversa e relativa al proprio strumento. Per tecnica al servizio della musica non si deve per forza intendere il “dover suonare meno”, questo perché dipende sempre dal contesto e dal genere che si sta suonando.
Ripeto, ci sono composizioni divenute uniche e musicali che hanno tante note e che sono tecnicamente difficili da eseguire, come d’altro canto accompagnare un brano con un groove lento che richiede anche una grande tecnica per far sì che il timing rimanga costante dall’inizio alla fine del brano.
Per tecnica non si intende solo la velocità delle mani, ma la tecnica può consistere anche nel possedere un respiro così preciso e costante che permette a un batterista di portare un groove che abbia lo stesso timing per tutta la durata del brano. Oppure penso a una cantante lirica che nell’Opera deve prolungare la durata della stessa nota nella dinamica del forte.
Se un batterista accompagna un brano con un groove a 50 bpm, il timing dovrà essere ancora di più costante e senza evidenti oscillazioni dato che il ritmo è molto lento e per fare questo, secondo me, la grande tecnica sta nello sviluppare un respiro preciso e costante che faccia sì che il proprio timing interiore lo sia di conseguenza.
Inoltre, anche la precisione manuale nel colpire il rullante nello stesso punto in modo da non dare colpi che abbiano suoni diversi e non precisi l’uno con l’altro, colpire l’hi hat con lo stesso volume che deve essere quello giusto per il brano e per il genere musicale, lo stesso vale per il piede dovendo colpire la cassa con lo stesso volume e equilibrio.
La tecnica sta anche nella corretta esecuzione di questi aspetti, in questo caso perché il contesto richiede l’esecuzione di un groove che sia preciso e costante. Così come nel caso in cui si esegue un groove nel “new orleans style” e i sedicesimi avranno un feeling particolare e degli accenti particolari. Al contrario, sto ad esempio suonando un fast swing a 360 bpm e lì ci saranno per forza tante note che la mano dovrà eseguire suonando il ride a quella velocità e con il comping che deve avvenire col resto degli altri arti allo stesso tempo.
Tutto ciò ascoltando le frasi di chi sta improvvisando durante i soli degli altri strumenti, in modo da capire quali saranno i momenti in cui interagire con loro. In questo caso la tecnica si riferisce a una grande capacità di ascolto, legata alla capacità manuale di tenere quel ritmo a quella velocità e senza affaticamento per tutto il brano.
Altro esempio, ho un groove funk da eseguire, non importa se lento o veloce perché entrambe le velocità sono difficili da mantenere, e nel funk si sa benissimo che il feeling che ci deve essere nel groove è quello di pensare i sedicesimi con un feeling che sia swingato.
Ciò permette di suonare ghost notes, ottavi o sedicesimi, nel modo giusto e soprattutto costante, a prescindere da quale sia il disegno del groove. In questo caso la tecnica sta nell’interiorizzare bene i sedicesimi con lo shuffle feel, trasporli sul groove con costanza e precisione e ottenendo un balance giusto tra cassa, rullante e hi hat per esempio.
Pertanto ogni tipo di genere e/o contesto musicale richiede lo sviluppo della tecnica giusta che va applicata con il criterio che riflette il modo in cui quella musica è stata scritta e concepita.
L’importanza dell’ascolto e della consapevolezza
Per poter fare tutto ciò, oltre allo studio con grande sacrificio del proprio strumento che consente di acquisire le abilità manuali, consiglio di prestare molta attenzione e dedizione all’ascolto della musica e dei dischi, soffermandosi su tutto ciò che i musicisti realizzano nella composizione al fine di entrarci dentro e di capire questi aspetti prima di tutto mediante l’ascolto, perché se queste cose si avvertono e si interiorizzano poi le si suonano nel modo giusto.
Se si è in grado di cantare un ritmo e dei fraseggi poi si sarà in grado di suonarli, perché prima di arrivare alle mani c’è la mente che crea e che dà origine al concetto. Non importa se il fraseggio sia lento o veloce, in ogni caso deve essere prima pensato per poter essere suonato.
Anche questa è tecnica, interiorizzare concetti di qualsiasi matrice, padroneggiarli e dare poi alle mani lo stimolo per riprodurli sullo strumento. Questo processo per me è valido per tutti gli strumenti perché è la musica che funziona in questo modo, lo strumento è solo un mezzo con cui esprimersi.
Tecnica, musicalità e improvvisazione
Adesso voglio invece elargire l’argomento tecnica/musicalità all’improvvisazione. Secondo me è in atto una “misconception” in cui diversi dicono che la velocità sia inutile e non in grado di trasmettere emozioni, così come tante persone che pensano che la musica di facile comprensione derivi dal cuore e la musica difficile no.
Sia la musica più semplice da eseguire che quella più difficile derivano entrambe dal cuore secondo me. Questo perché, come ho anche detto prima, ci sono stati grandi compositori che hanno scritto musica nelle varie epoche, semplice o difficile, che ha influenzato l’umanità intera.
Pertanto se la musica stessa, scritta da questi grandi personaggi, è stata in grado di segnare epoche e la vita delle persone, doveva per forza provenire dal cuore di chi l’ha creata, a prescindere se semplice o difficile.
Mi sento in dovere di citare grandi come Igor’ Stravinskij, Bela Bartok, John Cage, Frank Zappa, Miles Davis, Jimi Hendrix, John McLaughlin, solo per citarne alcuni. Prendiamo in esempio ciò che fece John McLaughlin nel 1971.
Lui fondò la “Mahavishnu Orchestra“, l’inizio e la creazione di un nuovo genere musicale, la “Fusion”. Musica nuova mai ascoltata prima che, di base, univa il Jazz e il Rock con la presenza di tante altre influenze musicali. Musica che vedeva momenti di velocità e virtuosismo con parti ad unisono che tutti dovevano eseguire perfettamente, alternati a momenti di melodie soavi, più semplici e composte da poche note.
Uno dei gruppi più belli mai formati con, forse, l’unico batterista che ha creato un modo di suonare così avanguardistico, unico e originale in ogni aspetto senza aver preso ispirazione da altri batteristi: Billy Cobham.
Un batterista così innovativo unito a musica nuova mai sentita prima, il match perfetto secondo me. Si trattava di un genere difficile da suonare in cui il virtuosismo era anche parte importante del contesto, ma unito a originalità nella composizione della musica e del ritmo ha fatto sì che un nuovo genere venisse creato, segnando un’epoca. T
ornando adesso all’aspetto legato all’improvvisazione, io voglio dire questo. Secondo me non esiste un modo di improvvisare che sia giusto o sbagliato, perché ognuno di noi è diverso. Ognuno di noi ha una mente diversa, ciò vuol dire che le nostre idee sono diverse perché la nostra coordinazione è diversa. Ciascuno di noi saprà utilizzare più il virtuosismo o meno, ma ciò non importa.
L’importante è che il proprio fraseggio e modo di improvvisare funzioni e che sappia comunicare con la musica e con i musicisti.
Ci sono strumentisti che improvvisano con poche note mettendo note sbagliate, dunque non rendendo piacevole l’ascolto, così come strumentisti che suonano veloce non facendo capire bene ciò che fanno. Allo stesso tempo c’è chi riesce a esprimersi e a trasmettere emozioni con poche note e chi facendo lo stesso con tante note.
È il proprio carattere a stabilire il proprio modo di suonare perché, secondo me, il nostro modo di essere riflette il nostro modo di suonare e viceversa. È importante secondo me conoscere se stessi tramite lo strumento e conoscere lo strumento tramite se stessi, due procedimenti del tutto diversi.
Già da quando siamo piccoli ognuno di noi cresce facendo esperienze diverse e ricevendo input e stimoli diversi. Ciò ci rende diversi, ciò rende la nostra mente diversa e di conseguenza il nostro modo di suonare diverso dagli altri.
La bellezza della musica e anche dell’improvvisazione è proprio questa secondo me, una varietà che riflette la nostra specie vivente, che è essere umani.
Concludo dicendo che una buona, se non ottima conoscenza della tecnica, unita alla disciplina, permette di selezionare le idee più opportune al contesto musicale e consente, a chi suona uno strumento, di non pensare a come suonare una cosa ma permette di pensare a cosa suonare, ovvero a ciò che può essere musicalmente necessario per quel genere e contesto musicale.











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