Lo studio è un aspetto essenziale alla formazione e all’assimilazione della conoscenza. Non importa di quale ambito, se artistico o di qualsiasi altro settore. La mente per garantire all’individuo la competenza ha bisogno di conoscenza.
Acquisire le informazioni che hanno la finalità di condurre l’uomo a compiere nel modo giusto e professionale una qualsiasi attività non è un processo semplice. Può essere a volte ritenuto così scontato ma in realtà non lo è affatto. Assimilare conoscenza e dunque competenza richiede tempo innanzitutto, sacrificio, costanza, dedizione e completa devozione.
Ci deve essere secondo me una continua voglia di non accontentarsi mai di ciò che è stato appreso fin’ora e che spinga l’individuo a voler apprendere e conoscere sempre di più. Una continua ricerca che non deve mai finire una volta che la si inizia.
La mente, per acquisire le informazioni, ha bisogno di tempo, tempo che la mente stessa impiega per elaborare, comprendere e interiorizzare le informazioni stesse. Non basta solo assimilarle senza poi metterle in atto altrimenti l’informazione non compie il suo scopo. Questa è una cosa importante secondo me. Ad esempio osservo molte persone leggere dei libri ma solo per il piacere di leggere e non con la finalità di apprendere il significato e il messaggio che l’autore vuole veramente trasmettere.
È vero che un autore o un artista ha il bisogno di trasmettere emozioni, messaggi all’umanità, ma la mente di chi assiste a un evento artistico o che lo osserva o che lo fruisce in una qualsiasi maniera deve essere pronta a ricevere il messaggio, a comprenderlo e a interiorizzarlo per far sì che quest’ultimo diventi un innesto nella mente dello stesso individuo.
Solo così secondo me l’artista riesce a entrare veramente nel cuore e nella mente delle persone, condizionandole magari per tutto il resto della loro vita.
Dalla conoscenza alla competenza
Senza conoscenza non può esserci competenza secondo me. La conoscenza è l’elemento che, se elaborato e messo in atto nel modo giusto, garantisce lo sviluppo delle abilità sia sensoriali che fisiche necessarie per compiere un’attività nel miglior modo possibile, come può essere un mestiere.
Ci vuole sacrificio per accumulare conoscenza e per sviluppare competenza. Questo perché io credo che la conoscenza vada sempre più stimolata e la competenza sviluppata. Si deve, secondo me, apprendere sempre di più per conoscere e poi mettere in pratica con abilità sia sensoriali che fisiche la propria conoscenza.
Questo è il punto in cui la conoscenza si tramuta in competenza e le capacità che permettono di svolgere un ruolo o un mestiere, frutto di ciò che si conosce, vanno sviluppate e evolute nel tempo col sacrificio. Dunque il sacrificio alimenta la conoscenza e crea competenza.
Costanza, dedizione e disciplina
Per apprendere ci vuole costanza e dedizione. Imparare a dipingere, studiare per diventare medico o chirurgo, imparare a recitare o a suonare uno strumento, sono tutte attività che richiedono tanto studio relativo a sacrificio, necessario per lo sviluppo delle giuste competenze, e per giuste competenze intendo quelle che permettono di essere dei professionisti in ciò che si fa. La costanza e la dedizione sono un carburante necessario.
A prescindere da ciò che si sta studiando per arrivare all’obiettivo in cui riuscire a svolgere un mestiere, l’individuo deve insegnare alla propria mente e al proprio corpo come poter compiere quell’attività nel miglior modo possibile. E questo è un processo che deve avvenire tutti i giorni quando si è nel picco del proprio periodo di formazione.
Esiste per forza un periodo nella vita che, più degli altri, richiede degli anni in cui la persona deve dedicare anima, energia e dedizione alla causa per diverse ore e tutti i giorni. La mente e il corpo hanno bisogno di tempo per assimilare i concetti e per sviluppare le abilità volte a metterli in atto. Ciò avviene se chi studia insegna nel modo giusto al proprio corpo e alla propria mente come svolgere bene quel ruolo e questo richiede disciplina, frutto di dedizione e costanza.
Il rapporto tra mente, corpo e devozione
Quando ad esempio si sta imparando a suonare uno strumento e ci si trova nel pieno periodo di formazione musicale, se si pensa a un concetto musicale da voler subito eseguire sullo strumento, ciò non avviene con immediatezza. Questo perché non è detto che l’idea, che in quel momento pervade la mente e che si vuole eseguire sullo strumento, venga subito riprodotta dal corpo. Il corpo come la mente va allenato.
Occorre dedizione per allenare le capacità cognitive che permettono di elaborare le informazioni musicali apprese e costanza per allenare il corpo allo sviluppo delle abilità fisiche che servono per suonare lo strumento e dunque per riprodurre le idee che si hanno.
Ciò accade a coloro che hanno studiato per diverse migliaia di ore e per anni, ovvero di avere una padronanza tale dei concetti musicali e del proprio strumento che consente di pensare a un’idea e di riprodurla subito. Questo perché la mente e il corpo sono talmente uniti in un’unica cosa che cooperano e comunicano a vicenda. Anzi, secondo me chi ha una grande padronanza non deve nemmeno pensare a mettere in comunicazione mente e corpo perché sono già un tutt’uno, e questo grazie al grande studio e sacrificio precedentemente svolti.
Occorre devozione, che io differenzio da dedizione. La dedizione per me è la disciplina allo studio e alla musica stessa in tutti i suoi vari aspetti. La devozione è per me invece uno stile di vita.
Una volta che si raggiunge, sempre secondo me, una certa preparazione che permette di trovare un proprio modo di suonare sullo strumento e che ti permette di comunicare con la musica, e una volta che si ha una certa conoscenza musicale che possa essere al più possibile versatile e elargita a quanti più generi, lì la dedizione si trasforma in devozione, che è il grado ancora più alto. Ovvero si comprende che si vive per la musica, che tutto ciò che ci circonda funziona, per noi musicisti, in relazione alla musica, a questo linguaggio che ci permette di osservare le cose in un modo diverso dalle altre persone per esempio.
Questo perché abbiamo finalmente trovato una nostra dimensione con cui comunicare e dentro la quale svolgere ogni nostra attività e vedere il nostro percorso di vita sia musicale che non. Abbiamo a questo punto trovato una devozione.
Questo ci permette di vivere un percorso bellissimo e che amiamo fare, perché ci fa sentire e stare bene con noi stessi, a prescindere da quella che sarà la nostra remunerazione per ciò che facciamo. Ci permette di parlare questo bellissimo linguaggio a cui non tutti riescono ad avere accesso e di navigarci dentro con la nostra anima, passione, conoscenza e competenza.
Per far ciò la preparazione, che è il mezzo che conduce fin qui, deve essere supportata da tempo, sacrificio, costanza, dedizione e infine devozione. Non basta essere bravi e avere talento per riuscire. Ci vogliono anche queste altre componenti secondo me.
Solitudine e consapevolezza nello studio
Un aspetto essenziale nel proprio percorso di formazione musicale, sempre secondo la mia opinione, è quello di dover conoscere se stessi tramite lo strumento e di conoscere lo strumento tramite se stessi. Ovvero sapere chi siamo suonando il nostro strumento e conoscere lo strumento tramite il nostro modo di essere.
Due procedimenti del tutto differenti ma essenziali e questo perché il nostro modo di suonare riflette il nostro modo di essere e viceversa. Per far ciò c’è bisogno di solitudine che si deve avere col proprio strumento. Lo strumento è il mezzo che consente di esprimerci, quindi dobbiamo conoscerlo fino in fondo per far sì che questo mezzo ci permetta di trasmettere agli altri la nostra dimensione e ciò che abbiamo dentro di noi. Io sono fermamente convinto che lo studio collettivo non sia assolutamente funzionale all’individuo, proprio per questo motivo.
È bene confrontarsi e suonare con gli altri musicisti facendo accrescere la propria esperienza, però io credo fermamente che lo studio del proprio strumento debba avvenire in maniera individuale. Per conoscere il proprio strumento dobbiamo essere in solitudine con esso suonandolo e studiandolo ore al giorno per anni, perché la solitudine ce lo fa conoscere tramite noi stessi e di conseguenza sarà lo strumento a comunicare poi con noi.
Anche la solitudine stessa durante il momento intimo di studio che abbiamo con lo strumento porta a farci conoscere meglio noi stessi e anche il nostro stesso strumento.
Durante la fase di studio, appunto individuale, è importante secondo me isolarsi da tutto e da tutti. Solo noi col nostro mezzo per esprimerci, dando possibilità a mente e corpo di evolversi e di sviluppare le nostre capacità. In questo modo accresce la nostra preparazione e più ne si possiede più noi avremo sicurezza nel suonare con gli altri musicisti, nel comunicare con loro nel modo giusto, col giusto linguaggio e in diversi contesti musicali.
Sicurezza, dunque preparazione che ci viene data dalla conoscenza, dalla competenza e dalla padronanza dello strumento che acquisiremo di conseguenza e che ci consentirà di incrementare la nostra esperienza e di comunicare con chi ci ascolta. Come disse il grande Frank Zappa “ogni musicista deve trovare la sua dimensione“, cosa con la quale concordo in pieno.














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