Pochi giorni fa è uscito On Call, nuovo lavoro del Dr.Um Quartet, band guidata dal maestro della batteria contemporanea Peter Erskine. Un doppio album in bilico tra fusion, funk e jazz contemporaneo, che abbiamo già avuto modo di presentarvi in anteprima.
Erskine suona la batteria da quando aveva appena quattro anni. Appena maggiorenne ha iniziato a esibirsi con la big band del suo mentore Stan Kenton, per poi andare a rafforzare i ranghi dell’orchestra di Maynard Ferguson.
Nel 1978 entra a far parte dei Weather Report, con i quali resta quattro anni e incide cinque album (altri due saranno pubblicati nel 2002 e nel 2006), quindi incide e suona con la Word of Mouth di Jaco Pastorius, gli Steps Ahead (tre gli album con questa formazione), la Bob Mintzer Big Band, Steely Dan, Joni Mitchell, Diana Krall, The Brecker Brothers, Jellowjackets, Gary Burton, John Scofield…
In tutto compare in circa 600 tra album e colonne sonore, ha realizzato oltre 30 dischi come leader o co-leader e ha vinto per ben due volte il Grammy Award. Come solista si è esibito con le orchestre sinfoniche di Londra, Los Angeles, Chicago, le orchestre BBC Simphony e la Berlin Philarmonic.
“
Abbiamo raggiunto via mail il batterista e compositore statunitense per rivolgergli qualche domanda sul nuovo lavoro discografico, sulla sua attività didattica e musicale e sul suo rapporto speciale con il nostro Paese.
La nascita della Dr.Um Band nel 2015 ha segnato una svolta nel suo percorso artistico, con la rinuncia a quell’approccio minimalista alla batteria, alla filosofia del less is more che aveva segnato la sua carriera soprattutto dopo la militanza con Weather Report e Steps Ahead. Cosa l’ha spinta a tornare a un modo di suonare in cui prende più iniziative, sicuramente più gradito alla maggioranza dei suoi tantissimi estimatori?
La risposta più semplice è che volevo esplorare la musica della mia gioventù, ma dalla mia attuale prospettiva di uomo più anziano e più saggio. Una risposta più complessa potrebbe invece essere che il periodo ‘minimalista’ del mio percorso educativo ed espressivo sulla batteria avrebbe potuto portare grandi frutti nel campo della musica funk e fusion. Tutto ciò che ho imparato sino a oggi contribuisce a dar vita a questa nuova musica.
Dal punto di vista delle composizioni il primo album della Dr. Um Band ha fatto molto pensare alla sua produzione discografica con i Weather Report, mentre in Second Opinion quest’impressione è un po’ attenuata, come se la band avesse deciso di intraprendere un percorso più personale. E il disco in studio realizzato per On Call mi sembra confermare questo percorso. Condivide questo punto di vista?
Non necessariamente. La prima traccia, “For The Time Being”, è quanto di più vicino ai Weather Report io abbia tentato di incidere sinora, nel senso che l’intero processo (compositivo, esecutivo, NdA) assomiglia più da vicino ai WR di qualsiasi altra cosa io abbia suonato o ascoltato per un lungo periodo. Non può essere un processo imitativo… Necessita di essere un processo organico.
Parliamo di batteristi che guidano delle proprie band: ci sono dei modelli cui si ispira? E che tipo di leader è il Dr.Um?
Dr. Um è decisamente un leader a sè. Da questo punto di vista sento molta più affinità con un Duke Ellington piuttosto che con un Art Blakey o un Buddy Rich.
In base a quali criteri ha scelto i componenti della band?
Per la loro capacità di capire e suonare questo tipo di musica. E anche perché mi piacciono come esseri umani.
Il suono della batteria sia nel disco in studio sia in quello dal vivo è di qualità fantastica: ha usato qualche accorgimento particolare quanto a misure, accordatura o microfonazione in studio? E la strumentazione è la stessa utilizzata dal vivo?
Nessun trucco speciale! Solo una grande batteria (Tama), i miei piatti preferiti (Zildjian) e pelli Remo. Dal punto di vista della registrazione, abbiamo evitato di processare troppo il suono e di combinare tra loro i riverberi. Mi piace un suono che sia presente, diretto, e che sia chiaro e caldo. Mi piace che la musica danzi e che il suono risplenda.
Attualmente ha altri progetti musicali in piedi come leader?
C’è il mio “New Trio” con il pianista Vardan Ovsepian e mio nipote, Damian Erskine, al contrabbasso. Peraltro Damian suonerà nel nostro ormai imminente tour italiano con la Dr. Um Band, poiché il nostro bassista Benjamin Shepherd e suo figlio sono in attesa di un figlio.
Immagino che tenere in piedi una formazione a proprio nome richieda molte energie e costringa a selezionare le collaborazioni con altri musicisti. Trova ancora il tempo per suonare come sideman? Se sì, come seleziona gli impegni con altri leader?
Sto cercando di fare meno tour, man mano che invecchio. Mi piace ancora molto il lavoro in sala di registrazione, ma sempre più spesso declino un invito se mi sembra di non poter apportare a un progetto qualcosa di valore. Quando ero più giovane mi piaceva credere di poter suonare qualsiasi cosa in qualsiasi contesto. Ora invece ho capito che ciò non è possibile e forse non è neppure una cosa buona da fare. Detto questo, sono anche in grado di riconoscere che il mio modo di suonare è oggi autenticamente più versatile di quanto sia mai stato.
Dal trio acustico al quartetto/quintetto elettrico fino alla big band: come cambia, se cambia, il suo approccio mentale a ingaggi con organici così differenti?
Ogni stile o genere musicale ha le sue regole e le sue necessità. Io faccio del mio meglio per onorare al massimo ciascuna situazione. Alla fine della fiera prendo molte delle mie decisioni riguardo al drumming basandomi sulla risposta alla domanda: “Che cosa mi piacerebbe ascoltare qui?“. E questo in genere produce i migliori risultati.
Quali sono, batteristicamente parlando, le cose che oggi richiamano la sua attenzione?
Mi dispiace ammettere che sto ascoltando dischi sempre più vecchi, scoprendo o ri-scoprendo il genio e la grandezza di alcune leggende del drumming del passato. La loro musica è ciò che maggiormente mi sta ispirando in questo periodo. Detto questo, i giovani batteristi di oggi possono suonare lo strumento meglio di quanto ciascuno di noi potesse mai immaginare di poter fare quando eravamo ragazzi.
Dal punto di vista didattico la conosciamo soprattutto per una grande produzione in termini di libri, DVD, app, tutti prodotti di grande qualità educativa. Quali sono i principi a cui si ispira la sua attività didattica e quali sono stati i suoi riferimenti?
Mio padre era un medico, un uomo molto istruito. Ed era molto impegnato anche nell’insegnamento, quindi ha rappresentato un incredibile modello per me. Ma questa musica ha sempre funzionato ‘potendo ricambiare il favore’, ossia trasmettendo le informazioni che siamo stati così fortunati da ricevere a nostra volta.
Questa è la tradizione del jazz, e io sto cercando di fare ciò che molti dei mie fratelli e sorelle in musica stanno facendo. Sono anche un professore della Thornton School of Music alla University of Southern California.
Questa è una parte importante della mia vita e del mio lavoro. E sono anche consapevole che le mie pubblicazioni e le app formano parte di ciò che spero rappresenti una eredità rispettabile. Può esserci o meno un Paradiso, ma il mio lavoro e il mio passaggio hanno una buona speranza di vivere nel lavoro e nella presenza di altre persone.
Uno dei due dischi del nuovo album è stato registrato in Italia, un paese in cui lei suona spesso. Che cosa le piace di più, in generale, del nostro Paese?
Dell’Italia? Mi piacciono le perosne, il fatto che apprezziate la cultura e l’arte (parliamo sempre delle persone…), il cibo (fatto dalle persone) e il panorama (creato da Dio, o dalla Natura). L’Italia in qualche modo sembra più vicina alle cose che amo davvero rispetto a tanti altre nazioni. L’unico posto che mi piace altrettanto al mondo è il Giappone. Posso anche dirti che Puccini è il mio compositore preferito per quanto riguarda l’Opera.
E c’è qualcosa che invece le piace meno?
No, mi piace l’Italia!
Ha anche collaborato in passato con alcuni musicisti italiani. Cosa pensa dei jazzisti di casa nostra?
Amo i musicisti italiani. Rita Marcotulli è un dono, un gioiello, un tesoro. Roberto Gatto è un gran batterista. Dado Moroni un pianista incredibile. Pino Daniele era un grande cantautore, un poeta e un amico. Ti ho già detto di Puccini? E mi scuso per i tanti grandi musicisti che sono rimasti fuori da questa mia breve lista.
Mr. Erskine, grazie della disponibilità. Spero di vederla presto nel nostro paese.
Grazie a te. Non vedo l’ora di portare in Italia la musica di On Call, il nuovo album del Dr. Um.
Aggiungi Commento