Alla Festa del Cinema di Roma 2025 (15-26 ottobre) la musica non è un semplice accompagnamento, ma un linguaggio trasversale che attraversa documentari, biopic, fiction e performance dal vivo, raccontando storie di artisti e fenomeni culturali profondamente diversi fra loro.
Dal mito di Jeff Buckley ai drammi della scena rap contemporanea, dalle memorie di Mauro Pagani e Giovanni Allevi al cult immortale del Rocky Horror Show, il programma di quest’anno conferma il ruolo centrale della musica nel dialogo fra cinema e realtà.
La truffa dei finti rapper e i sogni di riscatto
Fra i titoli più curiosi di questa edizione spicca “California Schemin’”, esordio alla regia di James McAvoy. Il film racconta la parabola incredibile del duo rap scozzese Silibil N’ Brains, composto da Billy Boyd e Gavin Bain, che nei primi anni 2000 decisero di fingersi rapper californiani per superare i pregiudizi dell’industria musicale britannica.
Il travestimento fu così convincente da portarli persino in tour con Eminem, trasformando un inganno in un’occasione reale di successo.
Sul versante più drammatico, “Malavia” di Nunzia Di Stefano, prodotto da Matteo Garrone, segue le aspirazioni di Sasà, tredicenne della periferia napoletana che sogna di diventare un rapper famoso per cambiare la vita alla madre. Il confronto con la durezza della realtà sociale e musicale rischia però di trascinarlo su sentieri pericolosi, mostrando il lato oscuro delle ambizioni artistiche.
Buckley e Gaetano: fragilità e libertà d’artista
Il documentario “It’s Never Over, Jeff Buckley” firmato da Amy Berg restituisce la complessità poetica e umana del musicista statunitense, morto prematuramente nel 1997 a soli 30 anni. Il film raccoglie materiali inediti e testimonianze di familiari e artisti come Ben Harper, Aimee Mann e Brad Pitt (anche produttore esecutivo), ricomponendo un ritratto intenso di un talento luminoso e fragile.
Un destino simile è quello raccontato da “Rino Gaetano – Sempre più blu” di Giorgio Verdelli, che ripercorre il percorso artistico e personale del cantautore calabrese, anche lui scomparso a 30 anni nel 1981. Il documentario intreccia fragilità intime e libertà creativa, offrendo uno sguardo nuovo su una figura rimasta nel cuore della cultura italiana.
Allevi, Pagani, Brunori e il tempo ritrovato
Fra le produzioni italiane spicca “Allevi – Back to Life” di Simone Valentini, che racconta il 2024 come anno di rinascita per Giovanni Allevi, tornato alla musica e al pubblico dopo la malattia. Il viaggio della memoria è al centro anche di “Andando dove non so – Mauro Pagani, una vita da fuggiasco” di Cristiana Mainardi, dove il polistrumentista e produttore ricostruisce i frammenti della propria identità con l’aiuto di amici come Ornella Vanoni e Giuliano Sangiorgi.
L’universo creativo e umano di Brunori Sas è invece esplorato in “Brunori Sas – Il tempo delle noci” di Giacomo Triglia, mentre “La chitarra nella roccia – Lucio Corsi dal vivo all’Abbazia di San Galgano” di Tommaso Ottomano documenta la realizzazione di un concerto sognato per dieci anni dal cantautore toscano.
Jazz, eredità e identità: altri ritratti dal festival
La scena jazz è protagonista di “Easy to Love – La vera storia di Massimo Urbani” di Paolo Colangeli, in cui il figlio Massimo Amadori cerca di ricostruire l’immagine del padre, grande sassofonista scomparso nel 1993, due settimane prima della sua nascita.
Jazz anche nella dramedy satirica “Yes” di Nadav Lapid, dove il musicista Y si trova in crisi di coscienza dopo aver accettato di scrivere una canzone su commissione in risposta agli attentati del 7 ottobre.
L’opera lirica trova spazio in “La forza del destino” di Anissa Bonnefont, che documenta la preparazione e la messa in scena dell’opera verdiana che ha inaugurato la stagione della Scala il 7 dicembre 2024, mentre “Deux pianos” di Arnaud Desplechin intreccia musica e amore impossibile in un racconto intimo con François Civil e Charlotte Rampling.
Cinquant’anni di Rocky Horror e nuovi sguardi sulla musica
Il festival celebra anche i 50 anni del “Rocky Horror Show” di Richard O’Brien, simbolo di libertà identitaria e di genere, con la proiezione del film cult del 1975 e il documentario “Strange Journey: The Story of Rocky Horror” diretto da Linus O’Brien, figlio dell’autore.
Infine, “Willie Peyote – Elegia sabauda” di Enrico Bisi entra nel quotidiano del rapper torinese, seguendo il percorso dalla crisi artistica del 2022 al ritorno sul palco dell’Ariston nel 2025, in un ritratto che alterna ironia, introspezione e consapevolezza.










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