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The Mars Volta – Noctourniquet

I The Mars Volta hanno sviluppato, con il passare delle uscite discografiche, una capacità di dividere il proprio pubblico non proprio rara per la musica, ma a suo modo particolare. Dall’adorazione praticamente unanime, che, nove anni fa, accompagnò l’uscita del sorprendente “De-Loused in the Comatorium”, si

I The Mars Volta hanno sviluppato, con il passare delle uscite discografiche, una capacità di dividere il proprio pubblico non proprio rara per la musica, ma a suo modo particolare. Dall’adorazione praticamente unanime, che, nove anni fa, accompagnò l’uscita del sorprendente “De-Loused in the Comatorium”, si è passati, album dopo album, a delle posizioni completamente opposte, che potremmo esemplificare scomodando due figure mitologiche: Re Mida e Narciso.
Quelli che accostano il gruppo al re frigio, come potete intuire, accolgono come fosse oro colato ogni loro uscita e cambio di rotta; i secondi, contrariamente, vedono Rodríguez-López e Bixler-Zavala persi ormai nel contemplare loro stessi, sommersi dal loro stesso ego.Come accade solitamente, molto probabilmente, la verità sta nel mezzo. Dal 2005 ad oggi infatti gli album marchiati The Mars Volta hanno la particolare abilità di lasciarci sospesi, in egual misura, tra l’entusiasmo e il disappunto, attraverso dei lavori sicuramente interessanti, talentuosi ed eclettici ma conditi di voli pindarici che non sempre riescono alla perfezione.
Segue questa descrizione anche il loro penultimo lavoro: “Octahedron”. Infatti, pur ponendosi – come dichiarato dalla stessa band – agli antipodi con la precedente produzione, quest’album, che punta su canzoni più brevi (rispetto ai loro standard naturalmente!), ballad, non riesce sempre ad incidere nonostante non gli manchino degli spunti affascinanti.Nello stesso anno, il 2009, Rodríguez-López e Bixler-Zavala, non avendo evidentemente esaurito la loro vena creativa, registrano gran parte delle idee che costituiranno , dopo ben tre anni di labor limae, il disco che ci troviamo tra le mani, “Noctourniquet”.
Già il solo nascere dalla stessa ispirazione di “Octahedron”, a cui si unisce la sperimentazione sonora di cui approfondiremo tra qualche riga, potrebbe portare i loro detrattori a rimproverare la band di presunzione e futilità; in questo caso però è più conveniente disattivare il pilota automatico e ascoltare attentamente.Probabilmente “The Whip Hand”, fin dalle prime note vi lascerà spaesati con il suo andamento bizzarro, piuttosto ipnotico, e soprattutto quei pesanti inserti elettronici che tendono al noise. Quest’ultimi sono il principale tratto sperimentale che risalta in quasi tutte le canzoni che formano l’album; dei brani molto vari, accumunati da un’atmosfera ammaliante che costruisce scenari fantasiosi nella nostra mente.Basta ascoltare “Aegis”, che prosegue ad alternare dei versi narrativi più lenti ad un ritornello epico, la solidità di “Dyslexicon” (che a tratti rispolvera l’aggressività vocale degli At The Drive-In), la forte emotività di “Empty Vessels Make The Loudest Sound” e il Blues-Rock con finale evocativo di “The Malkin Jewel” per avere un esempio delle molte forme che vengono messe in gioco; tutte accumunate da un’atmosfera particolare che, dopo “Lapochka” e i suoi tocchi di Dubstep (ricorda vagamente “What Goes Up…” dei The Alan Parsons Project), raggiunge la sua apoteosi nella cascata di sensazioni racchiuse in “In Absentia”.La seconda metà dell’album contiene due lenti, “Imago” e “Trinkets Pale of Moon”, piacevoli e suggestivi, forse un po’ scontati, ma impreziositi da tocchi di elettronica; tra loro spezza il ritmo la movimentata “Molochwalker”, che riprende la figura della divinità Moloch probabilmente nell’accezione usata dal poeta Allen Ginsberg. 
Un finale molto suggestivo prende corpo con “Vedamalady”, “Noctourniquet” e “Zed And Two Naughts”. L’elemento elettronico caratterizza fin dall’intro tutte e tre le canzoni, che procedono in un crescendo emozionale e strumentale che sfocia nel catartico ritornello dell’ultima.Nonostante le apparenze, “Noctourniquet” è un album complesso che cresce di ascolto in ascolto, a patto che ci si lasci trasportare: i The Mars Volta hanno costruito, partendo da “Octahedron”, una struttura multiforme e godibile, in cui si trova veramente di tutto.
Bisogna comunque resistere alla tentazione di rapportarlo ai primi lavori, rispetto ai quali vi potrà sembrare strumentalmente più pigro e meno intraprendente, e porre l’attenzione sulla freschezza e le innovazioni apportate. Infatti quello che più traspare dalle scelte di Rodríguez-López e Bixler-Zavala è la volontà di far evolvere un’estetica che ormai aveva già dato tutto; e oltre l’elettronica, a questo fine, pesano soprattutto il cambio di line-up e anche un nuovo atteggiamento da parte delle due menti del gruppo.

Dopo anni, questo è il primo album in cui non compaiono i nomi di John Frusciante, il tastierista Isaiah “Ikey” Owens (con la band fin dal debutto) e il batterista Thomas Pridgen; Marcel Rodríguez-López e Lars Stalfors si occupano di synths e tastiere, mentre dietro le pelli ci è finito il virtuoso Deantoni Parks, con uno stile molto complesso e affine all’elettronica che si guadagna spesso la nostra attenzione durante l’ascolto. In generale si può notare come il songwriting risulti molto più controllato, evitando nuove vette di eccesso senza rinunciare alla ricercatezza o a un certo tipo di complessità che però tiene sempre d’occhio la godibilità della canzone.Tirando le somme, “Noctourniquet” difficilmente riuscirà a mettere d’accordo tutti i fans, anche se probabilmente questa è la migliore strada che il gruppo potesse intraprendere. Rodríguez-López e Bixler-Zavala riescono ancora una volta ad architettare un universo musicale parallelo ai soliti canoni, ma anche ai loro precedenti, arredato in maniera matura, con un gusto moderno, ispirato e anche visionario ma senza eccessi.
Magari potreste non innamorarvene al primo ascolto, ma se vi lasciate trasportare ne ricaverete non poche soddisfazioni; anche perché, pur essendo prematuro fare questo tipo di previsioni, i The Mars Volta sembrano aver firmato uno dei dischi più interessanti di questo 2012.

Genere: Progressive RockLine -up:Omar Rodríguez-López – chitarra
Cedric Bixler-Zavala – voce, testi
Juan Alderete – basso
Marcel Rodríguez-López – tastiere, synths
Deantoni Parks – batteria
Lars Stalfors – mixaggio, synths

Tracklist:

1. “The Whip Hand”
2. “Aegis”
3. “Dyslexicon”
4. “Empty Vessels Make The Loudest Sound”
5. “The Malkin Jewel”
6. “Lapochka”
7. “In Absentia”
8. “Imago”
9. “Molochwalker”
10. “Trinkets Pale Of Moon”
11. “Vedamalady”
12. “Noctourniquet”
13. “Zed And Two Naughts”

Francesco “Forsaken_In_A_Dream” Cicero