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Pianoforte e voce come cura per l’anima

"October Land" del pianista Andrea Garibaldi, con l'emozionante contributo della voce di Luciano Federighi, è un disco al tempo stesso essenziale e profondo.

Non lo nascondo: pur certo della caratura degli artisti coinvolti, ho approcciato l’ascolto di questo album col timore di non essere in grado di coglierne l’essenza, trattandosi di un tipo di situazione che non rientra nelle mie preferenze abituali, vale a dire quella di un lavoro per pianoforte e voce soli.

Sono bastate le prime due o tre tracce per smentire ogni esitazione: in October Land ho riscontrato immediatamente una tale intensità di sentimento che non ho avuto alcun bisogno di calarmi con improbabili evoluzioni mentali in quel contesto che temevo per me disagevole, perchè è stato il disco a proiettarmi nella giusta atmosfera, con delicata ma decisa rapidità, senza bisogno che io facessi nulla perchè questo accadesse.


Viscerale è forse l’aggettivo più calzante per un album come October Land, perchè tale aggettivo si può indiscutibilmente applicare tanto alle caratteristiche dei due interpreti quanto al risultato del loro incontro.

Cominciando da Andrea Garibaldi, il quale sin dalle prime note si dimostra pianista colto e sensibile, le cui radici jazzistiche appaiono evidenti nel fraseggio, nella costruzione delle armonie (a prescindere dal loro grado di complessità) e da più di un forte richiamo stilistico al genere, su tutti la citazione di quel titano degli standard che è “All Blues” nella terza traccia del disco, un riferimento che da bassista non potevo non cogliere con gioia e compiacimento.
L’intensità dell’interpretazione al pianoforte è comunque quella tipica della Black Music più radicale, ed è forse a questo livello che la connessione con una vocalità dai tratti unici come quella di Luciano Federighi trova uno degli elementi di maggiore realizzazione del disco.

Già, perchè Federighi è un personaggio di quelli rari (la cui storia suggeriamo di approfondire leggendo questa intervista) e canta col piglio dei grandi del Blues, impressione rafforzata da un timbro che non può davvero non far pensare a ben precisi giganti del genere.
Ma soprattutto, dopo tutto questo parlare di “blues”, lui riesce davvero a trasmettere quel tipo di sentimento nella sua, per l’appunto, viscerale interpretazione. E non è cosa così scontata come si potrebbe pensare.

Un disco del genere si può raccontare fino a un certo punto col solo ausilio delle parole scritte: questo è il primo motivo per cui ne consiglio caldamente l’ascolto.
La seconda ragione, quella più importante, è che October Land è capace di arrivare nel profondo dell’animo. E sì, anche se avete qualche riserva nei confronti del genere o della formazione, datevi comunque un’opportunità: quella di lasciarvi emozionare in maniera tanto inattesa quanto irresistibile.