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Una chitarra con 24 quarti di tono

Il chitarrista Enrico Degani dalla classica al jazz fino alla tesi di ricerca sulla creazione di un sistema di derivazione tonale con l'uso dei quarti di tono.

Il chitarrista Enrico Degani dalla classica al jazz fino alla tesi di ricerca sulla creazione di un sistema di derivazione tonale con l’uso dei quarti di tono.

Ha iniziato giovanissimo a suonare la chitarra e dopo il diploma di conservatorio a Torino è passato alla laurea triennale in chitarra jazz e alla successiva laurea magistrale presso l’università svedese di Göteborg.
È in quest’ultima sede che ha presentato il suo particolare sistema basato su una scala divisa in dodici quarti di tono. 

Approfondito ulteriormente lo studio dello strumento in masterclass con prestigiosi musicisti è arrivata l’attività di insegnante e la realizzazione dei primi lavori discografici.
Il recentissimo In Between, realizzato con Diana Torto alla voce e Michele Rabbia alle percussioni, nasce da una ricerca specifica che lo contraddistingue già in partenza dal precedente lavoro. 

Enrico Degani

La tesi del tuo master di Belle Arti in Musica con specializzazione in Improvvisazione dell’Università di Göteborg riguarda una tua particolare ricerca di un metodo per organizzare un sistema tonale basato su ventiquattro note. Puoi parlarcene brevemente?

La ricerca – che si può trovare interamente sul mio sito enricodegani.com – si propone di esplorare le possibilità armoniche e melodiche che vengono a determinarsi con l’uso dell’intervallo di quarto di tono. 

Da dodici semitoni si passa a ventiquattro quarti di tono e quindi a ventiquattro note equidistanti. Ho utilizzato un sistema di derivazione geometrica per individuare le varie possibile relazioni tra note e organizzarle quindi in scale.
Le dodici tonalità diventano ventiquattro e le scale non fanno più lo slalom tra diesis e bemolli, ma anche tra ‘mezzi bemolli’ e ‘più che diesis’.

Enrico Degani

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Questo mi ha permesso di andare a scoprire sonorità vicine a quelle che si trovano nella tradizione mediorientale – la musica classica araba utilizza un sistema chiamato maqam che si basa proprio su scale costruite con quarti di tono – e allo stesso tempo di sperimentare percorsi armonici del tutto inediti. 

Ricerche sulla musica microtonale sono già state svolte da musicisti quali Harry Partch o anche Charles Ives, tuttavia questo lavoro utilizza un approccio di derivazione jazzistica alla materia. Con ciò intendo l’utilizzo del sistema scala/accordo e quindi un assetto di tipo tonale, allargato però al doppio delle note possibili. 

Inoltre, in questo lavoro, è centrale l’improvvisazione e i brani sono affrontati come nella tradizione jazzistica: materiale su cui i musicisti lavorano improvvisando. L’album In Between è un primo risultato di questo lavoro di ricerca.

Enrico Degani

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Mi ha colpito nella tua tesi il confronto tra la struttura musicale e la sintassi e la grammatica del linguaggio verbale.

C’è una sezione del lavoro che cerca di individuare delle analogie tra sintassi verbale e concatenazione accordale in ambito tonale. L’idea è quella di aspettativa, come nel linguaggio verbale, così nella musica tonale. 

Se per esempio noi ci imbarchiamo in una frase tipo ‘quando piove nel cielo fa meno caldo che nel sole quando giovedì devo fare la spesa’, in questa frase la grammatica viene rispettata, ma di volta in volta il discorso prende una piega inaspettata sorprendendoci e andando a intaccare il senso del periodo nella sua interezza. 

Allo stesso modo una frase musicale può procedere in maniera prevedibile per poi virare inaspettatamente verso territori inusuali. Nonostante la musica non abbia un significato arbitrario e univoco (un Do maggiore non significa ‘ho caldo’), sicuramente ci sono passaggi che ci sorprendono per la loro inaspettata venuta.

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Secondo la mia ipotesi, questo può essere solo perché nel seguire il discorso musicale il nostro orecchio fa affidamento a una serie di regole – dettate da convenzioni e caratteristiche strutturali del sistema tonale – che se rispettate ci rassicurano, viceversa generano sorpresa.

Non ci sono quindi note sbagliate ma ci sono sicuramente note più ‘strane’ rispetto al contesto. Credo sia proprio grazie a questo che possiamo trovare varietà nella musica nonostante le note siano sempre le solite.

Hai sviluppato un’accordatura particolare per la tua chitarra? Quali accordature usi?

Per questo lavoro ho dovuto trovare un modo di suonare i quarti di tono pur mantenendo i tasti della chitarra, che sono tarati sui semitoni. Ho deciso di sfruttare l’equivalenza al quinto tasto tra corda tastata e corda libera (il Mi della seconda corda al quinto tasto e il Mi della prima corda a vuoto per intenderci) per scindere lo strumento in due parti. 

La prima corda, la terza e la quinta vengono intonate tutte un quarto di tono sotto, mentre la seconda, la quarta e la sesta rimangono invariate. In questo modo si hanno tre corde perfettamente intonate sui semitoni e tre corde perfettamente intonate sui quarti di tono. Inoltre, tutte le corde vengono tastate lungo la tastiera rispettando il semitono preciso (i tasti rimangono invariati a differenza delle chitarre fretless o con tasti mobili).

Enrico Degani

Questo rende possibile armonie a tre voci perfettamente intonate anche in posizioni inaudite (a partire da note a metà tra i semitoni) e allo stesso tempo di suonare le varie scale in maniera fluida e sempre perfettamente intonata. Insomma: accordando una corda sì e una no un quarto di tono a scendere, ho ottenuto un doppio strumento! Tre corde ‘intonate’ e tre ‘calanti’, tra di loro sempre accordate e che si spostano per semitono. 

Così facendo mi è stato possibile suonare tutte le varie scale con quarti di tono e anche suonare armonie, vuoi miste, vuoi solo a semitoni… anche a partire da un Do crescente! Mi preme inoltre sottolineare che l’approccio allo strumento è stato determinante nella direzione della ricerca. 

La scelta di avere accordi intonati in ventiquattro punti differenti ha reso possibile uno scorcio su un mondo sonoro inesplorato, sia nella tradizione mediorientale, sia in quella della ricerca sulla microtonalità.

Dato che questa musica non esiste ‘sulla carta’ ma solo tramite il suono, aver concepito uno strumento in grado di farmi sentire tutte queste interessanti teorie è stato fondamentale. Senza una chitarra classica così concepita non mi sarei mai avventurato in queste strane acque!

Il resto dell’intervista di Alessandro Staiti su Chitarra Acustica 10/19.