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Udito & musica: percezione dei rischi

L'esposizione ad eccessivo rumore è una delle cause più comuni di ipoacusia e acufeni, è stato stimato che il 16% delle sordità ad insorgenza tardiva negli adulti in tutto il mondo (il 9% in Europa occidentale) è dovuto all'esposizione a rumore sul lavoro; i musicisti professionisti sono spesso esposti a suoni di

L’esposizione ad eccessivo rumore è una delle cause più comuni di ipoacusia e acufeni, è stato stimato che il 16% delle sordità ad insorgenza tardiva negli adulti in tutto il mondo (il 9% in Europa occidentale) è dovuto all’esposizione a rumore sul lavoro; i musicisti professionisti sono spesso esposti a suoni di intensità tale da poter essere causa di un deficit uditivo che puo’ manifestarsi dopo alcuni anni di esposizione.
Per i musicisti, rispetto ad altre professioni, mantenere l’udito in buone condizioni è fondamentale; ci sono molti studi sull’esposizione a suoni di elevata intensità alla quale sono soggetti i musicisti professionisti, in cui è stato dimostrato come il livello di esposizione sonora fosse superiore al valore (soglia massima) di riferimento di 85 dB (A) per tutti gli strumentisti ad eccezione dei suonatori di contrabbasso. I più esposti sono risultati i percussionisti e i flautisti con un livello equivalente di pressione sonora di 95 dB (A).

Tuttavia, misurazioni simili eseguite su musicisti d’opera, hanno concluso che la dose di rumore annuale a cui erano sottoposti, era innocua per l’intero gruppo. Questi dati apparentemente contrastanti possono essere spiegati in base ai diversi tempi di esposizione presi in considerazione negli studi effettuati, ovvero 300 e 800 ore per anno. Sono stati anche misurati i livelli di rumorosità con un dosimetro di rumore microfonico posto vicino l’orecchio di quattro musicisti, due che suonavano musica jazz e due che suonavano musica rock, rilevando durante la loro performance livelli equivalenti di rumore molto alti, compresi tra i 101 ed i 115 dB (A).In un recente studio è stata valutata, in 22 musicisti professionisti di musica classica durante 2 settimane di lavoro, la capacità di giudicare soggettivamente il livello assoluto del suono e la potenziale nocività del suono mediante questionari e un diario. Nel contempo è stata effettuata una misurazione rilevata dal dosimetro in dB (A).
Il questionario consisteva di 37 domande suddivise in tre categorie principali: musica (tipo di strumento, tipo di musica, ore di lavoro settimanali, la dimensione dell’orchestra del musicista o band) udito e rischio di danni all’udito. Il tempo medio a cui i musicisti partecipanti sono stati esposti ad elevate intensità sonore, tra istruzione e formazione personale, è stata di 31 ore a settimana.
Il numero medio di ore durante le quali sono stati utilizzati dispositivi di protezione dell’udito è stato di 7,4 h cioè il 18% del tempo. Due soggetti hanno utilizzato cuffie protettive per oltre il 95% del tempo di dosimetro, altri due appena sopra il 50% del tempo. I restanti 21 soggetti hanno utilizzato protezioni acustiche meno del 20% del tempo in cui hanno utilizzato il dosimetro. Solo quattro soggetti non hanno usato protezioni acustiche.

Al fine di scegliere tra l’utilizzo di protezioni acustiche o meno, i musicisti dovevano avere una certa conoscenza dei livelli sonori naturali degli strumenti musicali che utilizzavano. Quattro dei 22 soggetti che indossavano i dosimetri hanno giudicato tutte le loro attività musicali come innocue. Per ciascuno dei rimanenti 18 soggetti le risposte sono state caratterizzate da un’ampia variabilità interindividuale nel giudicare l’esposizione potenzialmente dannosa per l’udito. In conclusione i risultati di questo studio indicano che solo la metà dei musicisti sembra essere effettivamente in grado di giudicare quando l’esposizione alla musica a cui sono esposti possa rappresentare un potenziale rischio per l’udito, pertanto una effettiva valutazione del danno deve basarsi su criteri clinici e sulla misurazione del livello sonoro. Bisogna infatti considerare le variazioni individuali e quindi la suscettibilità a sviluppare un danno uditivo, in base al tipo e alla durata di esposizione al rumore. Alcuni soggetti mostrano infatti una maggiore tendenza alla degenerazione delle cellule uditive che risulterebbero meno resistenti allo stress metabolico conseguente all’esposizione prolungata a rumori di elevata intensità.
La persistenza di ovattamento auricolare e ronzii per periodi più o meno lunghi dopo l’esposizione a rumore (deriva temporanea di soglia) è indice di sofferenza delle cellule acustiche ed andrebbe evitato mediante l’uso di appropriati dispositivi di protezione.
È inoltre ipotizzato che il background uditivo (esposizione cronica a rumore) comporti assestamenti neuroplastici di tutta la via acustica fino al cervello, ponendo le basi per l’innesco di quei fastidiosi ronzii auricolari che prendono il nome di acufeni. Prof. Alberto Eibenstein – specialista in otorinolaringoiatria e audiologia
Dr.ssa Alessandra Fioretti – specialista in otorinolaringoiatria e audiologia
Dr.ssa Manuela Cantagallo – psicologa


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