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Strumenti per creativi Pt.3

Finora ho parlato solo di metodi per sviluppare un brano partendo da idee musicali definite, ma spesso quello che realmente serve è la fase di avvio, lo spunto dal quale partire per dare via a tutto il processo di composizione. Vi siete mai questi come nascono le idee musicali e come è possibile stimolarci ad averne?

Finora ho parlato solo di metodi per sviluppare un brano partendo da idee musicali definite, ma spesso quello che realmente serve è la fase di avvio, lo spunto dal quale partire per dare via a tutto il processo di composizione. Vi siete mai questi come nascono le idee musicali e come è possibile stimolarci ad averne? Credo che questo sia un campo estremamente soggettivo, ha a che fare col modo con cui i nostri neuroni si combinano e creano schemi mentali. Non penso che sia nemmeno il caso di azzardare spiegazioni pseudo scientifiche, per cui mi limiterò a fare qualche esempio di come mi è capitato di avere le poche intuizioni che ho messo in musica, con la segreta speranza di scoprire che altri abbiano fatto esperienze simili e sentirmi così un po’ meno… pazzo.Aprire le finestre per cambiare aria.
A volte si prova a fare qualcosa per tanto di quel tempo che ci si ritrova a non saper più come fare altro; quando il lavoro diventa consuetudine si finisce per non considerare che ci sono altri modi per fare le stesse cose, a volte si arriva al punto in cui non si riesce nemmeno a concepire la possibilità che una data cosa si possa fare in modo diverso dal solito e si rimane imprigionati in quella gabbia mentale finchè non arriva qualcuno capace di guardare le cose dal di fuori e rompere in qualche modo questo loop infinito.
Negli esempi a seguire descriverò qualche metodo per sforzarci a rompere gli schemi. Immaginate di essere parte di una band impegnata nella registrazione di una demo: avete affittato lo studio e passate minimo 8 ore al giorno tutti assieme a lavorare sui pezzi. La maggior parte del lavoro viene da sola perchè i pezzi sono già scritti e di fatto il grosso del lavoro è quello di suonare decentemente e registrare, tutto. Tuttavia, nei preascolti vi rendete conto che alcuni passaggi proprio non vanno, c’è qualcosa che stona, che non convince, il pezzo è stato suonato tantissime volte e manca l’entusiasmo ma più vi ostinate a farlo e più tutto si “deteriora” e suona sempre peggio. In questi casi è utile fare una pausa o provare a cambiare punto di vista: cambiare ambiente aiuta più di quanto non si pensi, ma esistono molti altri modi per “cambiare aria”, anche inserire un nuovo musicista (magari per una semplice improvvisazione o un piccolo cameo) o far ascoltare il materiale ad altri per chiedere pareri esterni.Provare a cambiare strumento.
Uno dei motivi per cui si suonano cose scontate è che si acquisisce una memoria meccanica che ci porta a ripetere quello che già abbiamo imparato. I chitarristi soffrono particolarmente di questo male e nei casi peggiori finiscono per suonare con lo stesso approccio che ha un DJ che unisce i loop campionati nei mix (senza nemmeno poter contare, come nel caso di un DJ, su una collezione sconfinata di loop di ogni genere ma solo su un numero modesto di fraseggi e pattern); altri strumenti portano meno a questo genere di problemi ed imparare a suonarne qualcuno è un ottimo metodo per differenziare la propria musicalità.
A volte ho notato che la padronanza tecnica tende ad uccidere la creatività (ed anche qui i chitarristi danno il peggio di loro stessi), mentre quando ci si confronta con qualcosa di nuovo si usa l’astuzia e si cerca di produrre qualcosa partendo dai rudimenti conosciuti e se da un lato il risultato sarà inevitabilmente grezzo e semplice, dall’altro si tratterà se non altro qualcosa di “particolare”.
Se mi chiedessero fra tutte le cose che ho scritto in questi anni, quale di queste meritasse di essere ricordata, citerei sicuramente un arpeggio che scrissi giochicchiando sulla tastiera 10 anni fa; considerando che la tastiera non la so suonare e che ci ho strimpellato malamente per un paio d’anni (ma l’idea l’ho comunque avuta dopo un paio di mesi che ci giocavo) a fronte di più di 20 anni passati sulla chitarra, direi che come metodo ha sicuramente delle potenzialità (oppure scopro solo oggi che la chitarra non è il mio strumento? =D ).Provare a suonare la chitarra come un altro strumento.
Tre nomi: Ben Harper, Jeff Healey, Stanley Jordan. Probabilmente non sarebbero stati tanto diversi se non avessero iniziato a suonare lo strumento nel modo “sbagliato”!Provare a suonare un altro strumento con la chitarra.
In una vecchia intervista, Joe Satriani spiegava come la sua idea del legato iperfluido derivasse dal suo tentativo di far suonare la chitarra come un sax. Ovviamente non è solo la tecnica del legato che lo rende così originale e riconoscibile, ma è indiscutibile che il legato “alla Satriani” sia inconfondibile e nel mio piccolo da quel giorno ho sempre pensato che un fraseggio particolare potesse essere aiutato partendo da diteggiature diverse.
Ho meditato a lungo su questa cosa e alla fine sono giunto alla conclusione che per conformità fisica ogni strumento è caratterizzato da “movimenti meccanici” propri e di conseguenza ho cominciato (scoprendo poi che altri musicisti adottano lo stesso principio) a suonare con la chitarra la musica fatta da altri strumenti.
Ho scoperto innanzitutto che si entra in un mondo nuovo, dove tutte le diteggiature sono stane e inusuali, e quanto cambia il fraseggio e in definitiva il suono del pezzo. Naturalmente, da musicista cialtrone quale sono, questa enorme potenzialità non sono riuscito a sfruttarla se non in minima parte, perchè necessita di molto studio e costanza, però ne ho consapevolezza e, anche in piccole dosi, aiuta il processo creativo quando esso tende a “impantanarsi”.La ripetizione è il cuore della (mia) creatività.
Vi è mai capitato di fare un’attività ripetitiva, un particolare un movimento continuo per un periodo di tempo superiore ai 5 minuti, e trovarvi dopo un po’ a canticchiare sul ritmo che viene fuori dal rumore del movimento? Oppure di sentire un ritmo da un qualche attrezzo che si muove, come un ventilatore, la ventola del computer, il vibrare del condizionatore, un martello pneumatico, un motore al minimo?
A me capita spessissimo, anzi, sento ritmi dappertutto e qualche volta riesco pure a fissare un’idea e partire da quello per sviluppare un pezzo intero. Molta musica industriale ha ripreso il ritmo creato con macchinari o lavori ripetitivi, io ho rigirato un po’ la frittata perchè dal ritmo industriale (o naturale, non sono solo le macchine a generare un ritmo) estraggo il pattern e lo risuono con strumenti tradizionali e spesso la cosa funziona anche troppo bene.Idee casuali?
Altre volte è un’idea melodica, magari venuta fuori digitando un numero telefonico, che poi riadatto su una scala cromatica normale. Altre volte mi capita di battere con le mani a mo’ di batteria; a dire il vero è un vizio che ho sempre avuto fin da ragazzino e ogni tanto mi prendevano pure in giro,m ma io mi sentivo “figo” e lo facevo lo stesso. Ad ogni modo, anche questo mi ha dato idee ritmiche da cui sono partito per sviluppare appunti e/o pezzi.
Altro esempio è il sogno, è una cosa rarissima, soprattutto è rarissimo che riesca a fissare l’idea quando mi sveglio, ma a volte sogno brani interi o melodie che, almeno in sogno, sembrano molto belle (ciò che si dice sia accaduto a Keith Richards per il riff di “Satisfaction”, NdR).Registrare le improvvisazioni.
Un metodo che a volte funziona è improvvisare su una base e registrare. La maggior parte delle volte registri solo una marea di note senza senso, ma a volte riesci ad entrare nel pezzo e viene fuori qualcosa che “respira” e merita di essere fissato; altre volte ti aiuta il caso e mentre prendi una stecca clamorosa ti accorgi che è una trovata migliore del passaggio che avevi previsto.La creatività al servizio dell’esecuzione.
A questo punto sembrerebbe lecito pensare che sia creativo solo colui che compone brani originali o, al limite, stravolge completamente il brano di qualcun altro, ma secondo me non è affatto vero.
C’è creatività in qualsiasi aspetto della nostra vita, probabilmente è più difficile non essere per nulla creativi che essere dei geni; quando si interpreta un brano di altri è naturale metterci del proprio (fossero anche soluzioni dettate dai propri limiti) e la questione diventa solo di tipo qualitativo, ovvero, se quello che ci si mette vale qualcosa, che è esattamente la differenza che passa fra una buona composizione ed una mediocre. L’interpretazione di una cover è l’attività con l’apporto minimo di creatività, almeno in apparenza, ma ce n’è tantissima nel saperla interpretare e proporla ad un ascoltatore.
Parlando di cover penso a un parallelo con la fotografia classica: di fatto il fotografo non fa altro che interpretare la realtà, come se fosse una cover, la filtra decidendo quale di questa realtà debba stare dentro e quale fuori dal suo obiettivo, ne decide un punto di vista, una prospettiva, cerca di dare enfasi ad alcuni particolari che daranno senso alla foto.
Oggi adotta anche tutto un processo di postproduzione per inserire all’interno di quel paesaggio il senso della sua interpretazione in modo ancora più efficace, fino ad arrivare a stravolgerla. Per me tutto questo è assolutamente “creatività”! Ma lo è anche quando con il cellulare sottolinei un episodio della tua realtà e lo fissi per sempre.
Chiaro che poi esiste la foto del compleanno banale e uguale a millemila altre foto e quella di Oliviero Toscani che, senza scrivere nemmeno una parola, ti porterà a riflettere nel tempo, ma siamo al concetto di prima: non esiste la mancanza di creatività, esiste semplicemente la qualità del suo prodotto.
Ritornando coi piedi per terra, interpretare correttamente una cover può essere un percorso molto creativo, anche senza stravolgerla, è il nostro paesaggio da fotografare e possiamo lavorare allo stesso modo, ma con i nostri strumenti, per scegliere cosa “inquadrare” e da quale posizione, dare un senso prospettico e ricreare i dettagli che per noi sono i più significativi (il che non significa che lo saranno per chi ascolterà ne tantomeno significa che lo siano anche per chi ha scritto il pezzo originale, qualcuno diceva che la realtà non esiste e che ciascuno di noi ne ha una percezione, inevitabilmente parziale, che convenzionalmente considera come la sola realtà).
Facendo una ulteriore generalizzazione, essere creativi è in fin dei conti un atteggiamento, quando lo si ha non si può fare a meno di cercare di vedere altre strade oltre a quella principale, ed è pieno di altre strade se ci si guarda intorno e questo vale per chi scrive, compone o interpreta.

In conclusione, la grande creatività è un’abilità innata, ma ognuno di noi può averne un po’ dentro e va in qualche modo esplicitata e valorizzata. Per farlo occorrono strumenti e tecniche, è come una pietra preziosa, per esprimere la sua bellezza in tutto il suo potenziale bisogna lavorarla sapientemente, perchè una piccola gemma, se lavorata dalle mani giuste, risplenderà più di un grosso diamante grezzo.Roberto “robyz” Sanna